La Nuova Sardegna

«Il futuro? Si conquista con le diversità»

«Il futuro? Si conquista con le diversità»

Nel saggio “Il coltellino svizzero” la pubblicitaria Annamaria Testa affronta il tema dell’approccio alle grandi sfide

27 dicembre 2020
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Da ragazzi avere un coltellino era garanzia di soluzione di tante eventualità che potevano capitarti. Che poi magari non ti capitava nulla, ma vai a saperlo prima. Comunque averlo in tasca era bello, e dava sicurezza. Anche avere a portata di mano una fornita cassetta degli attrezzi aiuta, ma il coltellino ha un vantaggio: è portatile. Così Annamaria Testa - consulente di grandi aziende, pubblicitaria, docente, giornalista (seguitissima la sua rubrica su Internazionale) - titola il suo ultimo libro «Il coltellino svizzero» (Garzanti, 300 pagine, 18 euro, due ristampe nei primi due mesi dall’uscita). Perché ha l’ambizione di “rendersi utile senza occupare troppo spazio”.

Perché questa voglia di sentirsi utili? E a chi?

«Siamo di fronte a sfide gigantesche: c’è la necessità di cercare nuovi strumenti, di trovarli assieme e di condividerli. La parola che riassume un po’ l’intento del libro è “metacognizione”: pensare a come stiamo pensando. Partendo da fenomeni, domande, curiosità con le quali ci imbattiamo ogni giorno. C’è una parola “sorella” di metacognizione, ed è “metacompetenza”. Lo sono leggere, scrivere e parlare: cose che ti servono a prescindere dal campo di applicazione. Se dovessi dire qual è la dote più importante da coltivare, direi che dobbiamo imparare a imparare. Uno dei “mantra” della consulenza, che sbuca fuori ogni volta che ci si spaventa davanti a un grande compito, è: «Come si mangia l’elefante? Facendolo a fettine». Ecco: propongo tante “fettine”, da scegliere e mangiare una alla volta, a seconda del momento».

Fettine che però sono sempre collegate una all’altra.

«Questo è stato il mio obiettivo: collegare temi, fenomeni e discipline. Mi interesso da anni di metodi e pratiche della creatività. Nel nostro Paese associamo alla parola una simpatica espressione del carattere nazionale, mentre altrove sono state elaborate, e si continua a farlo, importanti teorie scientifiche su questa qualità umana: perché la si considera il motore dell’innovazione e del progresso. All’alba del Novecento, Henri Poincaré scrisse «Scienza e metodo», dove definì la creatività come capacità di unire elementi lontani fra loro in nuove configurazioni. Che devono essere utili, cioè appropriate. E scrisse che il criterio intuitivo per riconoscere l’utilità di una nuova combinazione è che sia “bella”: non nel senso estetico, ma in quello inteso dai matematici quando trovano una formula elegante, funzionale allo scopo, e che risponda al principio della massima economia dei segni».

Gli argomenti del libro sono quelli a lei più cari: percezione, comunicazione, relazioni, fraintendimenti, informazione. Un “tema dei temi” è quello dell’attenzione.

«Ho iniziato a occuparmi di “mercato dell’attenzione” quando ancora se ne parlava poco. Ciò che ci rende umani è la capacità di prestare attenzione. Le fonti dell’enorme quantità di informazione che ci viene addosso ogni giorno si contendono dosi di attenzione preziosissime, sempre minori, che dedichiamo sempre più a eludere la complessità. Non dico di dedicarci sempre a temi “alti”, ma nemmeno il contrario: si può essere leggeri e consistenti».

Altro tema è, appunto, quello della complessità.

«Einstein diceva che le cose devono essere rese il più semplici possibile, ma non più semplici di così. Bisogna rendere le cose meno complesse rispettando la complessità, che va salvaguardata, e che spesso confondiamo con la complicazione, quella inutile che appesantisce le nostre vite. Ce ne stiamo rendendo conto, in particolare, durante questi mesi di pandemia».

Il Covid-19 sta facendo venire a galla i nodi strutturali delle nostre società. Ma anche il blackout Google di qualche giorno fa mostra quanto siamo inconsapevoli della fragilità dei nostri sistemi.

«Siamo fragilissimi nella possibilità di immaginare qualcosa di diverso dalla nostra condizione attuale. Le neuroscienze hanno dimostrato che se si chiede a un soggetto di pensare a un evento futuro, si attivano le aree neurali della memoria: vuol dire che se dobbiamo progettare l’avvenire ci viene in mente qualcosa che sappiamo già. Sia perché l’abbiamo vissuto, ma anche perché ci arriva dall’esterno con l’apprendimento, l’informazione, le notizie, la fiction. Qui si vede l’altissimo valore della letteratura nel delineare altri mondi possibili che altrimenti faremmo fatica a immaginare. Poi per pensarlo, il futuro, non è detto che servano soluzioni nuove. Un vecchissimo modo di preparare il futuro è mandare i ragazzi a scuola: tutti i ragazzi in una scuola che insegni bene. Qualche sconsiderato in questi mesi ha pensato che quella della scuola fosse una soluzione obsoleta».

Questa della memoria è però esattamente la dinamica che ci sta paralizzando di fronte alla crisi climatica: non c’è niente di simile nel passato “umano” del pianeta.

«Vero. Ma penso sia accaduto qualcosa di straordinario grazie a Greta Thunberg. Donna, giovane e con una sindrome che la rende “diversa”: l’esponente di una minoranza di una minoranza di una minoranza è riuscita a sensibilizzare moltitudini, laddove scienziati e organismi internazionali avevano fallito per oltre trent’anni. In molti hanno scritto che il climate change è una pandemia al rallentatore: stessi caratteri globali, pervasivi, distruttivi, col piccolo dettaglio che non c’è un vaccino. Proprio il Covid-19 mostra però che la politica pare capace di ragionare solo a brevissimo. Il consenso è fondamentale per chi voglia operare, ma in quali modi in cui si ottiene consenso? La comunicazione può incrementare la consapevolezza dei cittadini - ed è la comunicazione dei grandi leader -, e può essere strumentale e manipolatoria, ed è la comunicazione dei cialtroni. A partire dagli anni ’80 i migliori fra gli esponenti delle nuove generazioni sono stati allontanati dalla politica. Chi aveva talento e intelligenza, se non è emigrato, è entrato nelle professioni o nell’industria privata».

Politica e futuro: in questi giorni la Banca Mondiale ha rilanciato un rapporto (bit.ly/WBankMigration) nel quale dimostra che i Paesi che accolgono i migranti ottengono grandi vantaggi economici e sociali.

«Torno a Poincaré e alla creatività come sintesi. Combinare vuol dire mescolare: se in un gruppo di lavoro mettiamo assieme persone simili – stessa formazione, esperienze, provenienza – otterremo il meglio del migliore di loro. Se mettiamo assieme persone diverse, otterremo il meglio di tutti i singoli componenti il gruppo: perché nessuno duplicherà l’altro. Bisogna dire ad alta voce che si tratta di unire non solo competenze, ma anche età, generi, etnie, sensibilità diverse. Integrare diversi modi di ragionare è ormai vitale, anche perché si sta aprendo un baratro fra generazioni. Che è drammatico dal punto di vista sociale, ma anche produttivo, perché si sta interrompendo un trasferimento di pratiche che non si imparano né sui libri, né su internet. Bisogna avere uno sguardo “largo”, aperto, capace di accogliere».



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