La Nuova Sardegna

Il mito di Chet nelle note di Paolo Fresu

di Gabriella Grimaldi
Il mito di Chet nelle note di Paolo Fresu

Successo al Comunale di Sassari per lo spettacolo sulla vita del trombettista messo in scena dal Teatro Stabile di Bolzano

15 gennaio 2020
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SASSARI. Sullo sfondo la sua musica meravigliosa nelle note essenziali di un pianoforte, un contrabbasso e, naturalmente, una tromba. In primo piano la sua vita tormentata, quella del jazzista Chet Baker. Che poi sono la stessa cosa, unite indissolubilmente in un grumo di malinconia, passione e ineguagliabile bellezza.

La storia di questo controverso e amatissimo musicista americano ha incantato il pubblico del Comunale dove, nell’ambito della rassegna Cedac, è andata in scena la piéce “Tempo di Chet. La versione di Chet Baker” prodotta dal Teatro Stabile di Bolzano. Lo spettacolo, scritto e diretto da Leo Muscato e Laura Perini, è ispirato alla vita e alla carriera musicale del trombettista che sul palcoscenico viene impersonato dall’attore Alessandro Averone. Ma è alle spalle della ribalta che la voce narrante si fa musica nei bellissimi pezzi originali composti per il progetto ed eseguiti dal vivo da Paolo Fresu (tromba e flicorno) accompagnato da Dino Rubino al piano e Marco Bardoscia al contrabbasso. Il trio ha sottolineato per tutto il tempo - come se si trovasse sul piccolo palco di uno di quei fumosi club americani dove è passata la grande storia del jazz - le varie fasi della vita di Chet: dall’infanzia povera accanto al padre alcolizzato che però gli regalò la prima tromba, all’improvvisa notorietà come giovanissimo talento della West Coast e poi accanto al leggendario Charlie Parker fino al declino personale e artistico segnatodall’uso di stupefacenti. Ballads e brani storici come “Summertime”, “Basin’ Street Blues”, “Lyne for Lions” “Time After Time” e “Blue room” hanno fatto da sottotrama al racconto dei personaggi (la moglie Carol, il produttore, il collega musicista, l’impresario) i quali, in un’ambientazione tipica dell’epopea jazz, hanno introdotto le varie fasi della vita di Chet. Una vita non facile, segnata dalla sofferenza, da un incolmabile senso di solitudine e, in tanti momenti, dallo squallore. Ciò che emerge però, dall’alternarsi ben dosato dei diversi linguaggi espressivi come la recitazione degli attori e le esecuzioni musicali, è il miracolo di una musica onirica, intimista e struggente che affiora da un vissuto privato devastato dalle droghe, dagli arresti e dal peregrinare nei vari Stati europei, compreso il periodo italiano, con le incursioni nella Dolce Vita e l’inevitabile finale con il processo per spaccio.

Chet Baker conobbe il dolore fisico (perse tutti i denti a causa di un pestaggio) e l’umiliazione di dover ri-imparare a suonare la tromba con la dentiera. Finì per lavorare in una pompa di benzina e prestarsi a qualunque tipo di esibizione per sopravvivere. Morì nel 1988 a 59 anni, ed è questa l’amara conclusione dello spettacolo, cadendo dalla finestra di un hotel di Amsterdam. Nonostante ciò continua a essere una figura mitica della musica e della storia del jazz in particolare.

Paolo Fresu, applauditissimo dal pubblico sassarese, del suo unico incontro con il trombettista, a Sanremo, racconta: «Era stato il mio primo concerto importante, stavamo mettendo via gli strumenti e vidi una figura che si avvicinava lentamente verso il palco, era Chet, cominciarono a tremarmi le gambe. In italiano mi fece i complimenti e a me non uscì una parola dalla bocca. Sperai sempre di incontrarlo di nuovo per potergli parlare, ma non successe mai».

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