La Nuova Sardegna

«Sto lavorando a un film, dentro ci sarà La Maddalena»

Giacomo Mameli
«Sto lavorando a un film, dentro ci sarà La Maddalena»

Lo scrittore vincitore dell’ultima edizione del Premio Strega con “Il colibrì” a fine luglio sarà in Sardegna ospite del festival letterario di Perdasdefogu

06 luglio 2020
4 MINUTI DI LETTURA





Non ne annuncia il titolo, ma Sandro Veronesi, per la seconda volta sul podio dello Strega, conferma che sta lavorando a un nuovo libro: «Sulle passioni, i tormenti, i grovigli, le foschie e i bagliori della vita, di questa nostra contemporaneità che va scavata e vissuta», dice al telefono dal piazzale di un MokaCaffè sull'autostrada da Roma a Pavia. Avant’ieri sera ha partecipato al Collegio Borromeo della Milanesiana per il festival diretto da Elisabetta Sgarbi, l’editrice di La Nave di Teseo che ha pubblicato “Il colibrì”. Ha parlato di «colori nel romanzo», tre parole firmate da Claudio Magris. Letture di Claudia Durastanti, Laura Morante, Edoardo Nesi, Andrea Moro e, naturalmente, di Sandro Veronesi. Ha proposto un brano apparso nelle pagine di Cultura del Corriere della Sera.

Lo scrittore, toscano di 61 anni con casa a Roma, diventa mattatore. Sabato sera a Pavia, ieri a Pesaro. Fra le sue tappe c'è anche la Sardegna. «Sono un tradizionalista. Tra due settimane in Gallura, dove si sta da sogno. Poi visiterò l’Ogliastra, sarò a Perdasdefogu martedì 28 luglio alle 21, per la decima edizione del festival Sette Sere Sette Piazze Sette Libri. Parlerò in una piazza col titolo di un capolavoro della lettura mondiale, piazza Cent'anni di solitudine di Gabriele Garcia Marquez. Per la mattina ho già prenotato una visita al canyon Sa Brecca dei Is Tàpparas. So di andare nel cuore della terra, lungo una montagna spaccata – la chiamano diàclasi – di quattrocento metri. Chissà quanto ci volerebbe sereno Il Colibrì. Tra l’altro so che in quel canyon si vede sempre il blu del cielo. Terra e cielo insieme. È la Sardegna mare-montagna».

C’è Sardegna, La Maddalena soprattutto, in una sceneggiatura a cui sta lavorando.

«Sì, siamo alle battute finali, assieme a Edoardo De Angelis. Ma nulla svelo del sommergibilista Salvatore Todaro».

Prima del suo bis, fu solo Paolo Volponi, l’Urbinate, trionfatore nel 1965 e nel 1991.

«È stato uno dei grandi della letteratura del Novecento. Ha raccontato l’uomo alieno nella società industriale, è stato un poeta sensibilissimo come si legge nei versi di “Il silenzio capitale”. È un accostamento che mi fa molto piacere. Ma – lo voglio ripetere – questo premio 2020 va al libro, alle storie che racconta, alla figura di Marco Carrera, ai miei problemi di salute. Nel libro ci sono – per stare alle ultime pagine – due sorelle gemelle che viaggiano per il mondo con le organizzazioni umanitarie, un fidanzato campione di pelota basca, un figlio adottivo nel Benin dove deve solo aprire il rubinetto blu. Volponi raccontava un mondo, il mio è un altro, completamente diverso, con problemi nuovi, tra eroismo e turbamento».

Volponi, nel libro “La strada per Roma”, tratteggia il mondo letterario raffinato, inquieto e appassionato della generazione dopo gli anni della dittatura e dell’apocalisse bellica. Il suo è un altro pianeta.

«In “Colibrì “troviamo l’uomo del 2020, fascismo e rovine belliche sono lontani. C’è l’uomo di oggi, dei giorni del Coronavirus diventati mesi, e speriamo di essere ottimisti. Nel mio romanzo ci sono la spinta a confrontarsi con i guai, con i conflitti e c’è – neanche tanto sottinteso – l'invito a superarli. Mentre scrivevo sentivo forte il desiderio di aprire orizzonti non di chiudermi in un tunnel. Certo che attorno a me, anche nel rione dove abito a Roma, vedo drammi, solitudini terribili e laceranti, tragedie, le sconfitte dei più deboli, Ma – ripeto – il tunnel ha una uscita, c’è sempre un dopo, un divenire, un avvenire. Il mio protagonista ce l'ha fatta. Perciò continuo ad abbaiare: contro il razzismo e le disuguaglianze, guai all'indifferenza».

A pagina 247 del libro premiato un capitolo recita “La mascherina”, e la data 2012. In anni non sospetti lei scrive di «una sindrome invalidante che non è certo una guarigione ma rimuove, lì per lì, gli impedimenti fisici che essa, la sindrome, produce». Veronesi-anticipatore non virologo né immunologo?

«L’emergenza sanitaria tra primavera ed estate è stata certamente una autentica sincope sociale, dettava legge lo smarrimento davanti a notizie contraddittorie e pur autorevoli. Ci hanno chiuso in casa, ci hanno vietato di andare al bar e di trovare genitori e amici. Abbiamo ubbidito sotto choc. Niente musei, niente conferenze, bambini senza scuola. Dobbiamo cercare di tornare alla vita normale. Lo fa Marco Carrera che dopo mille peripezie mantiene salda la propria identità interiore. Lì c’erano di mezzo anche i tranquillanti, poi venne la mascherina, appesa la mascherina al chiodo va trovata la normalità».

Alla cerimonia di premiazione ha detto che la modernità è arrivata addosso alla borghesia. Cioè?

«Con la borghesia è arrivata l'alfabetizzazione. È nato il romanzo moderno. La stessa borghesia ha prodotto anticorpi contro se stessa e un'intellighenzia altrettanto borghese, che la contestavano. Pensate a quanto è avvenuto nel ’68».

Nel nuovo romanzo parlerà di passato o di futuro?

«Racconterò quanto ancora non ho potuto dire. Perché la società di oggi ha la sua complessità. Può essere calmo anche il caos. Siamo alla frammentazione definitiva tanto dell'io quanto dei gruppi sociali».

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative