La Nuova Sardegna

Zia Ciccitta e Sanremo: il mondo del clown nuragico Benito Urgu

di Mario Frongia
Zia Ciccitta e Sanremo: il mondo del clown nuragico Benito Urgu

L’amicizia con Chiambretti e le storie di 60 anni di carriera. L’asso della sardità comica racconta incontri e progetti

15 febbraio 2021
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ORISTANO. «Piero Chiambretti? Artista straordinario. Un clown perfetto: triste dentro, allegro fuori. Quando ci sentiamo glielo ricordo spesso». Benito Urgu, sentimenti e pensieri in ordine sparso. Tra pandemia e l’amico di Torino con cui ha diviso dieci anni di intensa carriera.

«Con Piero l’amicizia e la stima è forte. L’anno scorso ho vissuto con lui la tragedia della madre, la signora Felicita, persona splendida e critico televisivo incredibile. Per Piero è stata una mamma speciale, l’ha cresciuto a caffelatte e tv. Con questa signora d’acciaio, sconfitta solo dal Covid, è diventato artista, pieno e sintetico». Benito si gode la sua piccola grande fazenda nell’Oristanese. Ma anche per un fenomenale gigante del palco qual è, il lutto che ha colpito il collega è duro da scordare. Pausa. Ottantadue anni, seicento canzoni e sessant’anni di carriera, tra musica, tv e teatro, l’asso della sardità, di luoghi e vezzi di una terra orgogliosa e sempre in cerca di riscatti e rivincite, racconta e annoda. Emozioni e comicità, tra intuito e tanta gavetta. Dal circo a sagre, balere, emittenti locali, palcoscenici e reti nazionali. Senza strumentalizzazioni, né comodi luoghi comuni. Con un voluto accento prenuragico, storielle strappalacrime, personaggi e cartoline indimenticabili. Benito Urgu parla al telefono e segue due pentoloni con l’acqua che bolle: «Preparo il tè alla menta, le erbe sono del mio orto. Lo zucchero non ancora». Si riparte da Chiambretti: «Lo ringrazio, ha detto alla Nuova che io e il presidente Cossiga siamo totem della Sardegna. Ho trovato in lui un artista che non ha mai pianto prima di entrare e uscire dalla scena. Piero ride sugli errori altrui. Inoltre, ha una preparazione mostruosa: se intervisti capi di Stato, big della politica, star dello sport e del cinema, devi essere perfetto. Quando mi ha parlato del boom di Tiki-Taka gli ho detto che non sa ridere con il cuore».

Ci sarà stata un’eccezione?

«Sì, più d’una. Al “Chiambretti night”, dove ricordo una cantante bellissima di Silì, Vhelade Bale Mura. Piero in quella trasmissione si è divertito. Ed è un grande quando intervista. Mi ricorda Larry King, devo ancora dirglielo».

Quando vi siete conosciuti?

«A Napoli. Era con Tatti Sanguinetti che mi aveva chiamato per un suo film. Interpretavo il brano “C’è da spostare una pecora”. Ma Tatti i film non riusciva mai a venderli. Mi chiese quanto mi dovesse, declinai. Dopo un mese mi ha chiamato per “Prove tecniche di trasmissione” condotta da Piero. Da lì è nato tutto».

Un’intesa proficua?

«Abbiamo riso tanto, ci siamo divertiti. Magari lo rifaremo. Ero inviato per il calcio sardo. Da Orgosolo e altri paesini, facevo la cronaca. Davo le formazioni: Urru, Collu, Torru, Murru, Cossu, Peru, Ferru, Trois, Frau, Curreli, Porru. Dicevo dei giocatori nel riscaldamento a bordo campo: arrostendi proceddu a fogu allutto».

Benito, chi la fa ridere?

«C’è poco da ridere, adesso devo filtrare il tèmenta. Battute a parte penso al primo Totò. Vengo da quella vena, Maccario, Renato Rascel, Alberto Sordi, Massimo Troisi. Ma ruberei una smorfia a Gigi Proietti e Robert Mitchum».

Altissimo livello. In tv chi era il trascinatore?

«Walter Chiari. L’ho conosciuto a Cagliari per lo spettacolo di Liza Minnelli. E non scordo Roberto Benigni. Ma nella sua immensa bravura e un’arte raffinata, non riesce a far scaturire la risata popolare. Il contrario di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Eppure, hanno fatto cose magistrali, ad esempio, interpretando Totò. Crozza, invece, ha una magia non misurabile, talmente bella che stordisce».

Dei sardi chi promuove?

«Jacopo Cullin. Studia per diventare un grande attore, può arrivare a Hollywood. Alessandro Pili funziona con Il sindaco di Scraffingiu. Ma senza Massimiliano Medda e i suoi soffre: i Lapola in Sardegna sono un’istituzione».

Benito, come va sui social?

«Come un treno: su facebook faccio uno spettacolo al giorno. Parlo, chiedono e rispondo, ho decine di milioni di follower. Un nuovo mondo, a un metro dallo spettatore come mai prima d’ora. Ho anche lanciato i miei ultimi bravi "Mulata va in bici" e "CanzonCina con Io ce Lai". Mando i brani ai Caraibi, mettono basi reggaeton e poi aggiungo il resto. Un mondo nuovo che funziona».

Sanremo, come la vede?

«Come oggi uno stadio di calcio: un evento vuoto. Avrei fatto presentare da tutti la canzone in gara con un video. I cantanti devono cantare senza fare altro».

Tonteddu, Cicitta è facendo salsiccia, Signora Desolina, Mattagà, Latte e cozze, Bambinoinculla e il Maresciallo Serpis che fine hanno fatto?

«Spero siano rimasti nella memoria della mia gente».

Ha una gag di quei tempi?

«Sì, quella di Nando Cirina, il Signor Fiacca, un grande pagliaccio del circo Armando. Tempi duri, in tour nell’isola si faceva la fame e i bisogni dove capitava. Lui comprava il giornale, si chiudeva nel camerino, faceva quel che doveva fare, involgeva bene e legava con il fiocco. Poi, faceva finta di dimenticarlo in piazzetta. E osservava a distanza. Ci diceva di aver visto della gente che si è picchiata per prendere un fagottino di cacca».


 

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