La Nuova Sardegna

Sironi, il genio di un gigante del Novecento

Sironi, il genio di un gigante del Novecento

Da venerdì sarà in edicola il nono volume della nuova serie della collana “Storia di Sardegna” dedicato all’artista

10 dicembre 2019
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È dedicato a Mario Sironi il nono volume dei “Grandi personaggi”, la nuova serie della collana “Storia di Sardegna” che la Nuova propone ai suoi lettori. Il libro sarà in edicola - a 8,60 euro oltre il prezzo del giornale, a partire da venerdì prossimo, 13 dicembre.

Sironi nacque a Sassari nel 1885. Si trasferì giovanissmo a Roma per gli studi universitari, ma dal 1913 visse a Milano, dove morì nel 1961. All’inizio del suo percorso artistico fu molto vicino al Futurismo, ma a partire dal primo dopoguerra fu tra i più convinti sostenitori dell’esigenza di un ritorno all'ordine. Fu allora che svoltò verso uno stile metafisico segnato da un’essenzialità formale di gusto arcaico. Tra i promotori del Gruppo del Novecento (1925) e autore del “Manifesto della pittura murale” (1933).

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A Roma abbandonò presto gli studi d’ingegneria per dedicarsi alla pittura. Divenne amico di Umberto Boccioni, ma fu soprattutto l’incontro con Giacomo Balla a indirizzare le sue prime ricerche, di matrice divisionista, verso una definizione pittorica più sintetica e tendenzialmente monocromatica. Per un periodo non breve soffrì di crisi nervose, dalle quali si riprese solo nel 1913. Visse in quegli anni in Francia e in Germania dipingendo poche opere, prevalentemente ritratti e autoritratti, di taglio duro, espressionista, dai grumosi tessuti cromatici. Nel 1913 a Milano aderì al movimento futurista, orientandosi tuttavia verso soluzioni di un costruttivismo sintetico. Conclusa la prima guerra mondiale, si stabilì definitivamente a Milano dove, nel 1920, cominciò a collaborare come illustratore con il Popolo d’Italia (presso il quale, dal 1928, svolse anche la funzione di critico d’arte) e presentò i primi paesaggi urbani (“Aereo e città”, 1919; “Il tram”, 1920; “Periferia industriale”, 1922). Nel 1922 fu tra i promotori del Gruppo del Novecento, all’interno del quale, dal 1925, assunse un ruolo di primo piano. Fu teorico di un’ideale unità delle arti in funzione etica e civile, mentre la sua tendenza alla rappresentazione monumentale trovò piena espressione nella pittura murale. Autore nel 1933 del “Manifesto della pittura murale”, sperimentò tecniche diverse, dalla pittura murale vera e propria al mosaico, al bassorilievo, dedicandosi prevalentemente a grandi cicli decorativi. A partire dal secondo dopoguerra, isolato e provato dalla morte della figlia amatissima, tornò alla pittura da cavalletto dipingendo opere d’intensa espressività che giungono progressivamente alla disgregazione della forma.
 

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