La Nuova Sardegna

Plastica, dal mare alle creazioni d’arte

Plastica, dal mare alle creazioni d’arte

Valeria Serra crea opere con il materiale recuperato nelle spiagge

23 luglio 2020
4 MINUTI DI LETTURA





Se c’è una cosa che le è mancata durante il periodo di lockdown, costretta come tutti a stare dentro casa, questa è l’andare in riva al mare a raccogliere plastica di ogni tipo. Confessione di una beachcomber, termine inglese con il quale si indicano le persone che non solo puliscono le spiagge ma diventano anche una specie di collezionisti di alcuni oggetti recuperati interessandosi alla loro origine. In più lei li utilizza per quadri e composizioni artistiche, realizzando opere che raccontano il suo instancabile attivismo ambientale e che mostrano un’immediata forza comunicativa.

D’altronde Valeria Serra di comunicazione se ne intende. Giornalista, esordisce nel settore a vent’anni come inviato di bordo nella regata transoceanica Transat des Alizée. Con base a Milano, per molto tempo lavora per le maggiori riviste italiane realizzando reportage da tutto il mondo prima di tornare a vivere stabilmente nella sua amata isola della Maddalena insieme allo skipper Mike Bava. L’indole creativa l’ha portata non solo a scrivere, articoli per giornali e libri, ma anche ad appassionarsi di fotografia (nel 2017 ha vinto il Premio Ramoge per la migliore foto in tema ambientale ed è stata premiata dal Principe Alberto II di Monaco) e a realizzare delle opere d’arte con il materiale che arriva dal mare. Il vento, le onde, la corrente sono infatti i suoi fornitori.

«Ho iniziato – spiega Valeria Serra – raccogliendo legni levigati dal mare, portati sulle spiagge dell’Arcipelago, che assemblavo per costruire dei modelli di barche a vela. Poi sono passata alla plastica. Inizialmente la raccoglievo semplicemente per pulire, poi ho iniziare a tenere dei pezzi che avevano una loro bellezza e mi dispiaceva buttare nel sacco destinato all’isola ecologica. Ho fatto con quegli oggetti un quadro è mi è piaciuto. Ovviamente non ho inventato nulla. Mi è venuta voglia di provarci dopo aver scritto tanto sulla plastica, e anche articoli su chi ha fatto della raccolta in mare una forma d’arte, e perché certi pezzi che trovavo mi sembrava un peccato buttarli. Erano troppo significativi, raccontavano qualcosa: la nostra storia consumistica».

Una di quelle cose talmente scontate alla quale si finisce per non pensare. Ha ragione Valeria, in quegli oggetti dimenticati sulla spiaggia, caduti e non raccolti, fatti volare via dal vento senza attenzione, si nasconde il nostro stile di vita degli ultimi cinquant’anni. La storia di un mondo invaso dalla plastica, del suo utilizzo eccessivo senza considerare l’impatto distruttivo sull’ambiente. Negli ultimi anni le campagne di sensibilizzazione sulla sostenibilità si sono fatte sempre più incisive e buone pratiche stanno diventando abitudini per un numero crescente di persone. Certo bisogna insistere. Il problema è grande, riguarda tutti e non è più rimandabile.

«È come se tutta la plastica gettata o finita in mare per nostri sbagli – sottolinea Valeria – ci ritorni indietro, sulle spiagge, come monito. Mi piace utilizzare per le composizioni soprattutto oggetti dove si vede il brand, perché sono cose che conosciamo tutti. In particolare quando trovo vecchi marchi come un tappo di Ovomaltina o di un prodotto Agip. Li assemblo secondo un’idea cromatica o di contrasto tra le forme, mettendo per esempio vicini una conchiglia di plastica con un soldatino. Un collage dal quale nascono opere che credo siano eloquenti e non retoriche. Questi pezzi dicono tutto da soli, non c’è bisogno di accompagnarli con uno slogan ecologista». Di ogni tipo gli oggetti che la beachcomber maddalenina trova nella sabbia o incastrati nelle rocce. Da pezzi di motoscafi giocattolo («mi ha colpito in particolare la riproduzione di un piccolo motore Mercury») a formine di animali per la spiaggia usate dai bambini («che hanno un valore simbolico rimandando alla morte per soffocamento da plastica di pesci e tartarughe»), al tantissimo materiale per la pesca («esche artificiali per traina, pezzi di rete sintetica, cassette del pesce in polistirolo»).

L’attivismo ambientale di Valeria Serra si estende anche al progetto Sailing for Environment (sailingforenvironment.org) portato avanti con il compagno Mike Bava, skipper di origine toscana con alle spalle migliaia di miglia percorse nel Mediterraneo e oltre quaranta traversate atlantiche. Con la loro barca a vela “La Bimba”, plastic free, navigano nell’Arcipelago della Maddalena e non solo con lo scopo di evidenziare il tema ambientale della plastica monouso e per divulgare quanto più possibile le pratiche virtuose dell’andar per mare.

«Proponiamo anche delle eco crociere – aggiunge Valeria Serra – e chi viene con noi sa che quando andiamo in una determinata spiaggia o caletta, oltre a fare il bagno raccogliamo tutto quello che troviamo intorno». Un progetto che ha il patrocinio del Parco della Maddalena e del Garbage Patch State (lo Stato spazzatura) riconosciuto dall’Unesco come immagine, provocatoria ma concreta, del problema della plastica in mare.

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative