La Nuova Sardegna

«Dante ama le donne ma con Taide è stato quasi misogino»

di Roberta Sanna
«Dante ama le donne ma con Taide è stato quasi misogino»

Lella Costa racconta lo spettacolo “Intelletto d’Amore” che indaga sul ruolo femminile nella Divina Commedia

05 ottobre 2021
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La stagione autunnale per Lella Costa ricomincia al Teatro Verdi domani sera alle 21 per il circuito Cedac. Protagonista e coautrice di “Intelletto d’Amore-Dante e le donne”, spettacolo - ma anche in formula più ampia, libro, edito da Solferino - scritto da Gabriele Vacis, Lella Costa commenta la ripresa. «Sarà la prima replica in teatro dopo un’estate di spettacoli rigorosamente all’aperto – dice l’attrice –. Ci siamo sentiti le cenerentole di un momento non facile. Né sarà facile, con i vari allarmi e restrizioni su teatri e cinema, convincere il pubblico che davvero non c’è alcun rischio a tornare nelle sale, anzi è una delle situazioni più sicure e protette. C’è stato un pensiero umiliante dietro le eccessive restrizioni, mi dispiace non solo come attrice, ma come cittadina. Cioè che in fondo se ne possa fare a meno. Si possono quindi correre dei rischi su treni, bus e aerei, mentre si può rinunciare a cose purtroppo considerate superflue, anche se più sicure. È una brutta premessa, insomma».

Sarà dunque il pubblico sardo, «uno dei più colti e che va a teatro, l’ho sempre detto, si fanno incontri straordinari e non solo nelle città principali», sottolinea Costa, ad accogliere prima a Sassari, giovedì ad Ozieri e di seguito a Oristano, Meana Sardo e Nuoro (al Bocheteatro), lo spettacolo, che tra le numerose celebrazioni dantesche del 2021 si caratterizza, dice Costa, per uno sguardo che accende i riflettori sui particolari per rimandare alla grandezza dell’opera complessiva, e «si muove tra gioco e ironia, tenendosi sempre fedele al vero storico e alla larga dalla parodia», come scrive Vacis nelle note di regia. Quattro le donne al centro dello spettacolo, a cominciare dalle più note della Divina Commedia, Francesca da Rimini e Beatrice. «Ci riserveranno delle sorprese – dice Lella Costa –. Francesca, con la quale ho addirittura un dialogo nella sua carnalità è nell’anticamera dell’inferno, condannata a stare insieme al suo Paolo. Ma forse le punizioni sono altre. Beatrice, che noi abbiamo pensato di far parlare da un paradiso ipotetico e poco ortodosso, è fissata nell’immagine dei suoi nove anni, quando Dante, che ne aveva dieci, se ne innamorò. È un canto al primo amore, al momento in cui ci si rende conto dell’esistenza dell’amore. Prende la parola anche Gemma Donati, la moglie “rimossa” dalle narrazioni dantesche, ma probabile complice e coautrice dell’opera. Non lo diciamo solo noi ma anche recenti studi. Tra l’altro nell’omaggio che Dante dedica al femminile, la canzone che offre il titolo allo spettacolo, “Donne che avete intelletto d’amore”, c’è veramente una profonda e autentica ammirazione per l’universo femminile, per la padronanza dei linguaggi dell’amore che Dante riconosce alle donne. Diciamo poi che nella questione dei 13 canti del Paradiso ritrovati dal figlio Jacopo è molto probabile che se ci fu un lavoro postumo potrebbe aver partecipato Gemma, che sappiamo essersi nutrita di poesia fin da piccina in famiglia. Lo pensiamo anche perché nella descrizione della figura di Beatrice, e in genere della grazia femminile, c’è davvero una delicatezza, una cura e un garbo che fanno pensare ad una mano femminile. Non vuol essere un’ipotesi per sminuire Dante. Al contrario, era un poeta cosi sommo, così immenso, che sapeva riconoscere la poesia dove la incontrava».

Infine c’è Taide, che appare negli ultimi versi del diciottesimo canto, spesso saltato a piè pari nelle scuole per via delle parolacce. «Di Taide, nell’ultima parte delle Malebolge, ci ha colpito l’incongruenza della condanna – racconta Lella Costa –. Tra i peggio traditori, leccapiedi, adulatori, ruffiani, c’è lei perché ha detto una bugia a uno dei suoi presunti amanti? Fra l’altro per difendere una schiava. Insomma, una punizione fuori misura, e per noi la necessità di una riabilitazione per questa figura che arriva a Dante, sicuramente già travisata, da una commedia di Terenzio. In realtà è una donna emancipata, in sfida alle convenzioni. Siamo tutte Taide, dico allora»



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