La Nuova Sardegna

“Tutto da vivere” I sentieri dell’amore per Elvira Serra

“Tutto da vivere” I sentieri dell’amore per Elvira Serra

L’ultimo libro dell’autrice e giornalista nuorese Storie e sentimenti privati in cui ci si può riconoscere

15 aprile 2021
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Si presenta con Inoue Yasushi, scrittore giapponese che raccontava giochi amorosi tra un uomo e tre donne di cinquecento anni fa, perché la storia è cronaca e viceversa. Col nuovo libro da oggi nelle principali librerie (“Tutto da vivere”, Solferino, pagine 220, euro 16,50), Elvira Serra, da giornalista scrupolosa qual è, ci porta nell’attualità 2021 degli affetti tra Covid e lockdown, entra nelle vite dei suoi protagonisti, psicologa che decodifica la risonanza magnetica dei sentimenti. Taluni veri e intensi, altri calcolati e fuggitivi. Con Yasushi, la scrittrice nuorese, firma apprezzata del Corriere della Sera, si domanda: «Esiste, in questo mondo, una donna che possa dire davanti a Dio: “Io non ho amato”? Sì, sono sicura che esiste». Ogni uomo, ogni donna ha amato e ama a modo suo. Con amori – che in questo romanzo – sono corrisposti e no. Amori non eterni, piuttosto a tempo determinato. Ma c'è amore anche senza corrispondenza. Si ama comunque: se c’è il feeling evviva, ma anche diversamente l’amore non si cancella. Da una parte si gode, dall’altra ci si tormenta, ci “si strugge”. Vicende, passioni, illusioni e delusioni che si snodano attorno alla parola amore, la più pronunciata al mondo, tra giorni luminosi e bui. Amori prima gioiosi poi dolorosi. Si parte da una panchina sotto un platano, poi l’eros si palesa con tutte le sue sfaccettature tra carnalità e sacralità, il narcisismo maschile (che ormai sta assurgendo a tema obbligato nella saggistica di questi tempi), gli egoismi perché «siamo tutti presi dalle nostre vite».

Trovate anche Giuseppe Pinelli con quel fattaccio in Questura a Milano dopo la strage di piazza Fontana. È una sorta di epopea di cuori con narrazioni da “curiosità ipnotica” e dialoghi, paesaggi fluviali e scorci di città, necropoli di ieri e parchi di oggi, corsie di ospedali, faide eterne tra suocera onnipresente e nuora fragile, un bambino da tenere “per mezz’ora”, pecore di pezza e anche un braccialetto regalato a ottomila metri di quota. Molte donne, decise e sensibili, c’è anche chi si ritrova fra le pareti di una sala di rianimazione. Da Anna ad Agnese, da Lorenza a mamma Simonetta, ci sono Bice e Luciana, ci sono – eccome – Enrico e Carlo, uomini di successo, inaffidabili, forse impostori, attorno ai quali non mancano corteggiatrici più che interessate e senza scrupoli. Si assiste a uno scandagliare profondo, ma composto, nelle labirintiche ramificazioni dell’affettività, negli a tu per tu spontanei o calcolati, nelle frasi sussurrate, camminare abbracciati nel lungolago di Lugano, nella programmazione di un viaggio a Mosca per cercare di cementare un affetto, ma “Mosca può attendere”.

E giù silenzi e sfuriate, cene a lume di candela prima di lunghe notti con estasi sessuali. Vale per le coppie che pronunciano un sì genuflesso davanti a un altare o in piedi di fronte a una fascia tricolore ma anche per chi di legami, ufficializzazioni, crismi sacri o profani proprio non ne vuol sapere. La fedeltà – per qualcuno – passa in secondo piano. C’è una lei che “vuole sempre strafare”. Non solo, “vuole vincere a tutti i costi”.

Così succede che nulla – poiché “tutto è da vivere”, viene nascosto o trascurato. C’è l’innamorata impenitente che calcola i mutismi e sfoglia il suo vocabolario dell’ars amatoria davanti a un innamorato “esperto illusionista”. E vi aspettate, da un istante all’altro, la descrizione di una scena da Ultimo tango a Parigi oppure immagini da Pretty Woman con Richard Gere e Julia Roberts. Ma l’autrice è elegante, raffinata e solare non solo nella scrittura, ama e rispetta i suoi personaggi, li tratteggia a tutto tondo, ce li presenta, li protegge da morbosità, è tenera con la sua Anna, anche se nei trentasei episodi imperversa – eccome – “la sindrome del maschio alfa”. Sembra di vedere un regista alla Claude Lelouch trasferire sullo schermo questi personaggi, queste interni di coppia griffati Elvira Serra. Più che nei tormenti de “L’altra” (fortunato romanzo d’esordio super-richiesto nei principali festival letterari nazionali), più che nella luminosità di “Le stelle di Capo Gelsomino” l’autrice diventa analista della quotidianità anche nei tempi che vengono scanditi nel libro. Traccia sofferte biografie interiori con una intensità che esplode nella parte finale. E nella parte finale il lettore stringe il libro a sé, immagina e ha paure, vive e soffre con Anna, con Agnese, con Luciana. Perché – come in altri romanzi oggi di successo, con espliciti riferimenti agli amori nei giorni del Coronavirus, con una pandemia che sta costringendo il privato a essere sempre più rinchiuso in se stesso – l’intimità sta uscendo dai binari del personale e sta diventando sempre più pubblica.

Ma perché oggi, più di prima, si sente il bisogno di raccontare il privato? Dalla sua casa milanese, dove lavora in smart working per il più diffuso quotidiano italiano, Elvira Serra ammette: «Il privato, in ambito letterario, diventa universale quando chi legge si riconosce, altrimenti è pettegolezzo, gossip o narcisismo. C’è, per certo, un nuovo linguaggio veicolato dai social: ma quel linguaggio non è letteratura, a mio avviso; è un modo, forse, per non sentirsi soli». «Esiste – aggiunge – “anche” maschio alfa, che ho scelto di raccontare perché una delle mie protagoniste se ne innamora. Non la giudico, per questo. La guardo abbandonarsi ai suoi sentimenti, spinta dall’amore. L’amore è sempre il motore». Dalle stelle di Capo Gelsomino, agli scali negli aeroporti, Lombardia, Puglia e la Sardegna dove “tutto è da vivere”. «L’elemento delle radici per me è molto importante: una persona non sa chi è se non sa da dove viene. Nei miei romanzi cerco di non dimenticare chi sono e da dove arrivo. E penso che questo senso di appartenenza sia comune a tanti altri che hanno lasciato i luoghi dove sono nati e cresciuti, tenendoli vivi non solo nel cuore».

(giacomo mameli)

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