La Nuova Sardegna

Paolo Calabresi: «Quanta “monnezza” nella mia carriera Ma è la vera scuola»

Alessandro Pirina
Paolo Calabresi: «Quanta “monnezza” nella mia carriera Ma è la vera scuola»

L'attore romano a Nora con "Lolita" insieme a Violetta Zironi

22 luglio 2021
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Paolo Calabresi tra il capo elettricista Biascica e il professor Humbert Humbert. In attesa di tornare in tv con l’attesissima nuova stagione di “Boris” l’attore romano veste i panni del controverso protagonista maschile di “Lolita”. Sabato alle 20 a Nora Calabresi, con l’accompagnamento musicale di Violetta Zironi, porterà in scena il grande classico di Vladimir Nabokov. Uno spettacolo inserito nel cartellone della “Notte dei poeti” targata Cedac.

Quando si è imbattuto per la prima volta in “Lolita”?

«La prima volta è stata a teatro uno spettacolo di Ronconi. Poi sono venuti il film e il romanzo, ora il mio reading. Il mio è stato un percorso strano alla scoperta di questo capolavoro assoluto».

Il professor Humbert è un pedofilo, ma in qualche modo Nabokov sembra dargli un alibi.

«Humbert Humbert è decisamente un pedofilo. Lui stesso lo dice - pur non definendosi con questo termine - e ha orrore di se stesso: questo è spiazzante e rende il testo ancora più alto di quello che racconta, lo porta in una dimensione neanche lontanamente vicina al giudizio. Che è già ovvio. Quel trauma che ha portato alla sua deviazione nel testo diventa alta poesia e non riesci a giudicarlo, né giustificandolo né condannandolo. Perché le opere d’arte stanno in un’altra dimensione».

A questo proposito, il “me too” ha travolto grandi artisti come Kevin Spacey e Woody Allen. Non crede che si debba scindere tra l’uomo e l’artista?

«L’uomo rimane sempre uomo e inserito nella società civile avrà sempre lo stesso trattamento sia dal punto di vista dell’etica e della morale che da quello giuridico. L’opera d’arte è tutt’altra cosa, altrimenti dovremmo giudicare cosa faceva Omero o scandagliare le vite di tutti. Questo non vuole dire che le interpretazioni di Spacey o i capolavori di Allen siano una sorta di wild card che permetta di fare quello che si vuole, ma le due cose vanno scisse».

Nabokov ebbe difficoltà per pubblicare il romanzo: crede che oggi un libro del genere provocherebbe scandalo?

«Secondo me non lo pubblicherebbero proprio. O se paradossalmente lo pubblicassero passerebbe sotto silenzio, perché metterebbe i giornalisti, i critici, l’opinione pubblica nella condizione di prendere una posizione. Che è una cosa sbagliata perché non c’è alcuna posizione da prendere. Se ne parlerebbe non come opera d’arte ma per il tema che propone».

Che tipo spettacolo sarà?

«È una lettura, e non vuole dire che sarà meno teatrale di molte brutte messe in scena. Talvolta evocare in maniera onesta è più forte di rappresentare le opere. Io leggerò e la figura di Lolita sarà solo evocata dalla voce straordinaria di Violetta Zironi».

Qual è il suo rapporto con la lettura?

«Ho una predilezione per la lettura teatrale, è il mio mondo. Ma leggo di tutto, o meglio tento di conservare questa antica abitudine della lettura su carta».

Quest’anno suo figlio Arturo ha giocato nel Cagliari.

«È entrato in campo per pochi minuti, ma i tifosi lo acclamavano. Ora è tornato al Bologna. Per me è stata anche l’occasione per scoprire Cagliari».

Il suo grande successo arriva con “Boris”: cosa ha rappresentato la serie per la tv italiana?

«È andata contro tutte le abitudini della fiction italiana di quel periodo. E in più ha rappresentato un microcosmo che non era solo quello di un set, ma era - ed è - il mondo del lavoro. È stato un progetto magico, lungimirante e attuale».

Cosa si può dire dell’attesissimo sequel di “Boris”?

«Si può dire che si farà presto e andrà in onda su Disney Plus. Il mondo è cambiato ed è cambiata anche la tv. Prima c’erano le tv generaliste che proponevano “Gli occhi del cuore”, ora ci sono le piattaforme e bisogna parlare di quello, degli “Occhi del cuore” reloaded».

In tanti anni di cinema e tv si è imbattuto in registi alla Renè o in cagne maledette?

«”Mamma mia la monnezza che ho fatto”, dice Renè ricordando una scena di “Caprera”. Aggiungo io che per un attore fare della monnezza non è così terribile quanto per chi la vede. Ma per chi la fa è una scuola, perché a essere grandi attori con Sorrentino e Garrone so’ bravi tutti. Più difficile a essere credibile quando dici “Non ti preoccupare Gerardo, lei tornerà da te”».

Lei ha fatto parte del cast di “Smetto quando voglio”: quanto mancherà al cinema italiano Libero De Rienzo?

«Registi e produttori fanno interviste a destra e sinistra elencando le qualità di Libero ed elogiando il suo talento. Ma sono quelli che hanno perso le tracce del suo talento quando era in vita. Dire che mancherà al cinema italiano è una bugia, perché lo aveva dimenticato. E aggiungo: quello che sta facendo gran parte della stampa nei confronti di Libero è puro sciacallaggio».

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