La Nuova Sardegna

Pace fatta: Nuoro ritrova la scrittrice premio Nobel e le dichiara il suo amore

di Luciano Piras
Pace fatta: Nuoro ritrova la scrittrice premio Nobel e le dichiara il suo amore

Da venerdì in edicola il quinto libro della collana "Storia di Sardegna" dedicato a Grazia Deledda. Tanti i libri sugli aspetti della vita e della carriera e le iniziative nelle scuole. Un modo per mitigare la sofferenza che le causò la lontananza dall’isola

14 novembre 2019
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Sì, Nuoro è cambiata: non c’è dubbio. È cambiata la città, è cambiata la prospettiva. È cambiata la sua vicinanza al Nobel. Nuoro ha finalmente fatto pace con la sua grande scrittrice. Tant’è che oggi Grazia Deledda è patrimonio universale di Nuoro, di tutti i nuoresi, di tutti i sardi, italiani, europei. È vero che ci sono voluti decenni, ma altrettanto vero è che ora come ora non ci sono più esalazioni di quel fiume di veleni (veri o presunti che fossero) che oltre un secolo fa hanno spinto la scrittrice a lasciare la sua Nuoro per vivere a Roma, pur restando sempre all’ombra della nostalgia. «Così mi accade che mentre assisto ad una conferenza o sto in un bel salotto o attraverso una strada affollata, mi senta tormentata dal ricordo d’una pietra, di un albero, di un mendicante, di una serva o di un paesaggio o di un gatto nuoresi!» confidava la stessa Deledda in un carteggio del 1902 rimasto inedito fino a pochi mesi fa, ora pubblicato nel volume (postumo) “Grazia Deledda. Un’amicizia nuorese. Lettere inedite a Pietro Ganga (1898-1905)”, Rubbettino editore, a cura di Giovanna Cerina, docente (nuorese) di Letteratura italiana all’università di Cagliari, scomparsa nel 2009, autrice di numerosi saggi sulla Deledda (diversi suoi titoli sono nel catalogo della casa editrice nuorese Ilisso).

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IL MATRIMONIO-FUGA. «Il tormentato rapporto con Nuoro più ancora che dalle lettere si evince dalle opere nelle quali l’autrice manifesta i più reconditi desideri, il suo immaginario più profondo» spiega Angela Guiso, saggista e profonda conoscitrice della prima donna che ha ricevuto il Nobel. L’analisi simbolica degli spazi, presente nella monografia “Grazia Deledda. Temi, luoghi, personaggi” che Guiso ha pubblicato nel 2005 per le Edizioni Iris, «rivela infatti la sua profonda sofferenza per un’avvilente quotidianità e l’intenso desiderio di fuga che si concretizza con il matrimonio». Osteggiata per anni, dimenticata per ripicca, bollata addirittura come “una poco di buono” soprattutto dalle donne e dal clero più retrogrado, in una società maschile e maschilista come quella italiana a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, Grazia Deledda sembra ora rinascere a nuova vita. E non certo perché all’ingresso della sua città natale campeggia una gigantografia che presenta Nuoro come la Città del Nobel. E neppure perché tre anni fa Nuoro le ha finalmente intitolato una scuola, l’Istituto comprensivo di Monte Gurtei-Biscollai, che mancava da decenni (una volta si fregiavano di questo nome le medie di via Asproni). Anche se è proprio la scuola, intesa come istituzione scolastica, ad aver giocato un ruolo determinante nel processo di riconciliazione collettiva, magari «dentro un’aula delle elementari e senza luci della ribalta, a far conoscere e ammirare una donna esemplare» aveva anticipato qualche anno fa maestra Tora Cottone dall’Istituto di Furreddu.

LA CACCIA AL NOBEL. Bastava vedere i ragazzini delle elementari di San Pietro, del resto, appena qualche giorno fa, durante le Cortes apertas: a 9, 10 anni, hanno dato la “Caccia al Nobel”, complici le loro insegnanti, scoprendo attraverso il gioco chi è Grazia Deledda.

