La Nuova Sardegna

Intervista con Sabina Guzzanti: «Il mio viaggio nel futuro»

Alessandro Pirina
Intervista con Sabina Guzzanti: «Il mio viaggio nel futuro»

L’attrice ospite di Pensieri e parole con il suo primo libro ambientato in un cupo futuro: «Ma la vita di oggi è già un incubo per l’umanità»

23 agosto 2021
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Le sue imitazioni hanno fatto ridere mezza Italia e arrabbiare l'altra metà. La sua bravura è riconosciuta anche da chi finisce spesso nel mirino della sua satira. Sabina Guzzanti è televisione, cinema, teatro, web, impegno politico. Ora è anche letteratura. L'attrice ha infatti esordito nella narrativa con un romanzo a metà tra i grandi classici della letteratura distopica e la stringente attualità tra cambiamenti climatici, concentrazione della ricchezza e dipendenza dalla tecnologia. Siamo nel 2119 e dopo una serie di catastrofi ambientali, pandemie e sconvolgimenti vari l'umanità superstite è costretta a sottomettersi a un regime ingiusto ma stabile, liberamente ispirato al feudalesimo. Ieri Sabina Guzzanti ha parlato del suo lavoro, "2119 La disfatta dei sapiens", edito da HarperCollins, all'Asinara - oggi farà il bis a Ploaghe e domani a Fordongianus - all'interno di "Pensieri e parole", il festival che da sempre mette insieme cinema e libri. Insomma, lo scenario ideale - anche dal punto di vista naturalistico - per la presentazione del libro della attrice.

E infatti, al tramonto, un pubblico di molti curiosi e appassionati non ha voluto perdersi l’incontro con l’autrice nel suggestivo scenario di Fornelli. Con lei sul palco il direttore artistico di Pensieri e parole, Sante Maurizi, Giovanni Mori di Fridays for future Italia (nella foto di Sabina Murru con Sabina Guzzanti) e la scrittrice Silvia Sanna.

Guzzanti, lei ha iniziato il suo primo romanzo ambientato in un mondo post pandemico e poco dopo è scoppiato il Covid: qual è stato il suo primo pensiero?
«Ci lavoravo da un paio d’anni, perché prima di iniziare a scrivere ho dovuto fare numerose ricerche, studiare i personaggi, gli argomenti. Anche perché il romanzo si svolge su tutto quel poco che resta del pianeta, anche sott’acqua, dopo una serie di catastrofi. Tutti temi connessi tra loro che ho voluto approfondire. Poi mi sono messa a scrivere e subito è arrivata la pandemia. Quando mi sono accorta che quello che scrivevo stava diventando realtà mi è venuto un brivido. Perché è vero che sono tutti temi reali ma vedere che da un momento all’altro il mondo si trasforma e diventa come quello distopico della fantascienza mi ha fatto impressione. Anche se, devo essere sincera, essere costretta a restare in casa mi è stato d’aiuto».

Come nasce il suo desiderio di scrivere?
«Io ho sempre scritto. Scrivere per il cinema e per il teatro è comunque scrivere. Inoltre, io ho sempre scritto dei raccontini e dentro di me pensavo: “un giorno, quando non avrò più l’energia di fare film, scriverò un romanzo”. Poi mi è venuta in mente questa storia, che era troppo complessa per essere trasformata in un film. E soprattutto ho trovato la giusta dimensione: una dimensione di grande libertà, in totale silenzio e tranquillità».

Quanta attualità c’è nel romanzo?
«Quando uno lo legge può tranquillamente chiedersi: sono nel futuro, nel passato o nel presente? D’altronde, i germi di un futuro da incubo ci sono tutti. La vita è già un incubo per la maggioranza degli esseri umani. Per non parlare degli animali».

In questo futuro neanche tanto lontano c’è qualche personaggio positivo che cerca di cambiare il mondo. Tess per esempio. Nella realtà quante Tess ci sono?
«Sono tantissime le persone che si battono per cambiare il mondo. Tess è una giornalista che ha una rubrica sui gatti, che nel mio romanzo sono ancora più popolari di oggi sul web. Per questo motivo viene bistrattata dai colleghi: “quella non si occupa di politica, ma di gatti”. Lo sviluppo degli avvenimenti però darà ragione a lei».

Il Papa che si dimette, Trump che diventa presidente Usa, la pandemia che ferma il mondo. Quando la realtà ha superato nettamente la fantasia?
«Nell’insieme delle cose. E comunque la pandemia ha assunto un peso molto più grande di quello che ha e questo suscita diffidenza e malumore in tante parti della società».

In che senso?
«Sono due anni che parliamo di questo, ma la pandemia non è il problema più grave di tutti. Il riscaldamento globale e tutto quello che comporta sono più gravi. Il fenomeno migratorio è dovuto anche a questo. Pensiamo poi alla questione siriana e da ultimo a quella afghana. O ancora al fatto che la democrazia sembra sia soltanto una struttura formale. Uno scheletro che rimane là, ma nulla di più. E quello che noi cittadini percepiamo è di non contare niente. Qualsiasi istanza della popolazione viene ignorata. E anche la politica è pilotata da forze superiori. A Bergamo c’era il più grande focolaio ma i poteri industriali hanno avuto la forza di impedire che venisse dichiarata zona rossa. O vogliamo parlare dell’Afghanistan? Per vent’anni abbiamo pensato fosse una cosa di propaganda, di lucro. Vent’anni dopo serenamente se ne vanno e lasciano la popolazione terrorizzata, le bambine stuprate, le mamme che lanciano le figlie oltre il filo spinato».

Nel suo libro i temi politico e ambientale sono legati. È così anche nella realtà?
«Certo, l’ambiente non può essere scisso dalla politica, è un tutt’uno».

Come vede oggi la situazione politica?
«La democrazia andrebbe rivista e rafforzata. Invece, sembra stia finendo, nessuno ha la forza di opporsi. In Italia il dibattito politico è una farsa. La pandemia ha poi esasperato tutto. Sempre le stesse persone che parlano senza contraddittorio».

Cinema, tv, teatro, politica, web, Sanremo, ora narrativa: cosa vorrebbe fare ancora Sabina Guzzanti?
«Vorrei parlare con i minerali (sorride)».

Prima volta all’Asinara: cosa l’ha colpita?
«Mi ha impressionato la sua natura. È un’isola che ha enormi potenzialità».

In Sardegna lei ha girato “Le ragioni dell’aragosta”: cosa le piace dell’isola?
«Io conosco soprattutto l’Oristanese, sono quasi sempre stata nella zona in cui ho girato il film. Amo molto il legame della Sardegna con le tradizioni pagane, mi affascinano molto».

Cosa si augura per il futuro?
«Forse dovremmo attingere di più dal neolitico, il periodo storico che precedette la fase agricola. Secondo alcune teorie fu un periodo di felice anarchia, di abbondanza e di una relazione fortissima con la natura. Come l’essere umano ha iniziato a sfruttarla sono venute fuori le malattie, le epidemie. Potremmo ripensare la nostra società, anche dividendoci in piccoli gruppi, ripartendo proprio dalle origini».

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