La Nuova Sardegna

Scappare lontano per cercare un’altra vita

Scappare lontano per cercare un’altra vita

Il romanzo di Milena Agus “Terre promesse”, da venerdì prossimo in edicola, chiude la collana di narrativa della Nuova

30 novembre 2020
2 MINUTI DI LETTURA





Ciascuno di noi ha la sua terra promessa, anzi, le sue terre promesse. Ma vale la pena di continuare a cercarle anche per una vita intera? Questa è la domanda che Milena Agus si pone in “Terre promesse”, il romanzo che de venerdì prossimo sarà in edicola con la Nuova Sardegna – a 7,50 euro oltre il prezzo del quotidiano – come decimo e ultimo volume della collana Scrittori di Sardegna 2020.

Il racconto insegue le terre promesse di tre generazioni di una famiglia sarda, dalla madre che sogna il matrimonio della figlia con un ricco possidente, alla figlia che sogna di essere amata da un uomo sfuggente, al nipote che si trasferisce in America, già terra promessa dell’Italia povera, inseguendo la musica. Tutti procedono da una terra promessa all’altra, illusi e delusi, finché, un giorno, potrebbero forse decidere di fermarsi e concludere lí quel viaggio sfinente. Agus ci porta, scortati dal suo sguardo lucido e amoroso, dentro ai nostri sogni piú segreti, nell’illusione-delusione della vita, con delicata maestria e sortilegio.

«La prosa di Milena Agus – scrive Angela Santi sulla rivista Diacritica – conduce tra quelle che a rotazione diventano le terre promesse che i personaggi sognano di raggiungere: la Sardegna, Genova, Milano, New York, l’Unione sovietica… Ma le terre promesse, in realtà, non sono quasi mai luoghi fisici. Milena Agus ci riporta delicatamente a una tematica sempre attuale, che ci tocca come singoli, ma anche come collettività. Difficile immaginare che qualcuno di noi non abbia mai pensato di scappare lontano in un luogo idealizzato, nella speranza che lo renda diverso, lo faccia star meglio. Al tempo stesso, le emigrazioni di ieri e di oggi concretizzano l’esistenza di questo sentimento e di queste speranze, troppo spesso disilluse».

«Immancabile – nota ancora Santi – la riproposizione di alcuni tòpoi tipici dell’autrice: il racconto basato su una saga familiare, la musica, i “troppo buoni”. In quella dicotomia che Milena Agus non manca mai di riproporre nei suoi romanzi, Felicita e Gregorio rappresentano i “buoni”, presi troppo spesso per stupidi destinati a soccombere, in contrapposizione ai “cattivi”, che, più che tali, sono solo tristi e desiderosi di vendetta per i torti che hanno, o credono di avere, subito. Sarà infatti Felicita, con la sua positività tutt’altro che “stupida”, ad arrivare alla conclusione più saggia e benefica, pensando che «tutto sommato possiamo fermarci dove siamo arrivate e concludere qui il nostro viaggio sfinente».

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative