La Nuova Sardegna

L’estate normale di Nek

L’estate normale di Nek

Va bene, è scontato parlare di rinascita in questo periodo, ma il fatto è che è realmente il tema dominante stavolta. Rinascita personale, dello spettacolo, psicofisica, musicale: le letture sono...

21 luglio 2021
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Va bene, è scontato parlare di rinascita in questo periodo, ma il fatto è che è realmente il tema dominante stavolta. Rinascita personale, dello spettacolo, psicofisica, musicale: le letture sono molteplici. A ispirarle, il concerto di Nek all’anfiteatro Mario Ceroli martedì 27 luglio. Inaugura il Portorotondo festival 2021, organizzato da Consorzio e Fondazione del borgo col contributo della Regione e il patrocinio del comune di Olbia. Il cantautore, tra le icone della generazione pop italiana, ha alle spalle decenni e dischi e riconoscimenti, ma ancora parla di musica con curiosità e entusiasmo.

Nek, in questi mesi è impegnato in una tournée in acustico, che tipo di spettacolo bisogna aspettarsi?

«È un discorso interrotto dallo scorso anno per via del covid e del mio incidente alla mano. Ho pensato di riprendere con questa formula, con una dimensione più particolare per una scaletta in ordine cronologico. Un giro nei miei trent’anni di storia dalla prima all’ultima canzone. È una tipologia di concerto che farò esclusivamente quest’anno».

Parlava dell’incidente, a novembre si è fatto male alla mano sinistra con una sega circolare, ha rischiato davvero grosso. Come si sente ora, cambierà anche il modo di stare davanti al pubblico?

«Mi sono fatto male a una mano che uso per comporre, qualche limite c’è. Non era scontato poter comunque tornare a suonare. La chitarra no, ancora non riesco, ma su altri strumenti a corde le mani funzionano. Per il tour ho pensato al contrabbasso elettrico, perché uno strumento caldo, avvolgente e bello da vedere, si sposa molto bene con la chitarra acustica (Max Elli è il chitarrista che lo accompagnerà, ndc)».

Perdoni il gioco di parole, ma tornare sui palchi immagino voglia dire tornare a “Un’estate normale”, come il titolo del suo nuovo singolo.

«Sì, il viaggio è una componente fondamentale per chi fa questo mestiere, tiene vivo. Ma poi comunque ci si abitua anche a stare fermi, il salvataggio è stato proprio avere a che fare con la musica, anche stando a casa permette di evadere, con le canzoni il tempo passa. Questa è venuta fuori così e mi andava di proporla pur sapendo di essere all’interno di un gremito gruppo di colleghi. Però mi andava di esserci. Fare musica è esigenza personale, e in generale la musica non deve fermarsi».

A proposito, non si sono fermati molti altri grandi nomi, sono tante le uscite discografiche di questi mesi. Che ne pensa?

«Vedo bei segnali, dall’ultimo Sanremo sono uscite canzoni diverse. I vincitori, i Maneskin, ripropongono il rock vecchia maniera, ma ci sono stili che miscelano pop con sonorità attuali. Colapesce e Dimartino, i Coma cose, La rappresentante di lista li trovo interessanti, qualcosa si muove».

Che rapporto ha con le tendenze del momento?

«Il rap è una forma che nel suo approccio ricorda il rock. Pop e rock sono le forme musicali da cui partono tanti sottogeneri, cambiano forma. Ultimamente il rap che si fonde col pop lo conosciamo bene, ci sono le barre del rapper e poi l’inciso del cantante. A mio avviso ci dev’essere un’evoluzione però, la musica non deve rimanere statica. Parlo di rap perché l’ho vissuto di più, la trap la rispetto ma avverto di esserne lontano».

Nek, lei da queste parti non è venuto così spesso.

«Un po’ sono abitudinario e amo andare negli stessi posti, un po’ riconosco un certo limite. Portare grandi strutture e fare certe tournée nelle isole è difficile per gli spostamenti, ma sono sincero nel dire che bisognerebbe fare molti più concerti in Sardegna. È un’isola che merita, parlo a nome di tutti. E non intendo solo nella stagione, io stesso sono venuto anche in inverno».

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