La Nuova Sardegna

Maghi e streghe insegnano come si fa a vincere la paura

di Fabio Canessa
Maghi e streghe insegnano come si fa a vincere la paura

In edicola la terza uscita della collana dedicata alle fiabe di Sardegna. Teresa Porcella: «I cattivi da sempre tra i personaggi preferiti dai bambini»

29 aprile 2020
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Come diceva Italo Calvino le fiabe sono una spiegazione generale della vita, «il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna». Lo ricorda anche Teresa Porcella che con la narrazione fantastica di origine popolare è abituata ad averci a che fare. Autrice, progettista, editor e libraia per ragazzi ha anche insegnato letteratura per l’infanzia negli atenei di Cagliari, la sua città natale, e Firenze, la sua città d’adozione. Nella sua produzione, che va dai libri per i più piccoli alla narrativa per adolescenti, hanno trovato spazio anche racconti della tradizione isolana che sono al centro della collana della Nuova “Fiabe di Sardegna”. Il terzo volume in edicola da giovedì è dedicato a storie di streghe e stregoni che sono sicuramente tra i personaggi più simbolo delle fiabe.

GENERE TRASVERSALE
Quelli più amati dai bambini secondo Teresa Porcella sono i mostri: «In generale li adorano perché si portano dietro una carica emotiva maggiore, più potente. Non è un caso che le fiabe di paura piacciano molto, proprio per l’amore per le cose strane e diverse». Su questo dai bambini ci sarebbe da imparare, magari riscoprendo l’importanza della fiaba come narrazione che non si rivolge soltanto ai più piccoli ma anche ai grandi. «Nasce come genere trasversale – sottolinea l’autrice cagliaritana – e spesso per spiegare agli adolescenti come entrare nel mondo adulto. Pur presentando personaggi che possono non essere chiamati con un nome preciso e avere caratteri generali, nella somma del racconto le fiabe ci danno con il loro valore simbolico un’idea di com’è strutturata la psiche umana nel suo complesso. Inoltre una cosa emersa dagli studi, dai lavori che ho fatto, è che la fiaba è il modo migliore per dimostrare in maniera chiara ai bambini e agli adulti, ma anche a tutti i critici che vedono nel genere fantastico un sottogenere rispetto alla narrativa realistica, che il fantastico fa parte del Dna umano. E insieme a questo la nobiltà della tradizione popolare. Perché è quella più universale, che attinge a un immaginario tanto individuale quanto collettivo. È quindi un buon modo per ribadire che le divisioni non portano a niente. Conta la qualità di un testo più del genere di appartenenza, anche quando si parla di tradizione orale che diventa scritta».

RADICI LOCALI
In questo contesto le fiabe tradizionali, a matrice regionale o ancora più locale, si dimostrano particolarmente interessanti perché denotano dei caratteri tipici che nel caso della Sardegna sono molto forti. «Essendo un’isola – evidenzia l’autrice – ha mantenuto un patrimonio originalissimo e ricco di personaggi straordinari. Credo che insieme all’Irlanda siamo uno dei luoghi con la maggiore varietà di esseri fantastici. Alcuni li condividiamo con altre terre del Mediterraneo, tipo la Coga che ha un corrispettivo in Sicilia con le streghe vampiro, ma altri sono tipici nostri». Sulla fiaba Teresa Porcella racconta che proprio in questo momento sta facendo delle riflessioni precise perché sarebbe dovuto uscire, pubblicazione rimandata per l’emergenza sanitaria, il primo numero di una nuova collana da lei curata per Edizioni Telos. «Per ogni Regione è stato chiesto a un autore e illustratore del luogo di raccontare delle fiabe, in modo un po’ diverso: decidere un essere fantastico e inventare una storia ambientata nella contemporaneità. L’idea riprende quella di un vecchio progetto fatto in Sardegna e intitolato “Adottamostri”. Una raccolta di racconti che coinvolgeva gli autori Bruno Tognolini, Luciano Marrocu, Chicco Gallus, Alberto Melis, Rossana Copez, Tonino Oppes e due illustratrici, Eva Rasano e Giorgia Atzeni. Ognuno doveva adottare un essere fantastico, da qui il titolo, e adattarlo ai giorni nostri. Tra i personaggi c’erano Mastringanna, Maria Mangrofa, il Pindacciu, la Coga e altri. Insieme c’era un mazzo di carte con gli stessi personaggi che preludeva a una cosa per me importante, quella di lasciare ai bambini la possibilità di realizzare un loro racconto perché le fiabe chiamano fiabe».

UN MONDO FANTASTICO
È in fondo il grande vantaggio offerto dall’immaginario fantastico, quello di alimentarsi continuamente. Creare, scrivere una fiaba diventa così un po’ come fare una torta per usare un’espressione di Teresa Porcella: gli ingredienti di base alla fine sono sempre gli stessi, ma con una possibilità di variazione che è infinita. Pensando alle fiabe sarde i ricordi vanno inevitabilmente all’infanzia e tra i vari personaggi quello rimasto più impresso da bambina all’autrice ed editor cagliaritana è il Pindacciu. «Mi colpiva per i sette cappelli che porta sulla testa e noi eravamo sette figli. Più adulta ho scoperto meglio le fiabe sarde e tra i personaggi che preferisco c’è Mastringanna perché mi piace l’idea dell’essere metamorfico che cambia aspetto e può diventare te stesso, fare cose al posto tuo. Un po’ come l’idea del demone che si impossessa di te. Ha una possibilità psicologica interessante. Altro personaggio che ho trovato sempre potente è la Coga, una strega vampiro che va dritta sui neonati. Una cosa molto forte, la minaccia sull’essere più innocente che arriva da un essere di sesso femminile».

VINCERE L’ANSIA
Abituata a tenere attività di formazione, ha per esempio curato per anni lo spazio ragazzi del festival letterario Isola delle storie di Gavoi, Teresa Porcella ha spesso utilizzato le fiabe in questi contesti. «In tanti laboratori – racconta – abbiamo fatto per esempio costruire ai bambini i personaggi partendo dalla tecnica del collage. Poterli assemblare è un modo di appropriarsene». Tra i temi più importanti, molto forti nella tradizione sarda, quello della paura e anche della violenza presenti dentro lo scherma simbolico e capaci di tenere molto attenti i bambini.

REALTÀ E MISTERO
«In questo senso le nostre fiabe – evidenzia Teresa Porcella – hanno delle similitudini anche con le storie dei fratelli Grimm. Basta pensare a “La signora Trude”, dove c’è una bambina curiosa che esce di casa nonostante le dicano di non farlo e va a vedere dov’è nascosta la strega. La fiaba che finisce con la morte della bambina, trasformata in un pezzo di legno e buttata così nel fuoco, ha molto a che fare con la tradizione sarda. L’essere inflessibili, pensare che la sorte dei personaggi può anche essere non positiva. E fa venire in mente la nostra mosca Maghedda, che dice non devi andare a profanare i tesori delle Janas perché è proprietà loro. Devi accettare in qualche modo il mistero, se lo vai a violare ci saranno delle ripercussioni. La metafora è chiara».

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