La Nuova Sardegna

La prima alla Scala: «Troppi stranieri, dov’è la solidarietà?»

di Paolo Curreli
La prima alla Scala: «Troppi stranieri, dov’è la solidarietà?»

Niente pubblico e poche star italiane. Gazale: in altri paesi artisti protetti, noi senza ristori. Demuro: vi aspetto al San Carlo

08 dicembre 2020
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. La Prima della Scala più pop della sua storia, una registrazione trasmessa in tutto il mondo con un titolo che è un augurio: “A riveder le stelle”. È dagli anni Quaranta che il giorno di Sant’Ambrogio Milano omaggia la grande tradizione lirica tricolore con la Prima più glamour del pianeta. Grandi nomi della politica e dello spettacolo, doppi e tripli cognomi dell’aristocrazia, outift firmati dai brand della moda di lusso.

Ieri per colpa (o grazie) alla pandemia la Prima del teatro più importante del mondo è stata trasmessa senza pubblico su Rai Uno e Rai Play. Anche se da anni i grandi schermi della città e la Rai diffondevano la classica serata, ma con palchi e posti sold out. Ma questa è stata un’edizione “popolare” si diceva e molto televisiva a cominciare dai conduttori, Milly Carlucci e Bruno Vespa. Orchestra e corpo di ballo in platea, tra i palchi e nel foyer, sui leggii una scelta di estratti da Puccini a Wagner, Rossini, Donizetti e Verdi, brani di Ciaikovskij e Dileo. Momento di orgoglio e speranza, un riabbracciarsi tutti sotto il tricolore e al canto dell’Inno di Mameli, eseguito dalle maestranze del teatro come testimonianza della solidarietà nazionale in un anno nerissimo per il mondo dello spettacolo. Universo non particolarmente sostenuto e amato anche in altre epoche, a dir la verità, nella terra del Bel canto e della culla del melodramma.

La stragrande maggioranza di interpreti stranieri della serata non è sfuggita agli addetti ai lavori. Francesco Demuro, tenore affermato e premiato a livello internazionale glissa con grande savoir faire: «Non è mio costume commentare lavori a cui non partecipo e in cui non sono stato invitato – risponde al telefono il tenore di Porto Torres –. Colgo invece l’occasione per invitare tutti a collegarsi al concerto del San Carlo di Napoli dove canterò due pezzi forti del Bel Canto. Gli indirizzi si possono trovare sui miei canali social. Non ho altro da aggiungere». Distacco ed eleganza ma si coglie nel tono di una delle più celebrate star contemporanee della lirica tutta l’amarezza per l’esclusione da una serata che, invece, doveva riaffermare la presenza dei tanti talenti nazionali che rendono grande l’Italia nel mondo.

Stessa gentilezza e distacco ma un pragmatismo più deciso e sostenuto da parte del soprano sassarese Francesca Sassu: «Abbiamo avuto troppe cancellazioni in Italia e all’estero, questo è un momento in cui i tanti artisti italiani si potevano riunire, ma viviamo un momento in cui alla direzione delle più importanti istituzioni ci sono stranieri. Lungi da me fare del nazionalismo, ideologia che aborro. Ma posso assicurare che all’estero succede esattamente il contrario, vengono valorizzati i talenti locali senza che nessuno si ponga il problema del provincialismo – sostiene il soprano, amatissima per la sua Violetta e in tanti altri ruoli –. Attenzione poi allo streaming e alle dirette tv, vanno bene nell’emergenza e poi? Cosa abbiamo creato di nuovo, siamo sull’orlo del burrone. Come fa un teatro a vendere sei opere in streaming? Il teatro è scambio col pubblico. Lavorare in sicurezza si può e lo dimostra la Spagna dove tutte le opere sono sul palco e si fanno i tamponi ogni giorno a maestranze e artisti».

Preciso nelle sue posizioni anche Alberto Gazale: «Con tanti protagonisti di ieri ho un forte rapporto di amicizia, con molti di loro ho condiviso il palco, non si tratta di queste valutazioni. Fare un discorso di provenienza geografica è molto triste, facciamone invece uno fiscale – dice il grande baritono sardo, voce verdiana per eccellenza e grandissimo nella Cavalleria rusticana e Pagliacci–. Un Kaufmann, che non ha cantato ieri, in Germania è stato protetto, nonostante sia uno dei più grandi e giustamente più pagati, la sua nazione gli ha riconosciuto i ristori per la pandemia. La pressione fiscale per gli artisti non è paragonabile a quella italiana. Sia chiaro, sono orgoglioso e preciso nel pagare le tasse, siamo dei privilegiati, ma ognuno di noi è fermo da febbraio. Sono le tasse a non essersi mai fermate. Quella di ieri poteva essere una serata che dava un segnale di solidarietà per tutto il nostro mondo».

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative