La Nuova Sardegna

L’intervista 

Paola Pezzo:«Stare lontano dalle feste, il trucco per vincere»

Paola Pezzo:«Stare lontano dalle feste, il trucco per vincere»

È l'unica, con la norvegese Gunn-Rita Dahle, ad aver vinto Olimpiadi, mondiali e classifica finale della coppa del mondo. Dal 1999 è nella Hall of fame della Mountain bike. «Il segreto?...

01 agosto 2021
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È l'unica, con la norvegese Gunn-Rita Dahle, ad aver vinto Olimpiadi, mondiali e classifica finale della coppa del mondo. Dal 1999 è nella Hall of fame della Mountain bike. «Il segreto? Concentrazione e applicazione. Quando mi metto in testa una cosa, non cedo di un centimetro. Sono un po’ montanara». Paola Pezzo compie 53 anni l’8 gennaio. Con i due ori ad Atlanta e Sidney ha scritto la storia della disciplina.

E l’ha sdoganata quando non era per nulla semplice. Intanto, prima di riavvolgere il nastro, il pensiero vola in Giappone: «Eva Lechner, Gerhard Kerschbaumer, Nadir Colledani e Luca Braidot, su un tracciato molto tecnico, hanno trovato avversari tostissimi. L’oro preso a Tokyo dalla svizzera Jolanda Neff e dell’inglese Thomas Pidcock non mi sorprendono. Bettiol? I crampi l’hanno bloccato. Ma non si molla, ci rifaremo». Paola è rilassata. Con l’olimpionico Fabian Cancellara guida al Forte Village l’Accademia delle due ruote:

«Lavoriamo la diffusione di uno sport sano che permette di godersi il territorio: in Sardegna avete luoghi favolosi, i tornanti di Chia e Tuerredda sono magici. Abbiamo aderito al progetto di Andrea Mentasti: la bici, specie con i nuovi modelli assistiti, non ha limiti di età e forza fisica». Si riparte dalla storia. La Pezzo gioca d’anticipo: «Tutti mi chiedono ancora della zip abbassata e del mio decolletè in mondovisione da Atlanta. Nell’immediato mi ha infastidito, ritenevo fosse corretto esaltare il gesto atletico e non il resto. Devo ammettere che anche quel richiamo è servito alla visibilità mediatica mia e del movimento. La lezione? A Sidney ho indossato un body con le paillettes che aveva la cerniera sulla schiena». Lo sguardo vola lontano, il sorriso è sincero. Sposata, due figli, la regina della mountain bike, regala genuinità. E ripassa dai giochi statunitensi del ’96. «Era la prima volta della mountain bike alle olimpiadi. In Italia eravamo agli inizi, americane e canadesi erano molto avanti. Sono andata da sola, ho corso da quelle parti per capire e migliorarmi. Avevo 27 anni, l’età giusta, ma non ero tra le favorite anche se avevo vinto i mondiale tre anni prima».

Pausa, un autografo e una sistemata ai Ray Ban. «Mi ero preparata molto bene. Sapevo dei 40 gradi e del 98 per cento di umidità. Sono andata ad allenarmi nella bassa mantovana, in mezzo alle risaie nelle ore più calde. Avevo anche provato a creare condizioni limite in casa, mettendo a bollire l’acqua nelle pentole per fare un po’ di vapore!».

Paola Pezzo annoda i fili. «La favorita era la Furtado, atleta di casa. Ci tenevano da matti, la Coca Cola aveva strappato i giochi ad Atene. Ero tra quelle da tenere d’occhio. Insomma, una soddisfazione enorme». Dagli Stati Uniti all’Australia. «Dopo 22 anni il ricordo del bis di Sidney mi dà tanta emozione. Andare alle olimpiadi e vincere l’oro non ha eguali. In Australia avevo gli occhi addosso e quattro anni in più. Sentivo un recupero più lento e sapevo delle altre, giovani e motivate. Ho vinto grazie all’esperienza. Il trucco? Gestirsi al meglio alla vigilia, evitando feste ed eventi che al villaggio sono una vera trappola». Dall’archivio spuntano due flash: «Per prepararmi alle dodici ore di fuso orario un mese prima cominciai a correre alle tre del mattino! Poi, non scordo che sul podio ai ragazzi davano un cucciolo di canguro. A me misero in braccio un koala! Una sorpresa indimenticabile».

Nominata commendatrice da Carlo Azeglio Ciampi, Paola Pezzo ha collaborato per due anni con la Federazione: «Avrei voluto portare avanti progetti per i giovani talenti. In Italia non siamo ancora pronti come altrove. Alla prossima!». Intanto, cura una scuola di mountain bike e insegna ciclismo al liceo per il turismo sul lago di Garda. «Il mio paradiso? La bici e la famiglia. Più lunghe passeggiate nei boschi e tanto sci di fondo».



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