La Nuova Sardegna

I big del design internazionale al lavoro coi maestri artigiani sardi

Luca Urgu
I big del design internazionale al lavoro coi maestri artigiani sardi

Entra nel vivo la collaborazione fra Triennale di Milano e Fondazione di Sardegna  A Bitti e a Samugheo si punta su due settori tradizionali: la ceramica e i tappeti

22 aprile 2021
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Tra moglie e marito aggiungi la sorella di lui. Se va male sono dolori ma se il trait d’union funziona il connubio – questa volta familiare, artistico e professionale – è di quelli solidi. Tanto che dura da 25 anni. A Bitti Simonetta Marongiu (originaria di Terralba) insieme ai due fratelli Carzedda, Robert (suo marito) e Giulia (sua cognata) dal 1996 sono una parola sola, Terrapintada. L'ultima sfida in pieno svolgimento proprio in occasione delle nozze d'argento riguarda un progetto sperimentale di eccellenza voluto da Fondazione Sardegna e la Triennale di Milano che ha coinvolto l’impresa barbaricina in un connubio tra mestieri artigiani e design. Per questa prima fase sono stati selezionati due comparti, Terrapintada per il settore della ceramica e un’azienda di Samugheo per il tessile. Due designer faranno le residenza nelle botteghe dove verranno create ex novo dei prodotti – oggetti.

«Per noi è una grande opportunità e una bella soddisfazione. Lo sguardo esterno che arriva in bottega può dare davvero molto, sicuramente un nuovo imput e rinnovata sensibilità», dicono i tre di Terrapintada dal loro quartier generale di via Brigata Sassari. Lo step finale del percorso che nei prossimi giorni porterà a Bitti il designer Daniele Bortotto (conoscenza già fatta durante una serie di fitti incontri online) sfocerà nella creazione di una collezione di oggetti che verranno presentati in due luoghi simbolo di arte e della progettazione: a Venezia in occasione di Homo Faber e poi in un grande evento a Milano alla Triennale, l’istituzione italiana dedicata al design, all'architettura e alla cultura contemporanea.

«Quest’anno compiamo i nostri primi venticinque anni. Mi sembra un bel modo di festeggiare, quello che per degli artigiani, nati e cresciuti in un piccolo paese della Barbagia, senza tra l’altro una tradizione nella lavorazione della ceramica”, dice Robert Carzedda. L’impresa artigiana nasce per far rivivere la materia attingendo dalla tradizione sarda, ma senza farsi ingabbiare da schemi rigidi e opprimenti. Nel paese dei tanti Giorgio (santo patrono), Bachisio, Mialinu (Michelangelo) il suo è un nome kennedyano, che i suoi gli diedero in onore al leader statunitense ucciso tre giorni prima della sua nascita. Una famiglia talmente aperta al confronto, che quando dopo di lui arrivò un altro figlio venne chiamato Ivan, con un chiaro riferimento ai nomi più diffusi nell’altra superpotenza mondiale.

Tornando alla ceramica e al grande open space dove un tempo c’era un mulino lo start up avvenne grazie a dei fondi europei ben spesi. “La nostra è una formazione scolastica, questo approccio ci ha aiutato a non rimanere intrappolati negli schemi della tradizione, che rimane comunque il riferimento per i nostri lavori anche se poi andiamo oltre. Tutti e tre abbiamo fatto l’istituto d’arte che ci ha fornito le basi e le competenze poi – passo dopo passo – il nostro linguaggio segue il linguaggio contemporaneo, oggetti con linee essenziali, monocrome, assenza di decorazioni, colori caldi. La bottega è un’esplosioni di colori ed oggetti, esposizione e macchinari che li partoriscono vivono in prossimità prima di venire adottati in qualche showroom o approdare in alberghi o abitazioni di diverse latitudini. Ci sono piccole gonne di signore che agitandole suonano una campanella, vassoi, animali, sedie, quadri luminosi, mattoni dalla particolare geometria (come quelli utilizzati dall’architetto di Sedilo Roberto Virdis per un lavoro pubblico a Villanovaforru) e la grande installazione dedicata ai teneros in paese. Insomma, in venticinque anni Terrapintada ha messo su un catalogo molto ampio frutto delle ispirazioni e del vento creativo soffiato in questi cinque lustri. Raffiche e brezze che si alternano come le stagioni della vita. «Ci sono giornate in cui può capitare che apparentemente non facciamo niente, però magari anche solo da una conversazione con la persona meno inaspettata nasce qualcosa. Un’idea e poi tutto il percorso». La loro bottega dalle ampie vetrate, dove chi è all’esterno può vedere dentro e viceversa, è un po’ l’emblema di un loro lavoro e di una filosofia “trasparente”. «Ci permette di creare anche punti di vista particolari e di instaurare un rapporto molto bello con noi con chi viene a visitarci. E’ uno spazio aperto al confronto e spesso le cose migliori nascono da questo scambio – dice Simonetta -. Per noi è fondamentale poi essere qui, al centro del paese, la quotidianità ci nutre». Giulia, Robert e Simonetta hanno ruoli interscambiabili ma anche alcune specializzazioni. Robert per esempio lavora al tornio, sua moglie Simonetta è particolarmente abile nella ritornitura e rifinitura dell’oggetto, mentre Giulia che si è dedicata all’arte dopo aver messo in tasca anche una laurea in Scienze politiche a Genova, è la smaltatrice ma non solo: «All’inizio il ritorno in paese mi ha un po’ pesato, oggi sono contenta di questa scelta», confida. I tre artigiani della ceramica per ogni stagione offrono un dono a chi varca le porte della bottega. Una carezza al paese e ai clienti con pezzi numerati, uno per ogni giorno dell’anno. E se in effetti il 2020 con il Covid e l’alluvione non ha reso le cose facili, da queste parti non esiste la parola resa: le difficoltà temprano e forgiano. Un po’ come le ceramiche che escono dai forni di Terrapintada.

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