La Nuova Sardegna

La scrittura strumento di conoscenza

La scrittura strumento di conoscenza

Il convegno sull’autore di “Procedura” con Aldo Maria Morace e Marcello Fois

16 settembre 2020
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Durante il convegno svoltosi nella seconda delle due giornate dedicate a Mannuzzu, alle sue opere e in particolare a “Procedura”, è stato palpabile il senso di vuoto lasciato da Toti, com’era comunemente chiamato da chi l’ha frequentato e gli è stato amico. Aldo Maria Morace ha ricordato lo stupore che suscitava ogni conversazione con lui, date la sua vasta cultura e la sua insaziabile sete di lettura, che gli erano valse lo scherzoso soprannome di “libridinoso” da parte del docente universitario. Emozionate, ed emozionanti, le parole di Marcello Fois, che ha rievocato la meticolosità del Mannuzzu autore, a volte restio a prendere impegni di scrittura che non gli consentissero tempi lunghi per la stesura, la riflessione e la correzione. «Ho un mese? Un mese è pochissimo! Io ho bisogno di più tempo, devo lavorarci su, devo capire», diceva sulle prime. Poi, ha continuato Fois, «puntualmente richiamava e diceva: “Senti, mi dispiace non farti contento, non è bello, accetto”». Il nuorese – e di questo bisogna dargli grande merito, ed essergli collettivamente grati – ha toccato anche un tasto dolente della biografia di Mannuzzu, relativo alla nomea di iettatore che si era diffusa in città, e che molto lo aveva fatto soffrire. «Vorrei deprecare, e lo faccio in pubblico, le persone che finché è stato in vita hanno goduto ad alimentare questa oscena leggenda. Se ci fosse qualcuna di queste persone in sala, la invito ad andarsene una volta per tutte. Certe sciocchezze possono fare molto male, in particolare a chi ha una sensibilità speciale, a chi è meravigliosamente delicato. Com’era Toti.»

Nato nel marzo del 1930 in provincia di Grosseto, Salvatore Mannuzzu, con lo pseudonimo di Giuseppe Zuri, ha esordito nel 1962 per Rizzoli con “Un Dodge a fari spenti”. Il romanzo è stato riedito da Ilisso quarant’anni dopo, in una nuova veste e sotto il suo vero nome. Nel 1988, con “Procedura”, vincitore del Premio Viareggio, è iniziato il lungo rapporto con Einaudi, per cui sono usciti “Un morso di formica” (1989), i racconti de “La figlia perduta” (1992; nel 2011 Mannuzzu ne ha estratto “Dedica”, rivedendolo e pubblicandolo singolarmente come “La ragazza perduta”), “Le ceneri del Montiferro” (1994), “Il terzo suono” (1995; dal 2004 per Ilisso), la silloge “Corpus” (1997), “Il catalogo” (2000), “Alice” (2001), “Le fate dell’inverno” (2004) e “Snuff. L’arte di morire” (2014). Tra gli altri, si segnala il titolo per bambini “Il famoso Natalino” (1998, per Laterza, tradotto in sardo come “Natalinu su famadu” da Papiros nel 2001) e l’ultimo “Testamenti” (Il Maestrale/Edizioni dell'asino, 2017).



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