La Nuova Sardegna

L'arte pubblica di Nivola nella Grande Mela

di Alessandra Baldini
L'arte pubblica di Nivola nella Grande Mela

Inaugurata la mostra "Figure in Field" dedicata all'artista sardo e aperta sino al 15 marzo alla Cooper Union di New York

28 gennaio 2020
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NEW YORK. Far conoscere agli Stati Uniti, che per decenni furono la sua seconda patria, l’arte pubblica di Costantino Nivola. Arrivato a New York nel 1939 per sfuggire alle leggi razziali che prendevano di mira la moglie, Nivola ha firmato nella Grande Mela più progetti che altrove nel mondo, 17 dei quali ancora in piedi, ma non sempre in buono stato di conservazione. Ed ecco dunque il doppio obiettivo di una mostra realizzata alla Cooper Union, la scuola di arte e architettura di New York non solo celebre per i suoi ex alunni (tra i tanti Daniel Liebeskind), ma anche perché fino a cinque anni fa era totalmente gratuita. «Per me è un modo di restituire una parte di quel che ho ricevuto», dice l’architetto Roger Broome, laureato del 1990, che sette anni fa ha lanciato l’idea della mostra coinvolgendo la famiglia Nivola e la fondazione che porta il suo nome.

L’iniziativa è la prima che racconta la storia delle collaborazioni di Nivola con la città di New York. «Allievo di Le Corbusier e collaboratore di alcuni dei più grandi architetti di metà secolo, come Josep Louis Sert, Marcel Breuer e Eero Saarinen, Nivola era convinto che l’arte dovesse essere accessibile a tutti: ecco perché molte delle sue opere sono state create per progetti di architettura pubblica», spiega Antonella Camarda, direttrice del museo Nivola a Orani.

Tanto di quello che l’artista ha realizzato negli Usa non esiste più, come i murali per la Casa per l’artigianato italiano, l’antesignana dell’Ice sulla 49 esima strada, firmata nel 1947 dall’architetto Gustavo Pulitzer-Finali. La fama per Nivola arrivò nel 1953 con il rilievo a «sand casting» per la showroom Olivetti su Fifth Avenue. Quando nel 1969 la showroom fu chiusa, Sert salvò il murale e lo fece trasferire a Harvard.

Parchi gioco, ospedali, spazi commerciali, in un caso una stazione di polizia e pompieri nell’Upper East Side, uno degli ultimi progetti due anni prima di morire nel 1988, ma soprattutto scuole: dei 22 progetti catalogati per la mostra 15 erano per edifici scolastici. Oltre a un affondo su quattro opere newyorchesi, la mostra presenta una timeline di progetti per architetti disegnati nell’arco di 40 anni in varie città Usa. Alcuni non furono mai realizzati come una scultura nel piazzale antistante il grattacielo Union Carbide su Park Avenue, capolavoro del modernismo in via di demolizione dopo esser stato comprato da Chase Manhattan Bank.

Oggi in Italia il Museo Nivola tramanda la legacy dell’artista, mentre negli Usa le opere pubbliche di Nivola rischiano invisibilità e degrado. New York è invece un esempio di metropoli dove opere importanti, se non protette come landmark, sono perennemente in pericolo: «Di qui – afferma Broome – l’importanza di una mostra che crei consapevolezza su un patrimonio che altrimenti rischia di andare perduto».

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