La Nuova Sardegna

Tullio Solenghi: «Ho un solo rammarico: il film mancato del Trio»

Alessandro Pirina
Tullio Solenghi: «Ho un solo rammarico: il film mancato del Trio»

L'attore ad Alghero insieme a Massimo Lopez

30 dicembre 2020
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Solenghi, lo spettacolo portato in scena ad Alghero ha segnato il vostro ritorno in coppia nel 2018 dopo anni. Quali sono gli ingredienti dello show?

«Ci sono sicuramente momenti che rievocano i nostri cavalli di battaglia. Ma con un repertorio nuovo che rispecchia anche l’umore dei tempi. È uno show in cui ci sono sketch, musica, imitazioni. Un’insalata mista di risate, per fortuna. Certo, senza pubblico presente in sala le risate le abbiamo dovute immaginare».

Ricorda il suo primo incontro con Massimo Lopez?

«Era il 1977. Fu un passaggio di consegne al Teatro Stabile di Genova. Io lasciai a Massimo il testimone del ruolo del fratello di Mattia Pascal nello spettacolo di Luigi Squarzina con Giorgio Albertazzi».

Con il Trio avete fatto la storia della tv, da Fantastico a Sanremo, fino ai Promessi sposi: ai tempi immaginavate che avreste lasciato un segno così importante nello spettacolo?

«Noi non ci siamo mai definiti un trio comico ma una mini compagnia teatrale. Abbiamo tenuto i nostri nomi: Lopez-Marchesini-Solenghi come Tofano-De Sica-Rissone. Abbiamo avuto sempre un filtro molto severo. Noi eravamo gli autori di noi stessi e quello che usciva dal Trio doveva avere l’unanimità. Abbiamo riempito cestini di carta di tante idee abbandonate. Ma quella era la nostra legge ferrea, quella che probabilmente ha fatto la differenza».

Cosa è stata Anna Marchesini per lo spettacolo italiano e ovviamente per voi?

«Anna è stata la più grande attrice comica dopo Franca Valeri. Ma perché Franca partiva agli albori mentre Anna ha iniziato più tardi. Senza contare che lei, cosa non frequente nella comicità femminile, era anche autrice di se stessa. Per il pubblico Anna era un prodigio e un talento ineguagliabile. Per noi, avendo vissuto per 12 anni come tre fratelli, era una sorella, un’amica, una complice. Quando se n’è andata abbiamo perso questa parte di noi».

Avete un curriculum in cui c’è di tutto: dalla televisione al cinema, dalla prosa al musical, fino al doppiaggio. C’è qualcosa che manca?

«Ci è mancata l’occasione di fare un film nostro, del Trio. Lo avevamo costruito, scritto, abbiamo girato sette chiese per proporlo. Stavamo anche per chiudere con Cecchi Gori ma, essendo noi al debutto cinematografico, il produttore voleva sempre dire l’ultima parola. Ma noi eravamo talmente autonomi e tetragoni che non abbiamo accettato. E questo forse ha spaventato un po’ i produttori. È forse l’unico rammarico».

Avete chiuso l’anno in Sardegna, ad Alghero: qual è il vostro legame con l’isola?

«Tanto lavoro, ma il più recente è personale: mia figlia, la secondogenita, ha sposato un ragazzo sardo ed è andata a vivere a Cagliari. Quindi Capodanno lo trascorrerò lì con mia moglie. Mi sento già mezzo sardo».

È stato un anno durissimo, probabilmente il peggiore di tutti: è ottimista per il 2021?

«Bisogna esserlo per forza. Sarebbe da guinness un altro anno così brutto. Ma allo stesso tempo vorrei che non ci si aspettasse tanto da quanto può arrivare dal destino. Io mi vaccinerò e spero che questo possa farci uscire dal tunnel. Ma ognuno di noi deve fare la sua parte. Questa sosta forzata dovrebbe averci insegnato a valutare il futuro con una più giusta attenzione. Penso alla salvaguardia del nostro pianeta, una delle cose principali a cui dedicare il nostro futuro. Bisogna partire dalle piccole cose: per esempio, io ho un cane e quando esco la prima cosa che faccio è raccogliere le sue deiezioni. Ma anziché un sacchetto devo usarne tre o quattro, perché mi trovo a raccogliere anche quelle degli incivili che mi hanno preceduto. Ripeto, sono piccole cose, ma è da lì che si deve iniziare».

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