La Nuova Sardegna

II lungo viaggio fino alle radici del basket

di Roberto Sanna
II lungo viaggio fino alle radici del basket

Venerdì nella Club House della Dinamo Alessandro Mamoli e Michele Pettene presentano il libro “Basketball Journey”

26 febbraio 2020
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SASSARI. Il viaggio che tutti gli appassionati vorrebbero fare, alla ricerca dell’essenza del basket. Un’avventura che i due giornalisti Alessandro Mamoli (volto televisivo di Sky Sport che ha raccontato tante finali Nba e Ncaa), e Michele Pettene (firma di Esquire Italia, GQ e L’Ultimo uomo) hanno vissuto e raccontato sul libro “Basketball Journey” (Rizzoli, 340 pagine, 22 euro) che presenteranno venerdì sera alle 19 nella Club House della Dinamo, in via Nenni. Un viaggio di tante tappe, una più memorabile dell’altra: da Springfield, dove James Naismith inventò il basket nel 1891, a Philadelphia, territorio di Wilt Chamberlain e Kobe Bryant; le grandi rivalità del basket del college; l’Indiana dove il basket è una religione, in un pub di French Lick sono esposti i trofei di Larry Bird e in un college sperduto si celebra la folle “silent night”; la “tobacco road” del North Carolina; tante storie e tanti volti uniti in un percorso circolare che termina a Toronto, in Canada, nazione che ha dato i natali a James Naismith e ha festeggiato lo scorso giugno un titolo Nba contro ogni pronostico sensato.

Un libro che è nato dopo una gestazione particolare: «La mia idea originaria era quella di realizzare un documentario, non amo tantissimo scrivere libri – racconta Alessandro Mamoli – a meno che non ci siano motivi particolari come per esempio la biografia di Marco Belinelli, realizzata su suo impulso. Sono partito quindi dal progetto di un documentario in stile Youtube o social, tant’è vero che sul mio canale Youtube trovate il promo, strada facendo mi sono reso però conto che coi video sarebbe stato tutto molto complicato, anche per la grande mole di materiale raccolta a ogni tappa. Alla fine abbiamo convenuto che un libro sarebbe stato più facile e pratico da realizzare, l’abbiamo proposto a Rizzoli e finalmente l’idea è andata in porto».

Il viaggio è quello che tutti gli appassionati vorrebbero fare: come avete deciso le tappe e il percorso?

«Il libro è costruito come un viaggio on the road, anche perché descriviamo in maniera dettagliata i singoli spostamenti, ci siamo mossi però in momenti diversi cercando comunque di dare continuità geografica ai diversi episodi. Cartina alla mano e partendo da Springfield, sembra naturale fare un percorso che si è poi chiuso risalendo nell’Indiana, in Kansas e nella terra che ha visto nascere l’inventore del basket. E abbiamo selezionato storie che comunque potessero avere una certa attualità».

Prima del viaggio avevate sicuramente un’idea di quello che vi aspettava; quando tutto è finito, l’idea originaria è stata rispettata o ci sono state cose che vi hanno stupito in positivo o in negativo?

«Teniamo conto che alcune cose le avevamo già viste e vissute in precedenza, come quelle dei college, ma non con l’approccio che si deve avere quando vai in un luogo e devi scrivere un libro. Vivere con questo atteggiamento la rivalità del college è stato molto divertente, così come siamo stati travolti dalla “Silent night” una volta che ci siamo trovati dentro l’evento. Poi ci sono state altre situazioni che sono andate in maniera diversa da come potevamo pensare».

Una di queste potrebbe essere lo scarso ricordo che Philadelphia riserva a un suo figlio come Wilt Chamberlain, l’uomo dei cento punti in una singola partita Nba.

«Sì, mi ha stupito molto vedere, per esempio, che nella palestra dove si giocò quella partita l’impresa è ricordata con una piccola targhetta. Così come il fatto che a Springfield, dove comunque il basket è celebrato, non ci sia nemmeno un segnale stradale che ricordi i luoghi delle origini».

C’è qualche tappa che avreste voluto fare e invece avete dovuto eliminare?

«Avevamo un aggancio col “vostro” Rick Fois, che lo scorso anno lavorava a Gonzaga e ha poi firmato per i Phoenix Suns, per andare nello Utah e incontrare John Stockton, il playmaker degli Utah Jazz che detiene un record probabilmente insuperabile di assist nell’Nba. Alla fine l’incastro non si è concretizzato ma lo Utah e Salt Like City sono una storia da raccontare: un piccolo college come Gonzaga ha firmato un record pazzesco nelle ultime stagioni Ncaa, a Salt Lake City Michael Jordan nel 1998 ha segnato il suo ultimo canestro coi Bulls vincendo il titolo e sempre a Salt Lake City, nel 1979, si è giocata la finale Ncaa tra Magic Johnson e Larry Bird. Torneremo quando faremo il secondo capitolo, con l’idea di farne un terzo dedicato all’Europa, per esempio nei luoghi di Doncic e Petrovic, e tradurlo in inglese per far conoscere agli americani i luoghi del “nostro” basket».

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