La Nuova Sardegna

Il mistero di Roberto tra un fascio di rose e un nome di donna

di Savina Dolores Massa
Il mistero di Roberto tra un fascio di rose e un nome di donna

Esce “La sesta nota”, il romanzo con il quale Gianni Usai ha vinto nel 2019 il premio letterario “Antonio Gramsci”

30 ottobre 2020
3 MINUTI DI LETTURA





«Il dottore disse ai miei genitori di pregare perché il Signore mi prendesse subito con sé, che così tutti ci saremmo risparmiati un sacco di sofferenze».

Questa è la prima ghigliottina nella quale si trasformò una casa alla nascita di Roberto, «non giusto» per stare al mondo, il primo giorno di primavera del 1959, in un paese della Sardegna. Un paese uguale e non uguale a tanti altri nell'isola e dappertutto, perfino insolitamente innevato: un mese prima di Roberto. Ma non una madre, non un padre pregarono la morte: straccio per lavare via un bambino che, ben presto, avrebbe fatto scivolare tra le labbra incontrollabile bava al posto delle belle parole attese, e azioni strisciate per terra se impossibilitate a correre la gioia dell'innocenza verso braccia amorevoli, in speranza. La grazia dell'incedere, che in Roberto non sarebbe giunta mai. E le mani, perpetue farfalle disorientate, arti disubbidienti. Un corpo e un cervello nemici l'uno dell'altro. Lotta ad armi impari. Per sempre, in frase oscena. Così è il principio de “La sesta nota” di Gianni Usai, nelle librerie da questi giorni per la casa editrice Il Maestrale. Romanzo su una verità narrata proprio da Roberto.

Che il lettore si appresti subito a sputare via da sé qualsiasi idea o desiderio di consolatoria pietas. Roberto ci affronta e si presenta in sincerità disarmante, mai claudicante nel pensiero. Ci pone contro un muro, costretti anche nostro malgrado, a rivoltarci gli occhi e a trovare uno sguardo vergine verso chi per millenni abbiamo definito “storpio”. Definizione trasformata con maggior cautela assolutrice negli ultimi anni in “disabile”. Sbagliando sempre.

L'intera vita di Roberto è una fucilazione monca della premura di una benda sui nostri occhi. Roberto è un uomo. Come tale ha preteso il suo posto in terra. Ha sofferto? Indicibilmente. Soffriremo noi scoprendo esistenza, amore, erotismo, intelligenza oltre, dove non riteniamo gradevole riconoscerli? Indicibilmente, dentro il corpo della differenza. Soffriremo, se umani ci consideriamo, per un bambino che cresce nelle ossa e nella pelle, vedremo distintamente una piccola sedia, sua prima irrinunciabile indipendenza combattuta con le unghie. Roberto, come noi tutti, possiede le unghie.

Volano le unghie di Roberto? Volano. Forse arrossiremo per aver rinchiuso un nato come Roberto – e milioni di Roberto – in una costretta strada, dove esistono coloro per i quali non si è pregato che morissero, ma frequentemente fino all'insopportabile uccisi giorno dopo giorno dalla nostra indifferenza, o perfino da carezze fulminee, non sia mai che se ne desiderino altre sul volto, la schiena, come per tutti è. Non vogliamo trattenerci. Chi è l'insulto in quella strada, noi o Roberto? Lui fermo tra incontrollati sussulti comunicativi guarda, come farebbe un geranio sull'uscio.

Il profumo di Roberto giunge in ogni rigo del romanzo, ci conduce all'insonnia, ci costringe a impararlo a memoria, ci dà il rammarico per non essere transitati per la sua strada, o perché lui mai è potuto venire nella nostra. Entreremo, leggendo, in qualcosa sempre pensato desertico, invece furiosamente e naturalmente lussureggiante. Pesteremo col piede il terrore del contagio: la peste del diverso, dell'incomprensibile se tanto dissimile dalla nostra è una nuova arte del linguaggio, e delle azioni. Il collo, il pene, le vertebre, il dolore del sangue, l'intestino di Roberto appaiono come qualcosa in più, mai in meno.

Ma Roberto racconta soltanto, non lancia scomuniche, e lo fa con una eleganza che forse potrà piegarci verso il basso a lui notissimo. Il leccare la terra di Roberto: per sorte. Nel dono a noi della sua storia è finalmente in piedi. La piccola sedia suo camminare dell'infanzia, quella a rotelle in seguito, incenerite da una vergogna di me stessa, provata da una scrittura tanto priva di vendetta. E privata di Roberto da patirne la mancanza, giunta all'ultima pagina. E quando qualcuno incontrato dentro un libro ti manca, quel qualcuno conta molto.



In Primo Piano
Verso il voto

Gianfranco Ganau: sosterrò la candidatura di Giuseppe Mascia a sindaco di Sassari

Le nostre iniziative