«Penso che in questi ultimi anni Nuoro le abbia tributato in diverse forme il giusto onore» sottolinea Giulio Concu, insegnante anche lui, oltre che editor, all’esordio quest’anno come romanziere con “Cadono dal cielo”, edizioni Il Maestrale. «Credo però che, proprio per il legame saldo con Grazia – aggiunge –, oggi abbiamo il dovere di andare oltre il suo ricordo: la Nuoro odierna offre tali intelligenze e talenti che abbiamo il dovere di stimare, senza che debbano per forza andare fuori, come dovette fare lei, per essere apprezzati». «Il rapporto di Nuoro con la sua scrittrice vive di una nuova centralità nell’immaginario fisico di vie e voci della sua città – conferma il magistrato scrittore Mauro Pusceddu, anche lui della scuderia Il Maestrale, la casa editrice nuorese che ha “scoperto” Marcello Fois.

LA STATUA AL CORSO. «La statua di Grazia Deledda (dello scultore Pietro Costa, in pieno centro, al corso Garibaldi, ndr), che piace o che non piace ma che è sempre un epicentrico meme social in ogni questione cittadina – va avanti Pusceddu –; il pino sotto il quale scriveva, vero o falso, vivo o morto, che (dicunt) sorgeva lì oppure altrove, e oggi spettro per dignità acquisita in una piazzola di periferia, sono tutti epigoni che ci raccontano di una curiosa assenza/presenza fantasmagorica, di una costante ricerca geolocalizzabile per quella figlia e che è tanto uguale e contraria al legame biografico di attrazione e fuga che proprio lei ebbe con la sua città» chiude l’autore del recente “La paraninfa”. «Io credo che la città si sia riappropriata della figura della Deledda in maniera discreta, ma decisa – interviene Sebastian Cocco, assessore comunale della Cultura –. Si inizia a parlare di lei già nelle scuole elementari (impensabile solo fino a qualche anno fa), molti eventi, non necessariamente letterari, sono ispirati a lei. È un po’ come la parente famosa della quale si parla con gli altri per darsi un tono. Insomma, la connessione sentimentale di Nuoro con la Deledda è stabilita, anche se va costantemente alimentata».

LA DOCUFICTION. Magari con una docufiction come sta facendo il giornalista regista Antonio Rojch. Sua “La Grazia ritrovata” che entro l’anno sarà trasmessa su Rai Tre. «Più volte il nipote Alessandro Madesani aveva minacciato di voler trasferire le spoglie mortali della scrittrice, che riposano nella chiesetta della Solitudine, al Verano di Roma» spiega Rojch. «Sentiva ancora il distacco della città nei confronti della grande nonna. Ora Nuoro si è riconciliata col Premio Nobel, con mille iniziative. È stato rilanciato anche il Premio letterario nazionale Grazia Deledda. Un solo rammarico: la cancellazione del parco deleddiano, che in collegamento con quello di Galtellì avrebbe potuto rappresentare un forte richiamo».

COME I BEATLES. Lo scenario, insomma, è davvero cambiato. I veleni non ci sono più, la perfidia è morta da tempo. Lo dimostra Gianfranco Cambosu, insegnante nelle scuole superiori e romanziere (ha appena pubblicato “Il paese delle croci”, per l’editore Emersioni). «Chiedi chi era Grazia Deledda, si potrebbe dire facendo il verso a una celebre canzone di un po’ di anni fa riferita ai Beatles, un testo che non concepiva che quel gruppo musicale rimanesse nell’ombra. Si potrebbe formulare la stessa istanza per la scrittrice nuorese – sottolinea lui che del Nobel è diretto discendente (la mamma di Grazia Deledda, Francesca, era una Cambosu) –, per quel carico rivoluzionario che si è portata appresso non solo nel capoluogo barbaricino, ma anche in tutta Italia e oltre. Consideriamo l’epoca e i suoi paradigmi culturali: ce n’è abbastanza per escludere la Deledda dall’oblio e diffonderne la conoscenza tra le ragazze e i ragazzi di oggi».
 

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