Un film su Lussu aggredito dai fascisti
di Maria Grazia Marilotti
L’episodio del 31 ottobre 1926 rivive nell’opera di esordio di Gianluca Medas
17 gennaio 2021
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CAGLIARI . «Questo pomeriggio a Bologna hanno tentato di uccidere Mussolini. Stanotte nessun antifascista è al sicuro. Soprattutto Lussu». E’ una frase chiave della sceneggiatura di “Emilio Lussu, il processo”, il film che segna l’esordio alla regia di Gianluca Medas e il cui ultimo ciak è fissato per febbraio a Cagliari.
Ricostruisce i fatti del 31 ottobre del 1926: l’aggressione subita dal grande politico e intellettuale sardo, finita tragicamente con la morte di un fascista, arrampicatosi fino al balcone della casa di Lussu, in piazza Martiri a Cagliari, e colpito incidentalmente da una pallottola di rimbalzo.
Lussu fu subito arrestato e poi rinviato a giudizio per "eccesso di legittima difesa". Andati a vuoto i tentativi di spostare il processo a Chieti, in Sardegna tre giudici rispettosi del diritto, tra il 22 e il 23 ottobre del 1927 si riunirono in camera di consiglio e nonostante le forti pressioni da parte degli alti quadri del regime decisero per la piena assoluzione. "Ho voluto mettere in evidenza - spiega il regista - il tormento di chi deve prendere decisioni senza mai perdere d’occhio la neutralità del diritto". Il film ha dato origine a una serie di singolari coincidenze. La coraggiosa sentenza di assoluzione firmata dal presidente della Corte Arcangelo Marras con i due giudici a latere Decio Lobina e Antonio Giuseppe Manca Casu appartiene, oltre che alla storia, alle memorie familiari.
La notizia del film infatti ha risvegliato i ricordi di Maria Giuliana e Claudia De Nadai, nipoti del giudice Decio Lobina. Maria Giuliana, 92 anni, cagliaritana residente a Roma, figlia di Carolina, primogenita di Lobina, morto nel ’54, e della prima moglie Adalgisa, prematuramente scomparsa, ha conosciuto suo nonno. Claudia invece, classe 1963, dirigente dell’Università di Genova, dove vive, è figlia di Concetta, primogenita di Lobina e della seconda moglie Andreina.
Contemporaneamente ma all’insaputa l’una dell’altra, le due nipoti, emozionate e incuriosite dall’idea di un film sul loro nonno, hanno voluto conoscere il regista. «Sono felice per questo film perché c’è da andare fieri di mio nonno, ha scelto la via più rischiosa ma più giusta: la verità. La sua – racconta Maria – è stata una scelta etica, dettata dal suo rigore morale. Io sono nata un anno dopo, ero piccola, ma mia madre mi raccontava del clima che si respirava in famiglia, di quando lo convocarono per strappare davanti a lui l’attesa lettera di nomina a giudice di Cassazione».
Ricostruisce i fatti del 31 ottobre del 1926: l’aggressione subita dal grande politico e intellettuale sardo, finita tragicamente con la morte di un fascista, arrampicatosi fino al balcone della casa di Lussu, in piazza Martiri a Cagliari, e colpito incidentalmente da una pallottola di rimbalzo.
Lussu fu subito arrestato e poi rinviato a giudizio per "eccesso di legittima difesa". Andati a vuoto i tentativi di spostare il processo a Chieti, in Sardegna tre giudici rispettosi del diritto, tra il 22 e il 23 ottobre del 1927 si riunirono in camera di consiglio e nonostante le forti pressioni da parte degli alti quadri del regime decisero per la piena assoluzione. "Ho voluto mettere in evidenza - spiega il regista - il tormento di chi deve prendere decisioni senza mai perdere d’occhio la neutralità del diritto". Il film ha dato origine a una serie di singolari coincidenze. La coraggiosa sentenza di assoluzione firmata dal presidente della Corte Arcangelo Marras con i due giudici a latere Decio Lobina e Antonio Giuseppe Manca Casu appartiene, oltre che alla storia, alle memorie familiari.
La notizia del film infatti ha risvegliato i ricordi di Maria Giuliana e Claudia De Nadai, nipoti del giudice Decio Lobina. Maria Giuliana, 92 anni, cagliaritana residente a Roma, figlia di Carolina, primogenita di Lobina, morto nel ’54, e della prima moglie Adalgisa, prematuramente scomparsa, ha conosciuto suo nonno. Claudia invece, classe 1963, dirigente dell’Università di Genova, dove vive, è figlia di Concetta, primogenita di Lobina e della seconda moglie Andreina.
Contemporaneamente ma all’insaputa l’una dell’altra, le due nipoti, emozionate e incuriosite dall’idea di un film sul loro nonno, hanno voluto conoscere il regista. «Sono felice per questo film perché c’è da andare fieri di mio nonno, ha scelto la via più rischiosa ma più giusta: la verità. La sua – racconta Maria – è stata una scelta etica, dettata dal suo rigore morale. Io sono nata un anno dopo, ero piccola, ma mia madre mi raccontava del clima che si respirava in famiglia, di quando lo convocarono per strappare davanti a lui l’attesa lettera di nomina a giudice di Cassazione».