La Nuova Sardegna

Stella e le mille sfumature della felicità

Stella e le mille sfumature della felicità

La scrittrice Cristina Caboni parla del suo nuovo romanzo , “La ragazza dei colori” pubblicato da Garzanti

03 ottobre 2021
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Cristina Caboni torna con il suo ottavo romanzo. In 304 pagine diffonde una luce catartica in questi giorni tenebrosi anziché no. Quasi voglia prendere per mano il lettore e renderlo positivo dentro, nel secondo anno della pandemia, dargli un traguardo con l’arte e l’estasi della natura. Senza nascondere i guai, senza dimenticare i tormenti ma per provare a superarli. Titolo ormai classico, soggetto e complemento di determinazione. Adesso (in libreria da oggi con Garzanti) ci propone “La ragazza dei colori”, euro 18.60. Un refrain fisso come un marchio di fabbrica dopo “Il sentiero dei profumi”, dopo “La custode del miele e delle api” col quale si è imposta in Germania come la scrittrice italiana più tradotta fra Monaco e Francoforte. Poi era stato “Il giardino dei fiori segreti”, per proseguire con “La rilegatrice delle storie perdute” seguito da “La stanza della tessitrice” e da “La casa degli specchi”. Interludio concesso a “Il profumo sa chi sei” dove per Elena proprio i profumi sono il suo modo di decodificare il mondo e non l’hanno mai tradita tra Parigi, il Giappone, l’India, l’Arabia Saudita. Con la nuova opera (presentata nei giorni scorsi al Teatro Massimo di Cagliari, ai Mulini di Selargius e alla Scuola civica di musica di San Sperate prima di partire in tour per l’Italia da Morbegno di Sondrio a Parabiago, Novara, Nerviano e Milano) Cristina Caboni vuol essere una terapeuta senza dirlo, perché dedica il libro non solo «a chi non accetta le ingiustizie» ma anche «a chi, con un sorriso e un fiore in mano, cambia il futuro e regala speranze».

Terapia salvifica

Sempre con i suoi cromatismi salvifici perché «il giallo mi dona gioia. E il blu mi rasserena». A Orlando Morosini «è sempre piaciuto il tramonto», subentrano Stella e Letizia. E poi: come si esce «da un amore finito»? E ancora: «Come guarire da un cuore spezzato?». L’autrice ha la sua ricetta: «Fingendo. Sorridendo, cercando di non pensare a nulla». È dominante il ruolo dell’arte, del bello, lo è in Stella, lo è nel padre. Quasi un inno alla teologia della bellezza. Stella Marcovaldi, la protagonista de “La ragazza dei colori”, ama la pittura. Il colore le scorre dentro, scivola sulla sua pelle e incanta le sue mani. Ovunque posi lo sguardo è arte quella che vede. Ma cedere al suo bruciante desiderio significa perdersi, come è capitato a suo padre che ha seguito la propria arte e dimenticato il resto. Così Stella sceglie, e rinuncia. Sbarazzarsi di sé stessi, tuttavia, non è tanto semplice. Un giorno scopre una scatola piena di disegni, l’ennesimo bizzarro regalo di un uomo che le è stato padre ben più del suo, e mentre piange la sua scomparsa, Stella si pone delle domande. La rivelazione finale le consente di accettarsi. E inizia a guarire. Per un personaggio, Letizia, non c’è il diritto all’oblio. Un libro in linea con i temi etici dell’attualità. La memoria del passato resta indelebile. Sono gli eventi più dolorosi a fissarsi nella nostra mente. Indelebili ci accompagnano come monito durante la nostra esistenza.

Il senso della memoria

Sono i rimproveri quelli di cui non riusciamo a sbarazzarci, perché la sofferenza ha denti acuminati e non conosce oblio. Il senso di colpa è ancora più potente, perché siamo noi a nutrirlo. Per questo Letizia Marcovaldi, l’anziana prozia di Stella non è mai riuscita a dimenticare quello che ha fatto. Il suo è anche un libro storico, va ai fondamentali della storia passata e contemporanea. Gli ebrei, il nazismo, il fascismo che si riaffaccia non solo in Italia e in Germania. Ed esplode il tema accoglienza. Storia e cronaca insieme. Nei primi anni ’40 un gruppo di bambini ebrei e i loro accompagnatori giunsero a Nonantola, in Emilia-Romagna. Sfuggiti alla deportazione avevano viaggiato per mezza Europa, trascinando nei miseri fagotti ciò che restava delle loro esistenze. Dovevano imbarcarsi per la Palestina, una terra sicura nella quale recuperare la loro infanzia, invece finirono in Italia. In questo paese trovarono accoglienza e protezione. Gli abitanti di Nonantola erano consapevoli delle leggi razziali, erano anche consapevoli dei rischi che correvano nel violarle, eppure arrivarono addirittura a nascondere i fuggitivi tra i loro figli. I bambini di Villa Emma (dal nome della dimora nella quale vissero per qualche anno) ricevettero dal Comune di Nonantola documenti, un abbigliamento adeguato a superare i controlli e riuscirono a raggiungere la Svizzera. Anni dopo, ormai adulti tornarono a Nonantola per ritrovare la gente che aveva messo a repentaglio la propria vita per loro.

Le ombre del passato

Nelle pagine di questo nuovo, illuminante, libro, hanno un ruolo importante anche i colori, i cromatismi comunque interpretati. Il colore ci circonda, è intorno a noi, in ciò che indossiamo e in quello che mangiamo. Il colore è percezione, influenza le nostre emozioni, decora la nostra esistenza e ci rappresenta. Il colore è arte, sogno e speranza. Si capisce bene che i fatti di Nonantola l’hanno colpita assai. Forse anche perché potrebbero, possono ripetersi. Ma lei vede rosa. Persino nelle cose peggiori si trova un istante di bellezza. «Sono ottimista per natura e così quando mi sono imbattuta nella storia dei bambini di Nonantola ho capito che quell’avvenimento realmente accaduto sarebbe diventato il mio nuovo romanzo». Torniamo all’arte, quella che ha animato Maria Lai, Costantino Nivola, Mario Delitala giusto per dare nome al Pantheon dei geni della Sardegna. «L’arte è l’espressione dell’anima. Attraverso l’arte terapia, in tutte le sue manifestazioni creative, le emozioni che gravano nell’anima trovano una collocazione ideale. In una situazione di profondo disagio interiore, a tutte le età, l’arte terapia consente di recuperare quell’equilibrio venuto a mancare». Stella Marcovaldi: ne parli lei.

Gesti coraggiosi

«“La ragazza dei colori” racconta una pagina della nostra storia poco conosciuta, parla del coraggio di un intero paese che a discapito della propria sicurezza negli anni del nazismo salvò un gruppo di bambini ebrei. Racconta di come l’arte sia speranza, consolazione e rinascita. Parla anche d’amore e di volontà. Parla di impegni disattesi e di altri invece mantenuti. E mostra come tutto ciò che accade abbia quasi sempre una sua recondita ragione». Pochi giorni fa ha parlato a Nuoro di Grazia Deledda, l’unica italiana Nobel per la letteratura. «È sconcertante scoprire quanto le vicissitudini che questa donna ha subito siano ancora così attuali. Penso alle afghane, alla barbarie del possesso che troppo spesso si tramuta in femminicidio. Grazia Deledda è una donna che ha vinto. Ha cambiato il mondo e lo ha reso suo. Non ha subìto, ha scelto, ha agito. Perché l’azione, nonostante tutto, è l’unica strada per la felicità».

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