La Nuova Sardegna

«Sanremo metafora dell’Italia Paese in stallo e noi tutti zitti»

+di Andrea Massidda
«Sanremo metafora dell’Italia Paese in stallo e noi tutti zitti»

Parla la cantante genovese che fu fondatrice e voce meravigliosa dei Matia Bazar A metà marzo sarà in Sardegna per interpretare “La buona novella” di De André

18 febbraio 2020
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SASSARI. Prima salirà sul palco con la Polifonica Santa Cecilia e l’Ensemble Laborintus per celebrare i cinquant’anni del disco “La buona novella”, una delle opere più profonde di Fabrizio De André. E poi – sempre all’interno dello stesso spettacolo – eseguirà un personalissimo “greatest hits”, ossia una selezione dei suoi più grandi successi, ma stavolta dividendo la scena con un fisarmonicista. È un concerto che si annuncia entusiasmante quello che vedrà protagonista la cantante Antonella Ruggiero in programma nel teatro del Conservatorio di Cagliari il prossimo 13 marzo e il giorno successivo al Comunale di Sassari. Portata in scena per la prima volta nel 2009, questa “Buona Novella” è stata inserita tra le quattro produzioni storiche live del lavoro di Faber nel libro di Riccardo Storti “Le novelle di Fabrizio de André. Per questo spettacolo, i due ensemble sassaresi si uniscono all'intensa interpretazione della Ruggiero e alla cifra interpretativa della voce solista maschile di Carlo Doneddu, uno dei più interessanti cantautori sardi. Gli arrangiamenti di Gabriele Verdinelli saranno integrati dalle letture di alcuni passi tratti proprio dai Vangeli apocrifi realizzate dall’attrice Maria Antonietta Azzu. E l'intero concerto sarà eseguito sotto la direzione del maestro Matteo Taras.

Per la Ruggieri si tratta di un ritorno graditissimo. «Vengo sempre molto volentieri in Sardegna – ammette l’ex voce dei Matia Bazar –, nell’isola ho cantato in luoghi straordinari e con persone magnifiche. Una volta – rivela – anche nel cortile della casa di Pinuccio Sciola, a San Sperate, dove lui si unì a me suonando le sue celebri pietre. La Sardegna è un luogo dalla ricchezza artistica e artigianale incredibile, paragonabile solo all’Africa o al Giappone: penso a Maria Lai o alle sorelle Coroneo. Per me Sardegna significa arte, uno scrigno di bellezze come i costumi e i dolci tradizionali».

Antonella Ruggiero, lei come ha conosciuto l’album “La Buona Novella”?

«Essendo nata a Genova come De André ho saputo sin da subito dell’esistenza di alcuni brani eccezionali contenuti nel disco. Ad esempio l’Ave Maria, un inno laico che parla del mondo femminile. Ne racconta tutte le sfaccettature: dall’essere madre all’essere compagna. Ma è fantastica l’opera intera, che ha la fortuna di essere rimasta meno conosciuta delle altre. Nelle nicchie si nascondono le cose migliori».

Con Fabrizio De André vi siete mai incontrati?

«Fugacemente nel 1974. Ero in una sala prove di Genova e lo trovai lì perché anche lui era venuto con dei musicisti. Dei cantautori genovesi ho invece conosciuto bene Bruno Lauzi, uomo intelligente e soprattutto simpaticissimo, cosa rara nella mia città, che pure ha dato i natali a artisti che hanno fatto grandi cose, si pensi a Bindi o a Tenco».

C’è una canzone di questi “giganti” che avrebbe voluto comporre e cantare lei?

«Non una… ma tantissime. Difficile scegliere tra i capolavori, ma direi “Un giorno dopo l’altro” di Tenco».

Nella seconda parte dei concerti di Cagliari e Sassari che cosa proporrà, esattamente?

«Intanto ci tengo a dire che in quel secondo set dividerò il palco con Renzo Ruggeri, un grandissimo musicista, il nostro Astor Piazzolla, uno che trasforma la fisarmonica in orchestra. Con lui faremo un viaggio nei brani che mi appartengono, quelli che le persone mi raccontano di associare alle loro storie di vita. Poi, ovviamente, i pezzi fatti con i Matia Bazar e quelli miei da solista».

Che idea si è fatta di questo Sanremo dal record di ascolti?

«Sinceramente? L’idea che la musica sia finita in un gran calderone. Forse questa edizione sarà ricordata per l’audience e per certe polemiche inutili, ma non credo che rimarrà nella storia per la qualità delle canzoni. Ma chi se ne importa degli ascolti da record. Sanremo sembra la metafora dell’Italia, un Paese in fase di stallo con tutti o quasi a osservare. Perdoni lo sfogo».

Si figuri, prego.

«Sul palco del festival anche la figura femminile è stata sminuita. Le donne erano tante, ma parevano un optional. Come se ci avessero fatto un favore… ».

Dica la verità, la sua “Vacanze romane” interpretata da Marco Masini e Arisa le è piaciuta?

«Cosa vuole le dica? Preferisco non commentare. Diciamo che è una canzone che è stata rielaborata in tanti modi e questo è uno di quelli».

Ma non le sarebbe piaciuto fare un reunion con i Matia Bazar, un po’ come hanno fatto i Ricchi e Poveri?

«No, nella maniera più assoluta. Per quanto mi riguarda quando una cosa finisce significa che deve finire e basta. Me lo hanno chiesto più volte e io rispondo sempre che le cose belle hanno il loro tempo. Con i Matia Bazar ho dato il massimo, sia come interpretazione sia come scrittura dei brani. È stato un periodo bellissimo che tuttavia si è concluso. La mia decisione di uscire dal gruppo fu ponderata, frutto di una grande riflessione».



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