La Nuova Sardegna

Il teatro sardo tra ottimismo e speranza

di Mario Frongia
Il teatro sardo tra ottimismo e speranza

Le opinioni di alcuni operatori dello spettacolo. Pronti alla ripartenza aspettando la zona gialla per battere il Covid

10 maggio 2021
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Un immenso dramma artistico, economico, umano. Teatro e danza, senza pubblico, confronto, sfida. Opere mortificate e ferite da quella che Mario Lubino, presidente della compagnia Teatro Sassari, chiama «la peste del terzo millennio». Ma adesso il mondo isolano del palcoscenico si muove per farsi trovare pronto per la ripartenza. I dubbi? Tanti. «Speriamo di poter riaprire e inaugurare il Nuovo cineteatro Astra di via Cossiga. Dipende da pandemia e municipalità. Noi – dice Lubino – siamo affidatari della struttura e la gestiamo con La botte e il cilindro. Se ridiventiamo zona gialla, ci siamo».

L’esperienza di Madrid

Le incertezze sfiancano il comparto. «Abbiamo fatto prove e produzioni. Verranno fuori spettacoli di alto profilo, gli attori vogliono recitare. Invidio molto Madrid dove – rimarca Lelio Lecis, direttore artistico e regista della compagnia Akroama – hanno tenuto aperto con dati epidemiologici pari ai nostri». Una crisi epocale, tra chiusure e risposte diverse. «Le ricerche dicono che i contagi a teatro, tra mascherine, pubblico a distanza e muto, sono vicini allo zero. Serve responsabilità. Ma in Sardegna malati, terapie intensive e normali sono in calo, eppure siamo ancora gialli». Con addetti e indotto che annaspano. «Sarti, elettricisti, falegnami, tipografi, pizzerie, costumisti, alberghi, piccole imprese: il teatro crea un grande giro economico. Chissà – chiosa Lecis – se e quando recupereremo».

L’arte come lavoro

Redditi e aspettative sfumate in attesa della normalità. Elio Turno Arthemalle la legge così: «Sono in pista dal 1986. Fino al 2019 ci consideravano saltimbanco. Lavoravamo 16 ore al giorno per 60 euro e urlavamo che la politica non ci vedeva e ci sfruttava. Poi, con il lockdown tutti a sperare che tutto torni come prima. Io no: il passato è stato insostenibile. In Sardegna non si può campare di serate e spettacoli in piazza, lo dice solo Fabio Fazio e accade nei grandi teatri dove lavori sei mesi di fila. La maggior parte di noi vive facendo altro. Io non riuscivo a fare a meno del teatro ma campavo di laboratori, lezioni, seminari». Esistenze parallele. Tra sudore, talento e sopravvivenza. «La riapertura dei teatri? Mi interessa se si investono i soldi per portare più gente nelle sale. Servono strategie e proposte». Attore, autore e conduttore a Radio Press, applaudito, tra le tante, per l’opera “Voglio farvi piangere”, Arthemalle precisa: «Vorrei una politica culturale seria, con le opere teatrali nella vita quotidiana. Il futuro? Con la compagnia Teatro impossibile ho pensato che la comunicazione da remoto resterà anche quando saremo tutti sani. Gli spettacoli a distanza sono avvilenti, più videocitofoni che strumenti artistici. Adesso, ascolterei gli studenti. E chiamerei “Arresti domiciliari” l’opera su questi due anni». Lelio Lecis annota: «I nostri attori e i dipendenti sono stati abbastanza garantiti. Ma altre categorie escono rovinate dal lockdown. La ripartenza? A giugno siamo in scena alle Saline con “Il marinaio” di Pessoa”. Da sud a nord. Se tutto fila liscio, la compagnia Teatro Sassari presenta “La turrada di lu poetu” di Cosimo Filigheddu su Salvatore Ruju. «A seguire “La turrada di lu maridu” sempre di Filigheddu. In autunno – dice Mario Lubino – faremo la riduzione de “L’edera” di Grazia Deledda scritta da Giancarlo Tusceri. L’auspicio? Soffre tanta gente, i sussidi sono arrivati ma sono mancati incassi e contributi dei comuni. Sarebbe bello se per iniziare riaprissimo con metà capienza». Dal teatro alla danza. Livia Lepri, direttrice e coreografa della compagnia Estemporada, amplia il quadro. «Siamo stati in cassa integrazione, abbiamo supportato danzatori e collaboratori. Ma è dura avere idee e stimoli, il sistema di vita è cambiato, tra lunghe prove in sala, paura di riaprire e richiudere. Mi piacerebbe sentire presto l’applauso del pubblico».

I palchi della danza

Causa Covid la compagnia nel 2020 ha chiuso le danze a Salerno e a Sassari: «Ai primi di settembre in piazza Moretti, con 60 spettatori distanziati, abbiamo presentato “Riflessi”. Pandemia, crisi, orgoglio e sofferenze: matrice buona per una trama di successo e dolore. Gli operatori hanno una certezza: per superare il Covid non basterà lo “sbigliettamento» ma occorrerà offrire accoglienza. Livia Lepri concorda. E annuncia: «Ripartiremo con Primavera a teatro a Sennori. E il 4 luglio faremo la prima nazionale di “Humanesses”. Il tema? Attuale, su anziani e giovani che passeggiano con le mani dietro la schiena e criticano quel che è successo».



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