La Nuova Sardegna

La bandiera d’Aragona sulla Sardegna

di VINDICE LECIS
La bandiera d’Aragona sulla Sardegna

“La conquista”, battaglie e intrighi nell’isola che cade sotto il dominio dell’infante Alfonso IV

13 dicembre 2020
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Pubblichiamo le prime pagine del romanzo di Vindice Lecis “La conquista” (Edizioni Condaghes).

* * *di VINDICE LECIS

Curatoria di Bonorzuli, frontiera meridionale del giudicato d’Arborea, 11 aprile 1323.

La guerra non dichiarata impestava l’aria come un fumo acre, scavalcando l’invisibile frontiera. Per questo pochi braccianti coraggiosi lavoravano sulle terre di Bonorzuli, trasformate in una silenziosa zona confinaria dove tutto poteva accadere. In tanti erano fuggiti prudentemente più a settentrione, in attesa che le acque si calmassero e le voci di conflitto sfumassero. Da quelle parti erano stati mandati perciò gli ignari braccianti Gunnari Madau, Erradore Panu e Arzocco Cappai per lavorare su alcuni terreni appartenenti al loro signore, Mariano de Ammirato. Costui, nipote del giudice d’Arborea, era ben considerato a Oristano, tanto che Ugone II lo aveva nominato ambasciatore personale durante le estenuanti trattative con la corona d’Aragona. I tre lavoranti, poco informati di conflitti e guerre, erano soddisfatti per aver ricevuto quell’ordine dall’armentario nell’imminenza della partenza del loro signore verso l’Aragona o Barcellona. Ritenevano che fosse assai più conveniente sgobbare nell’orto da soli piuttosto che dannarsi l’anima nell’assolata pianura del Campidano che forniva grano e orzo per sfamarsi e per l’esportazione. Su quelle terre, infatti, il lavoro era duro e severamente controllato dalle guardie campestri dei maiores delle ville o degli ufficiali delle curatorie.

I tre erano partiti ben prima del tramonto. Dalla villa di Mogoro avevano raggiunto Bonorzuli, trovando ricovero per la notte nella malconcia chiesetta della villa. All’alba si sarebbero recati a piantare lattughe, angurie e meloni.

I terreni distavano mezza lega da Bonorzuli, diventato un villaggio di fantasmi. Gunnari Madau, il più anziano, guidava il gruppo. Poteva avere quarant’anni o poco più, un naso maestoso ben piantato in un volto largo, capelli radi e così appiccicati sulla fronte da sembrare disegnati, gambe arcuate che spuntavano dalla lisa tunica da lavoro. Mentre procedevano con le zappe in spalla e le bisacce a tracolla, osservavano con una certa inquietudine i territori che la luce del giorno rivelava verso sud.

– Sarà... ma non mi sento tranquillo – disse a un certo punto Gunnari Madau, voltando il capo per farsi udire dai compagni.

– Non ce lo avevano detto, che Iddio li fulmini.

Avevano guadagnato la sommità di un poggetto e scrutavano oltre la frontiera del regno d’Arborea, verso le terre controllate dalla Repubblica di Pisa.

– Non ti sarai spaventato per le parole di quei soldati? – replicò beffardo Erradore Panu. Era il più giovane e con un sorriso irridente fisso in volto, come una maschera.

– Porta rispetto, – latrò Gunnari Madau riprendendo il cammino – ricorda che sono tuo suocero e ti ho concesso di sposare mia figlia nonostante tu sia un buono a nulla.

– Vi dovrò chiamare padre per farmi perdonare? – rispose dando di gomito all’altro bracciante, Arzocco Cappai, che faticava a camminare spedito perché zoppicava e imprecava a ogni passo. Risero per scacciare la sinistra inquietudine che li inseguiva.

La notte precedente, appena giunti a Bonorzuli, erano stati intercettati da una dozzina di uomini della masnada del giudice d’Arborea. Erano stati avvertiti di stare con gli occhi aperti e segnalare eventuali movimenti sospetti. Gunnari Madau, poco convinto, aveva chiesto con insistenza da che cosa dovessero guardarsi, se da abigeatari, incendiari o bande di rapinatori. L’ufficiale in un primo momento era rimasto sul vago, poi aveva ceduto alle sue insistenze.

– Ci sono movimenti di armati oltre il confine.

– Pisani?

– O gente dei Gherardesca che arruola sardi delle loro ville.dicono che sono molti e ben armati. Li hanno visti accamparsi oltre le rocche della Marmilla e di Arquentu, a soli tre tiri d’arco da alcune nostre postazioni. Non sappiamo quali siano le loro intenzioni ma temiamo che preparino qualche scorreria. State in guardia, ora lo sapete.

I pisani e le masnade dei Della Gherardesca governavano le aree meridionali e orientali della Sardegna. Al confine con l’Arborea avevano rafforzato alcuni castelli per controllare un ampio lembo di Campidano e le grandi miniere d’argento del Sigerro. Non troppo lontane sorgevano le rocche di Arquentu, Marmilla e San Gavino. Castelli con guarnigioni agguerrite.

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