La Nuova Sardegna

Un’adolescente uccisa Giorgio Todde indaga sui misteri di Cagliari

di Paolo Farris
Un’adolescente uccisa Giorgio Todde indaga sui misteri di Cagliari

Domani in edicola per la collana “Maestri sardi del giallo” il libro sulle indagini dell’imbalsamatore Efisio Marini

17 giugno 2021
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Per la quarta uscita della collana “Maestri sardi del giallo” sarà in edicola da domani con La Nuova Sardegna “Il mantello del fuggitivo” di Giorgio Todde (a 7,50 euro più il prezzo del quotidiano), ultima opera dello scrittore cagliaritano pubblicata prima della sua scomparsa, avvenuta poco meno di un anno fa.

Il lettore si troverà immerso in un romanzo pieno di misteri. C’è, per iniziare, il mistero che riguarda l’identità dell’assassino della tredicenne Marcellina, figlia (di sangue? O, per così dire, di fatto?) di un uomo, il non poco misterioso Cavalier Argante Solera, che dal suo battello sul molo muove tutto ciò che vuole senza però mai o quasi muoversi lui, e che «conserva all’equilibrio la comunità e i congegni grandi e microscopici che la compongono». E c’è il mistero su chi e perché, armato di una fredda lama che gli ha inciso la gola, abbia ucciso l’avvocato Ernani Massente: «anziché un grido gli esce un soffio rauco e capisce che non c’è rimedio (…) Un unico colpo meditato. Una mano intelligente che con un solo taglio gli ha tolto la voce prima della vita».

E c’è il mistero – e questo è davvero un bel mistero – rappresentato dalla moglie e poi vedova di Ernani, Alcina: «Appena venuta al mondo il padre l’aveva guardata e amata con tutte le forze. La madre aveva capito da quello sguardo che il marito era perduto e quando Alcina aveva allargato un braccio in un rudimentale gesto del mantello lei aveva sentito il dolore più forte della sua vita. Al compimento del primo anno il padre l’aveva vestita da Colombina e il gesto magico era diventato chiaro. Lei lo aveva reso malizioso, sempre più malizioso, sino al diciottesimo anno quando, davanti al padre morto, era diventato un gesto onnipotente. Un mese dopo era morta per crepacuore anche la mamma». Nessuno può resistere alla fattura che si spande dal movimento di Alcina: neanche Efisio Marini. Neanche lui, il grande protagonista del libro (oltre che dei cinque precedenti romanzi della serie a lui dedicata da Todde tra il 2003 e il 2019), il medico e scienziato realmente vissuto nel Diciottesimo secolo che destò stupore per le pietrificazioni con cui rendeva eterni i cadaveri.

È a tal punto stregato, Efisio, a tal punto avvolto dalle spire del mantello di Alcina che, dopo alcune settimane di passione travolgente con la donna, decide di lasciare la sua casa di via Summonte a Napoli e far ritorno nella natia Sardegna. Un lungo abbraccio a Rosa, la figlia alchimista, e un tentativo di saluto a Carmina, la moglie che da otto anni guarda verso una parete bianca per evitare di guardare lui, e poi via, due giorni e due notti di viaggio, finché non gli appare dinanzi Cagliari: «e da questo momento il cielo perfetto presiede ai suoi sentimenti, ai ricordi, alle azioni». Forse si può guarire solo nel letto dove si è nati, riflette Efisio, ecco perché è partito. Non fosse che lo macera un dubbio: «la distanza è la medicina oppure la malattia»?

L’ultimo e più grande mistero de “Il mantello del fuggitivo” è la prosa, immaginifica e meravigliosa, di Giorgio Todde. Un solo esempio basterà a far capire cosa si intende: «Diomede Setzu è cresciuto intorno al proprio naso e nel quartiere dicono che la levatrice lo ha afferrato per la parte apparsa per prima, il naso, appunto, poi lo ha tirato e tirato sino a che è uscito tutto Diomede. Da allora questo naso si è esteso e ha iniziato una vita autonoma di curiosità e saggezza, con molto studio. Un’intelligenza sorgiva che attira tutti perché, pensa Efisio, viene da passati lontani, quando i mercanti coraggiosi portavano la porpora in città. Il naso, dice Diomede, ha radici profondissime e capisce tutto del corpo che lo rispetta come centro. Tutto è nel naso, sentimenti, intuizioni, desideri e sogni».

È all’interno di questo stile, elusivo ed evocativo insieme, che si gioca la vera indagine del romanzo, una sorta di speculazione filosofica perfettamente inserita negli avvenimenti del racconto: le cose accadono da sé perché devono accadere rendendo inutile ogni azione umana, come sostiene Argante, o è la volontà del singolo a decidere e comandare ciò che avviene nel mondo, come sostiene Alcina? Preso tra questi due poli, da che parte starà Efisio? Lo capirà in tempo, quando dovrà fronteggiare la Paura che l’ha seguito dalla Campania sull’isola, per riuscire a salvarsi la vita?

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