La Nuova Sardegna

LA MOSTRA 

Del Casino e Gramsci Pittura indomita per un rivoluzionario

Paolo Merlini
Del Casino e Gramsci Pittura indomita per un rivoluzionario

Alla galleria MancaSpazio a Nuoro una mostra di Francesco Del Casino omaggia Antonio Gramsci

21 febbraio 2021
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È un Gramsci ritratto in infinite sfumature, ma mai pop o stereotipato, quello che ci offre Francesco Del Casino, il padre del muralismo di Orgosolo, nella mostra appena inaugurata a Nuoro, nella galleria MancaSpazio. Cento disegni, venti tele, tre ceramiche e cinque maquette di cartone per raccontare “Quello lì”, questo il titolo scelto dalla curatrice Chiara Manca per l’omaggio al pittore senese ma sardo di adozione, 77 anni portati con lo spirito e l’energia di un ragazzo, e alla figura di uno dei maggiori pensatori del Novecento, di cui quest’anno ricorre il 130esimo anniversario della nascita insieme con il centenario della fondazione del Partito comunista italiano che lo vide protagonista.

Affinità spirituale

Del Casino ha cominciato ad occuparsi della figura di Gramsci, e a lavorare a una ricerca artistica attorno al suo volto emblematico, da cinque, sei anni a questa parte. Lo ha fatto per affinità spirituale e politica, ma probabilmente anche per esaltare le caratteristiche di quel viso dallo sguardo intenso e dai folti capelli arruffati che ci restituiscono le poche foto giovanili arrivate sino a noi, se non la stessa foto segnaletica di quando il fascismo lo imprigionò. Con quali risultati, lo spiega bene lo storico dell’arte Tomaso Montanari, nel testo che ha scritto per la mostra di MancaSpazio: «Eppure, il nostro amore (per Gramsci) potrebbe essere solo astratto: ideologico, politico, spirituale. Distante, freddo: ignaro dei corpi. Un amore importante, certo, e vitale: ma quanto diverso da quel calore fisico, da quel desiderio di abbracci di cui Gramsci parla, con ogni evidenza, in quella lettera (alla moglie). Ed è esattamente qui che agisce l’opera di Francesco Del Casino. Che non ci parla delle idee di Gramsci: no, ci parla della sua grande testa, della sua meravigliosa capigliatura ribelle». Per chiarire il concetto, Montanari cita le parole di un altro grande antifascista, Piero Gobetti: «Antonio Gramsci ha la testa di un rivoluzionario – scrive nel 1924 – il suo ritratto sembra costruito dalla sua volontà, tagliato rudemente e fatalmente per una necessità, che dovette essere accettata senza discussione: il cervello ha soverchiato il corpo».

Tutte le anime

Quanto alla presunta ossessione, o la reiterazione del reato per dirla in termini giuridici, da parte di Del Casino verso il volto di Gramsci, Chiara Manca, nel testo che accompagna il catalogo, ha l’impressione che «la reiterata riproduzione dei medesimi soggetti (il ritratto di Gramsci da solo o con la famiglia intorno), con cambi di postura appena percettibili e colori sempre diversi, sia una sorta di ex voto, una terapia, un esercizio di concentrazione, una creatività controllata che si modella fra le mani dell’artista». Qualcosa di ben diverso dal citazionismo social imperante, come sottolinea ancora Manca, con l’utilizzo prêt-à-porter delle frasi più note di Gramsci (una per tutte: “Odio gli indifferenti”), riproposte in ogni occasione utile – quelle sì, in modo seriale – spesso nella scarsa conoscenza del pensiero complesso di Gramsci, talmente complesso che ancora non si trova una definizione che metta insieme tutte le sue anime: giornalista, politico, filosofo, politologo, critico letterario, ma anche antropologo, etnologo, linguista.


Leggerezza giocosa

Francesco Del Casino affronta il mito con un misto di leggerezza e giocosità, lontano dalla solennità cupa delle celebrazioni veterocomuniste, ormai pop anch’esse, e con il suo stile personale (che ha metabolizzato le influenze picassiane sin troppo citate) ci restituisce in pieno l’animo del ragazzo del Guilcer, il giovane sognatore disposto a sfidare dalla Sardegna più interna il “mondo grande e terribile”. Non è la prima volta in realtà che il pittore senese-sardo si accosta a Gramsci. Basta fare un rapido giro tra i murales di Orgosolo per constatare che il martire antifascista compare sulle facciate delle case da decenni, ed è uno dei personaggio storici della sinistra più raffigurati.

Parte del paesaggio

Quei murales, ormai parte integrante del paesaggio urbano di Orgosolo, che fanno dire ad Antonello Cuccu (che firma un altro testo del catalogo della mostra, un altro ancora è di Franca Zoccoli) che «Francesco Del Casino, come avrebbe detto Giulio Carlo Argan, è riuscito a fare sì che gli orgolesi guardassero all’opera murale con l’occhio del comproprietario». A riprova di ciò, giova sottolineare che nel fenomeno purtroppo ancora attuale del vandalismo da strada di Orgosolo (che porta ogni anno l’amministrazione comunale a stanziare una cospicua somma per nuovi lampioni e videosorveglianza e ogni genere di bene pubblico), mai un murale è stato danneggiato.

Paese dei murales

E se quello che un tempo, nelle definizioni sin troppo sommarie, era il paese dei banditi, oggi è il paese dei murales, cioè dell’arte, un grande merito l’ha Francesco Del Casino. Quel giovane senese della contrada dell’Oca, arrivato per caso a Orgosolo a vent’anni, fresco di studi all’istituto d’arte, cattolico militante, che si mise in testa di insegnare l’arte ai propri studenti facendoli dipingere sui muri del paese, e poi di fare l’art director, per così dire, del movimento che nel 69 diede vita alla rivolta di Pratobello contro le servitù militari. E che per questo venne trasferito per ritorsione alle scuole di Tertenia (in Sardegna c’era già, del resto) dove rimase per cinque anni. Un confino del quale non si è lamentato, anche perché lo accompagnò la moglie Francesca, dolce e indomita orgolese, e in Ogliastra è nato il loro figlio Andrea. Poi c’è stato il rientro a Siena, l’impegno volontario nelle cooperative sociali, la pittura (nel 2003 ha dipinto il drappellone per il Palio di Siena, un onore riservato ai grandi artisti), la scultura e la ceramica. Senza dimenticare i murales, dove tutto è cominciato e tutto continuerà per molti anni ancora.


 

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