La Nuova Sardegna

La ricerca di Mauro Manca uno sguardo oltre i confini

di GIANNI MURTAS
La ricerca di Mauro Manca uno sguardo oltre i confini

Venerdì 27 in edicola con la Nuova il volume dedicato all’artista sassarese ll suo lavoro non ha valore solo nell’isola ma è avanguardia anche nel mondo

25 marzo 2020
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Tra gli artisti della Neoavanguardia isolana Mauro Manca è il più noto. La sua affermazione alla Biennale nuorese del 1957 con un’opera astratta, “L’ombra del mare sulla collina”, è stata a lungo considerata un evento epocale nella modernizzazione della cultura artistica sarda, e sebbene egli risiedesse a Roma da quasi due decenni, i legami mai venuti meno con l’ambiente sassarese ne hanno fatto immediatamente un punto di riferimento del dibattito regionale. Due anni dopo, al rientro definitivo in Sardegna, la sua figura ha già assunto caratteri un po’ leggendari, e l’esperienza alla guida dell’Istituto Statale d’Arte di Sassari, connotata da un radicale aggiornamento della didattica ma anche da un indiscusso ruolo di leader del fronte astrattista, ne accentua la fama di innovatore, riversando sull’artista un interesse sconosciuto agli altri protagonisti della scena isolana degli anni Cinquanta e Sessanta.

TRA L’ISOLA E ROMA. Però, nonostante la notorietà, solo da poco la critica ha superato una visione parziale dell’opera di Manca, basata fondamentalmente sulle fasi finali della sua ricerca e su una interpretazione tutta locale della sua figura. La cosa è forse comprensibile, dato che egli è stato per quasi tre quarti della carriera un pittore romano, fatto che ha determinato una serie di fraintendimenti. Se è vero infatti che l’artista ha avuto un ruolo decisivo nell’aggiornamento del dibattito isolano, e anche nella affermazione sul territorio delle esperienze informali, l’appiattimento su un’ottica esclusivamente regionale ha finito paradossalmente per stemperarne l’originalità, ridimensionando il suo ruolo all’interno del fronte astrattista nazionale e riducendo la sua ricerca a un episodio tra i tanti di modernità periferica. Il recente allargamento di orizzonti ha restituito a Manca la ricchezza del suo itinerario poetico, la complessità delle scelte, la presenza non marginale sulla scena romana del dopoguerra, sfatando il luogo comune che la sua importanza stia essenzialmente nel ruolo di caposcuola regionale dell’Astrattismo.

RICERCA E ARCAICO. Ne è scaturito un percorso meno lineare del precedente ma certamente più ricco; dove l’adesione finale agli orizzonti dell’Astrattismo non è una conversione tarda che, dopo un lungo vagare nell’ambito della figurazione, ne rinnega le premesse poetiche, quanto piuttosto il punto di arrivo di una tensione vitalistica verso il magico e l’arcaico che, dopo aver battuto strade diverse, incrociando classico e anticlassico, avanguardia e tradizione, trova nelle poetiche dell’Informale il mezzo più efficace per tradurre il fascino primordiale della materia. Non è stato dunque il riposizionarsi in un ambiente meno aggiornato a dar rilievo alla ricerca di Manca, ma la capacità di trovare nei linguaggi contemporanei le suggestioni arcane della modernità; l’intuizione che le sperimentazioni di tecniche e di segni celino una energia ancestrale che affonda le radici nella enigmatica stratificazione della vita.

In questo senso va letto il suo approdo alle più remote mitologie dell’Isola, lontanissimo dal primitivismo regionalista che aveva alimentato una grossa parte dell’arte sarda del primo Novecento, ma anche dall’autoreferenzialità assoluta della forma che negli anni Sessanta consuma progressivamente la forza simbolica dell’astrazione.

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