La Nuova Sardegna

Sassari, una città che è rimasta senza bussola

Giacomo Mameli
Sassari, una città che è rimasta senza bussola

Curato da Antonietta Mazzette e Sara Spanu un lavoro di analisi tra presente e futuro

14 luglio 2020
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Bisogna ringraziare l'editore Rubbettino. Con la collana "Sociologia delle città italiane" sta facendo riflettere - senza stereotipi e senza tomi da tremila pagine - sul futuro dei luoghi che abitiamo e sui "cambiamenti in atto" tanto "nella forma fisica" quanto "nell'identità". Lo ha già fatto con tre grandi città: Milano, Torino e Napoli. Il libro su Sassari (autentico "libellum" oraziano anche nelle curata veste grafica) è uscito a febbraio 2020, è stato il primo sulle città di provincia, più piccole che medie, divise tra borgo e metropoli. Stanno per essere pubblicati gli interventi sul destino urbano di Bologna e Venezia, per poi proseguire lungo lo stivale. Sempre alta la qualità dell'analisi. Per ogni volume - edito e da editare - autorevoli le firme coinvolte per le varie competenze e i temi proposti.

Il coordinamento è stato affidato alla sociologa Antonietta Mazzette che, poche settimane fa, ha curato per la Treccani il "focus" proprio su Sassari. Un libro (pagine 138, euro 14) a otto mani competenti: con la Mazzette, altri due giovani e affermati sociologi (Sara Spanu e Daniele Pulino), l'avvocato Giovanni Meloni ricco di esperienze didattiche e politiche, l'urbanista Sandro Roggio autorevole studioso dei paesaggi urbani e rurali, il giornalista Costantino Cossu che scava senza reticenze nel rapporto sempre più problematico fra informazione e territorio. Chiudono il volume le riflessioni del regista Sante Maurizi: con la Spanu che scruta nel mondo musicale sassarese, traccia una tac alla produzione culturale soffermandosi in particolare sul teatro e sul cinema. Tutti testi articolati.Sintetizzarli è arduo: per la Spanu "si è indebolita la sinergia tra Sassari musica e canto". Maurizi fotografa «una città con la testa voltata all'indietro sempre pronta ad autocelebrarsi».

Cossu tratteggia «una borghesia progressista che ha perso il suo peso in una città in stagnazione». Roggio fa un fermoimmagine con «lo scollamento tra residenze e negozi» e denuncia l'assenza del «guizzo di energia fruttuoso» nel passato. Meloni pronuncia un'arringa contro «la dispersione della trama urbana». Nella prefazione il regista Antonello Grimaldi scrive: «Occorre trasformare questo senso di appartenenza che rischia di diventare campanilismo in senso civico, in voglia di lottare e lavorare per la propria città che appartiene a tutti». Tutti vuol dire: il rettore e il suo bidello, il sindaco ma anche il singolo cittadino, ricco o povero, laureato o analfabeta. Tutto ombre? No. Il realismo della Mazzette riconosce «scarse capacità di generare visioni e idee di rinnovamento produttivo» (quanto è importante quest'aggettivo "produttivo" in una città che - come ovunque in Sardegna - importa l'85 per cento di ciò che consuma a tavola). Ma apre anche la porta all'ottimismo intravedendo il ruolo attivo di «una produzione culturale che aspetta solo di essere resa protagonista principale della città e dei suoi spazi». Un auspicio nobile ma forse dettato dall'amore che chiunque ha per il cortile dove ha mosso i primi passi.

Una constatazione che vale per Sassari quanto per Cagliari o per molte città sede di ateneo. Quando mai l'ateneo della città dalla torri bianche si è occupato del ruolo, del progetto di crescita della città capoluogo dell'isola? Cagliari ha il Poetto solo perr farci i tuffi non per la biologia marina. Idem a Roma, Bari, Perugia, eccetera eccetera (il libro Rubbettino su Napoli non si discosta molto dalle conclusioni generali su Sassari). L'università pensa alla "sua" didattica, per un osservatore esterno dettano legge le lobbies in ermellino. A chi risulta un sussulto della città-Sassari, della sua borghesia, quando - crimen magnum - è stata sepolta la facoltà di Scienze politiche che aveva ospitato, tra gli altri, Paolo Sylos Labini, Gustavo Zagrebelsky, Domenico De Masi, Roberto Ruffilli? Come è potuto accadere, senza un bi, un perché, senza una sommossa attiva di menti? Non solo. Questo stimolante libro parla di città. E allora - per chi non ci risiede abitualmente - perché non criticare un capoluogo di provincia che presenta la sua stazione ferroviaria, non si ricorda da quanti anni, dove al suo interno non esiste neanche un bar, dove la pulizia è un optional, dove i bagni sono un affronto all'igiene? Non è, anche questo, un segno visibile, tangibile del disinteresse di chi amministra la città nei confronti degli amministrati? Non è il segno dell'apatia degli stessi residenti?Questo libro è un documento di etica urbana. Ne parleranno coram populo i candidati alla guida dell'ateneo. Una sfida lanciata dal festival "Pensieri e parole all'Asinara", da Cinemarena di Sassari e dalle librerie Koinè Ubik. Sfida affidata proprio al pantheon della cultura: che è, appunto, l'università. Cioè la cultura. Che tutto muove. Anche la politica, grande assente. Perché - scrive Antonello Grimaldi - Sassari dà «l'idea di uno studente intelligente che però non si impegna». Grimaldi - con i coautori - crede nell'intelligenza.

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