La Nuova Sardegna

Bonifacio Angius: «I miei Giganti a Locarno: una storia di perdenti in cerca di leggerezza»

Fabio Canessa
Una scena del film di Bonifacio Angius "I Giganti"
Una scena del film di Bonifacio Angius "I Giganti"

07 agosto 2021
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Produttore, regista, sceneggiatore, attore, direttore della fotografia, montatore. Come i grandi one man band della storia del cinema Bonifacio Angius ricopre molti ruoli nel suo nuovo film: “I giganti”. Girato principalmente a Thiesi, all’interno della storica Casa Flores, e in un vecchio casale di Campu Lazzari, nelle campagne di Siligo, il lungometraggio del regista sassarese descrive una rimpatriata tra vecchi amici che si ritrovano a fare baldoria in una casa sperduta in una valle dimenticata dal mondo. Ma dietro alla sinossi si nasconde, ovviamente, molto altro. Il 10 agosto l’anteprima mondiale al Festival di Locarno, unico film italiano in concorso.

Che effetto le fa tornare a Locarno dove sette anni fa aveva presentato “Perfidia”, una tappa importante della sua carriera?

«Sono innamorato di Locarno perché è un vero festival di cinema. I film sono al centro di tutto. Non il vestito della diva di turno o la qualità della dieta del Russell Crowe».

Ma come nasce questa sua nuova opera, “I giganti”?

«Nasce inizialmente come un progetto sostitutivo a un altro che per via del periodo storico vissuto si è dovuto fermare. Siamo stati costretti a interrompere la preparazione di un film, ma non ci volevamo arrendere. Allora la mente si è attivata cercando di trovare dei compromessi. Che cosa si sarebbe potuto realizzare con agilità? Un film che avesse un impianto produttivo apparentemente più accessibile ai limiti e alle restrizioni del momento. Un’opera che si sviluppasse in un unico ambiente per poi avere delle grandi aperture sulle meravigliose valli western della Sardegna. E quindi ho pensato alle mie capacità artigiane. Infatti ho ricoperto quanti più ruoli possibili».

È abbastanza raro, soprattutto nel cinema italiano, che l’autore-regista sia anche attore nel suo film. Quali sono le difficoltà di muoversi nello stesso lavoro dietro e davanti la macchina da presa?

«Ho fatto il regista, lo sceneggiatore in stretta collaborazione con Stefano Deffenu, il direttore della fotografia, il montatore e produttore. E dato che uno dei personaggi aveva delle caratteristiche congeniali anche alla mia dote recitativa, ho interpretato un ruolo da co-protagonista. Questo progetto porta con sé la grande possibilità di agire in totale libertà. Quella che a mio avviso ogni autore sogna fin dal suo avvicinamento a questo mestiere: libertà creativa e produttiva».

I personaggi di questa storia che caratteristiche hanno?

«È un film di fantasmi, di perdenti, che cercano attraverso gesti maldestri di vivere ancora un attimo di leggerezza, per poter godere di una vita in cui nessuno di loro è riuscito a capire l’essenza di quel momento che si chiama, sempre con un certo timore, felicità. Mi piace definire questo racconto come fosse un’opera filosofica scritta da un cialtrone che nell’imbarazzo, nella vigliaccheria di un auto-sabotaggio, inconsapevolmente è riuscito a parlare dei massimi sistemi senza che gli venisse richiesto».

Nel cast ci sono i fratelli Manca che tutti conoscono come il duo Pino e gli anticorpi. Come si è trovato a lavorare con loro?

«Sono molto orgoglioso di questa scelta e devo dire che è stato bellissimo lavorare con loro. Non nascondo che me lo aspettavo, perché so che dietro ogni attore comico si nasconde un grande attore drammatico, ma è stato sbalorditivo. Stefano e Michele sono due artisti veri».

C’è anche un volto nuovo: Riccardo Bombagi. Come lo ha scelto?

«Riccardo è un mio allievo della scuola di cinema. Ha esordito subito, il suo talento scalpitava. Grande serietà, passione, amore per la recitazione. Sono sicuro che sentirete parlare di lui. Da poco ha fatto anche da spalla a Toni Servillo nel film di Leonardo Di Costanzo. Una forza della natura».

Con Stefano Deffenu, già protagonista di “Perfidia”, è andato sul sicuro. Lo conosce molto bene...

«Per me Stefano è la conferma che l’amicizia esiste. Collaborare con lui significa avere dalla mia parte un grande artista, un puro, un uomo che dietro la timidezza nasconde un mondo sconfinato».

Qual è il ruolo della presenza femminile in un film che ha per protagonisti interpreti maschili?

«In questo caso mi piace citare il grande Piero Ciampi: “La tua assenza è un assedio”. Questo è un film principalmente al maschile, ma la figura femminile è centrale. Perché tutto è generato dalla sua mancanza».

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