La Nuova Sardegna

i grandi personaggi

Cossiga, intelligence smisurata

di Pier Luigi Rubattu
Francesco Cossiga
Francesco Cossiga

Mario Caligiuri, autore della biografia del politico sassarese: "Aveva la passione per i servizi segreti. Un vero uomo di Stato non può non occuparsene. Ma lui diceva: in Italia siamo in pochi"

02 novembre 2019
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Convivere con i segreti, anche i più oscuri e terribili. Padroneggiarli con disinvoltura e orgoglio (Gladio). Esserne logorato moralmente e fisicamente (il sequestro Moro). Francesco Cossiga era “uomo di intelligence”, secondo la definizione di Mario Caligiuri, autore della biografia del politico sassarese pubblicata venerdì 25 ottobre nella collana “I grandi personaggi” e ancora in edicola con La Nuova Sardegna.

Una ventina d’anni fa è stata proprio la comune passione per l’intelligence e per i servizi segreti a far incontrare l’ex presidente della Repubblica e lo studioso calabrese.

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«Sono onorato di essere stato amico di Cossiga – dice Caligiuri, 59 anni, professore di Pedagogia della comunicazione e direttore del master di 2° livello in Intelligence all’Università della Calabria –. Il presidente lesse un mio articolo sulla rivista del Sisde e chiamò per mostrare apprezzamento: “In Italia, a parte le forze dell’ordine e le forze armate, siamo in due a occuparci di queste cose”, mi disse. Qualche anno dopo ho firmato la presentazione del suo ‘Abecedario’ sui servizi e le attività di informazione e di controinformazione. E nel 2007, grazie al suo sostegno, abbiamo aperto all’Università della Calabria il master in Intelligence, il primo in Italia».

Precoce negli studi e nella carriera politica, Francesco Cossiga diventa presidente della Repubblica nel 1985, a soli 57 anni. Nel 1992, dopo il settennato al Quirinale, la fase da “picconatore” e le clamorose dimissioni, è già nella storia d’Italia. Da quel momento – scrive Caligiuri – sarà «postumo di se stesso», anche se fino alla scomparsa nel 2010 resterà con gran divertimento nel gioco politico, decisivo nel portare per la prima volta un ex comunista, D’Alema, alla presidenza del Consiglio.

Un bilancio su Cossiga a quasi dieci anni dalla morte? «Il presidente è stato variamente contestato in più occasioni – dice Caligiuri –. Aveva una base culturale e un’elasticità mentale che gli permettevano di evidenziare i limiti del sistema. Ma in tutta la sua azione Cossiga ha seguito esclusivamente la ragion di Stato. Una volta mi disse: “Io per il mio Paese ho fatto due cose importanti: mi sono dimesso da ministro dell’Interno dopo l’assassinio di Aldo Moro e insieme a Spadolini ho fatto installare i missili Cruise”. La prima decisione contribuì a salvare il sistema politico italiano, la seconda fu determinante per il crollo del blocco sovietico».

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L’intelligence, i servizi segreti, la raccolta e l’uso delle informazioni per la tutela della sicurezza nazionale (ma anche come strumento della politica e del potere): il libro di Caligiuri ritorna più volte sulla competenza con cui Cossiga si muoveva in quel mondo.

«Un vero uomo di Stato non può che essere uomo di intelligence – dice il docente universitario –. Ricordiamo che anche in questo campo il maestro di Cossiga fu Aldo Moro. Non bisogna pensare all’uso di segreti per tornaconto personale: un politico del livello di Cossiga ha la necessità di avere tutte le informazioni che tutelano l’interesse dello Stato. Non a caso è sempre stato stimatissimo dalle forze dell’ordine e dalle forze armate».

Nel libro Caligiuri ricorda come Cossiga difese con tenacia la legittimità di Gladio, l’organizzazione segreta paramilitare nata per fronteggiare una possibile invasione comunista e legata alla rete internazionale Stay Behind. «Solo in Italia una vicenda come questa poteva diventare un problema di polemica politica – sostiene Caligiuri –. C’è anche una sentenza che lo afferma: Gladio faceva parte di un sistema di alleanze internazionali».

Scriverà ancora sul presidente? «Sì, vorrei ampliare questa biografia. Su Cossiga si è pubblicato molto, dai libri che lui stesso ha firmato con Chessa, Testoni, Cangini, Sabelli Fioretti, fino a testi con una visione quasi golpista del personaggio. Io penso di aver dato un’immagine distaccata, da storico, di Cossiga uomo di Stato».


 

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