La Nuova Sardegna

La resistenza senza armi nei lager nazisti

di Paolo Coretti
La resistenza senza armi nei lager nazisti

Un libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri racconta la vicenda di 650mila italiani dopo l’armistizio dell’8 settembre

12 febbraio 2020
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SASSARI. Tra le tante zone d’ombra della Seconda guerra mondiale che aspettano un cono di luce c’è sicuramente la vicenda, ancora largamente sconosciuta agli italiani, di 650.000 militari che dopo l’armistizio dell’8 settembre rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei nazisti e di aderire alla neonata Repubblica sociale italiana. Il valore di questo rifiuto in massa come autentico atto della Resistenza, italiana ed europea, emerge con forza dal nuovo saggio di Mario Avagliano e Marco Palmieri, giornalisti e storici, intitolato “I militari italiani nei lager nazisti. Una resistenza senz’armi (1943-1945)”, edito da Il Mulino. Un libro che vuole raccontare la storia della resistenza senz’armi degli internati non tanto e non solo sulla base dei documenti burocratici già noti alle ricerche esistenti, ma dal basso, cioè attraverso fonti dirette e coeve rintracciate in numerosi archivi pubblici e privati, nazionali e locali, e collezioni private e di famiglia.

Il contributo dell’Anrp. Il volume è pubblicato con il contributo dell’Associazione nazionale reduci dalla prigionia, dall’internamento, dalla guerra di liberazione e loro familiari. «La vicenda dei 650mila internati militari italiani, dopo un lungo e oscuro periodo di silenzio, quanto mai controverso e difficile per Italia e Germania, è stata oggetto di interesse nel 2008 da parte dei governi dei due paesi – dice nell’introduzione del volume Enzo Orlanducci, presidente nazionale della stessa associazione – che nominarono una specifica Commissione di storici con lo scopo di “occuparsi del passato di guerra italo-tedesco e in particolare del destino degli internati militari italiani deportati in Germania”. Nel rapporto conclusivo della Commissione, pubblicato nel 2012, si sottolineava, tra l’altro, la necessità di istituire a Berlino e a Roma un Luogo della memoria e promuovere gemellaggio fra i due centri».

Il libro. La storia degli internati militari italiani (definiti Imi) è quella di 650mila persone che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, furono catturati e deportati dai tedeschi. L’offerta di aderire alle SS naziste o alla Repubblica di Salò ed essere rimpatriati fu accettata solo da una piccola parte. La maggior parte di loro scelse di rimanere prigioniera nei lager, come atto di resistenza. Avagliano e Palmieri, grazie a un sapiente uso della diaristica e della corrispondenza coeva, per lo più inedita o scarsamente conosciuta, ci conducono per mano in un appassionante viaggio nel mondo degli Imi, che ci fa scoprire aspetti nuovi o poco noti, dal loro bagaglio di umanità alla capacità e al coraggio di resistere a tutte le avversità (“una resistenza senz’armi”, come recita il sottotitolo), raccontando attraverso le storie individuali la storia collettiva. Un percorso che si snoda in quindici tappe, quanti sono i capitoli, accompagnate dalle parole vive dei protagonisti dell’epoca (non solo gli internati ma anche i loro familiari e i loro oppressori), dalla tragedia dell’8 settembre alla scelta se aderire o meno, dalla prigionia nei lager al lavoro coatto, fino al ritorno in Italia e al lungo silenzio dei reduci, approfondendo anche le motivazioni degli optanti che, come rilevano giustamente i due autori, costituirono una minoranza “non trascurabile”. Le cifre disponibili, ormai acclarate ma non esenti da qualche approssimazione, ci dicono che all’indomani dell’armistizio i tedeschi disarmano in poco tempo circa 1.007.000 militari italiani. Di questi circa 197.000 scampano alla deportazione dandosi alla fuga o grazie agli accordi presi al momento della capitolazione di Roma, mentre i rimanenti 810.000 circa (di cui 59.000 catturati in Francia, 321.000 in Italia e 430.000 nei Balcani), vengono messi di fronte alla scelta tra adesione e prigionia nei lager in Germania o nei territori occupati. Entro la primavera del 1944, circa 197.000 uomini (il 24%del totale) si dichiarano disponibili a prestare servizio per la Germania o aderiscono alla Rsi, direttamente sul campo o dopo l’arrivo nei lager .

Le fonti. Sono la corrispondenza e i diari degli internati, per lo più inediti o diffusi a livello locale o addirittura familiare. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 e altri documenti coevi, come i rapporti della censura, le relazioni delle autorità italiane e tedesche, i volantini e i manifesti di propaganda tedesca o della Rsi, i quotidiani e i periodici dell’epoca, i verbali delle commissioni interrogatrici che raccolsero le dichiarazioni degli internati al loro rientro in Italia e, dove mancano le fonti coeve, la memorialistica. Si tratta in ogni caso di documenti veritieri di straordinario valore testimoniale, sia perché non sottoposti a censura, se non quella dettata dalla paura di essere scoperti, sia in quanto sono stati redatti col preciso scopo di conservare memoria degli eventi.

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