La Nuova Sardegna

Realismo magico e poesia, la Sardegna vista da Stanis Dessy

di MARCO MAGNANI
Realismo magico e poesia, la Sardegna vista da Stanis Dessy

Venerdì 28 febbraio in edicola col giornale la monografia dedicata al pittore sassarese

26 febbraio 2020
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Verso il 1924-25, Stanis Dessy si confronta col tema della vita popolare sarda, soggetto pressoché esclusivo, come si è detto, degli altri pittori isolani; ma la sua è una Sardegna senza folklore. Sceglie come modelli vecchi mendicanti e girovaghi, li mette in posa contro uno sfondo di paese, su un muretto di sassi, e ne annota impietosamente deformità e rughe; nell’ossessivo scandaglio di vene e tendini, pelle cascante, dita contorte delle mani nodose, il costume popolare – quando c’è – passa del tutto in secondo piano; è un motivo pittorico come un altro, senza evidenti significati identitari. Privi di ogni retorica e di ogni fine nobilitante, questi quadri hanno poco a che vedere con la pittura sarda del momento; ma hanno molto in comune, invece, con la ricerca europea di una figurazione tesa e precisa, con quel “realismo magico” che in Italia risente dei toni classici e metafisici di Valori Plastici e in Germania assume invece una durezza e crudeltà espressioniste. Malgrado la sua formazione romana, Dessy è più vicino al versante nordico del “realismo magico” che a quello italiano: la cattiveria, la premeditata sgradevolezza dei suoi mendicanti sanno molto di tedesco.

SEGNO ASPRO. Un tono analogo ritroviamo nella xilografia, tecnica cui Dessy comincia in questo periodo a dedicarsi con continuità, e nella quale diverrà più tardi maestro. Le prime xilografie appaiono sulla rivista sardista Il Nuraghe di Raimondo Carta Raspi, per la quale l’artista disegna anche la testata e i fregi interni. Se in questi ultimi il repertorio iconografico di simboliche aquile, lampade ardenti e fontane deve molto alla grafica di un artista come Adolfo de Carolis, nelle tavole illustrate il segno aspro e spezzato, la deformazione dell’immagine riflettono la stessa violenza dei dipinti della serie dedicata ai mendicanti. (...)

A GIAGGIA DI FERRU. Quando scoppia la seconda guerra mondiale, Dessy si trasferisce in campagna, prima nel podere di Giagga di Ferru e poi nel villaggio di Padria. L’isolamento dovuto al conflitto, che interrompe i suoi rapporti col mondo dell’arte nazionale, segna nel percorso dell’artista una fase di assestamento, una cristallizzazione sugli esiti raggiunti. Non che le novità del dopoguerra restino del tutto senza eco nel suo lavoro: in alcune opere (il ritratto di Maria Carmela, del 1949, molti quadri di fiori) si nota una maggior vivacità nella stesura pittorica, una pennellata più libera e mossa. Nel complesso, però, il suo mondo figurativo si è formato una volta per tutte, si è consolidato intorno ad alcuni generi. Anzitutto il paesaggio: gli orti, i viottoli, i cancelletti rustici della periferia urbana.

GLI ORTI DI SASSARI. La poesia dimessa e raccolta di queste immagini si fa più evidente nell’acquaforte, che conosce una nuova e felice stagione a partire dagli anni Cinquanta. Dessy si serve ora della vernice molle per animare di nuovi effetti chiaroscurali le sue vedute di boschi e di campagna. Sono campagne abitate, inconcepibili senza la città, senza quella Sassari che si avvia ora a perdere la sua identità di centro in parte a vocazione agricola, annidato tra orti e frutteti. Mentre la vecchia Sassari tramonta, nasce la “sassareserìa”, il culto nostalgico di un mondo popolare idealizzato, tutto chitarrate e allegre riunioni conviviali. Dessy collabora all’invenzione di questa Arcadia vernacola con i suoi paesaggi animati da piccole figure e con scene popolate di personaggi in costume. Riscopre insomma il folklore all’insegna della memoria e della nostalgia, mentre gli era rimasto indifferente quando esso rispecchiava usanze ancora vitali.

GABBIA PROVINCIALE. Nel dopoguerra, gli artisti sardi vedono chiudersi gli spazi che per loro si erano aperti fuori dell’Isola. Venuto meno il sistema espositivo su base regionale messo in piedi dal fascismo, si vedono costretti entro una situazione provinciale dalla quale è sempre più difficile uscire. Sebbene come incisore Dessy mantenga i contatti con l’esterno (dagli anni Cinquanta riprende ad esporre con successo nelle rassegne dell’incisione, in Italia e fuori, e anzi si fa promotore a Sassari di una importante serie di mostre nazionali), come pittore risente anch’egli di queste difficoltà, e risponde chiudendosi sempre più nell’ambiente della sua città e della sua regione, nella cerchia dei suoi affetti e delle sue amicizie.

NATURE MORTE. Alla riscoperta di una piccola tradizione di tono tutto sassarese si lega anche la pratica della caricatura, un genere in cui Dessy è maestro e cui si dedica fin dagli anni Trenta; molte di queste sono in realtà concepite come grandi ritratti a colori. La vena satirica rispecchiata dalle caricature trapassa in alcuni ritratti a olio di tipi e figure cittadini, colti con prontezza e con pungente ironia. Ma il Dessy dell’ultimo periodo continua a dare risultati eccellenti anche nella natura morta, nella veduta urbana e nei molti autoritratti. Questi lo mostrano, alla fine del suo percorso, in grembiule da lavoro o col cappello, il bastone e il giornale in mano, come un bravo pensionato; nel viso i tratti sono più distesi e lo sguardo, dietro le lenti, è quello calmo e – finalmente – bonario di chi sa di aver ben lavorato.

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