La Nuova Sardegna

1947. La Nuova Sardegna torna in edicola. «Il nostro programma: un giornale libero per la ricostruzione»

L'editoriale del 27 aprile 1947
La prima pagina della Nuova Sardegna del 27 aprile 1947, al ritorno in edicola dopo 21 anni
La prima pagina della Nuova Sardegna del 27 aprile 1947, al ritorno in edicola dopo 21 anni

Era stata fermata dal fascismo 21 anni prima: «Il nostro giudizio non si ispirerà a un interesse di parte. Formare l'opinione pubblica non deve essere compito di pochi privilegiati»

15 novembre 2021
3 MINUTI DI LETTURA





La Nuova Sardegna risorge dopo 21 anni di forzato silenzio, ed aspira ad essere, ancora una volta, libera espressione della coscienza isolana. Questo impegno assumemmo nel 1926 quando fummo costretti a sospendere temporaneamente la pubblicazione del quotidiano che i sardi leggevano ed apprezzavano da oltre 7 lustri. La ripresa odierna ha richiesto tenacia e forza di volontà: abbiamo superato grandi difficoltà, non solamente per la fermezza del nostro proposito, ma sopratutto per il valido concorso di amici, ai quali vogliamo porgere pubblicamente il nostro ringraziamento.

Nella sua odierna ripresa, la Nuova Sardegna non si presenta ai lettori come giornale di partito. I suoi promotori non intendono partecipare alla vita pubblica in altro modo che non sia la diuturna opera giornalistica. Questa potrà pertanto svolgersi al di fuori ed al di sopra delle competizioni ispirate a passione di parte, a tendenze politiche, a categorie di interessi economici o professionali. Con questo non intendiamo rinunziare al nostro apprezzamento sugli avvenimenti del giorno. Il nostro giudizio non dovrà peraltro ispirarsi ad un interesse di parte, ma si studierà invece di riprodurre il sentimento e le aspirazioni della massa dei cittadini. La formazione della opinione pubblica, e così pure la direzione delle correnti politiche, non devono essere compito di pochi privilegiati; ma devono scaturire dalle autonome impressioni individuali concorrenti a formare l’indirizzo del pensiero collettivo. (...)

Un giornale che, come il nostro, non deve preoccuparsi di affermazioni programmatiche od elettorali si trova nelle migliori condizioni per offrire il suo contributo ad un processo di ricostruzione della integrità nazionale. Ciò richiede, in primo luogo, profonde modificazioni nel costume civile, morale e politico dei singoli cittadini. La nostra vita pubblica è tutt’ora inquinata dalle conseguenze della ventennale soppressione di tutte le libertà. Per la rieducazione degli spiriti occorrono leggi, poche ma ben costruite, che regolino l’attività dei cittadini con un minimo d’imposizione, e sempre col pieno riconoscimento del valore dell’individuo. Occorre giungere alla assoluta separazione dei tre poteri che sono alla base dello Stato: l’esecutivo non deve interferire nelle funzioni del legislativo; devono essere date all’ordine giudiziario la dignità e l’indipendenza indispensabili all’organo di controllo nell’applicazione delle leggi. La stampa concorrerà a questa alta finalità attraversa la libertà di discussione e di critica. Permangono tutt’ora, nella vita pubblica, caratteristiche che furono proprie del regime fascista e che oggi, non meno che nel ventennio precedente, insidiano ed intorbidano il costume politico. Questo sistema ci troverà implacabili denunziatori e censori.

Il fatto che i partiti tendenti al predominio della cosa pubblica sono oggi parecchi, e non più uno solo, non fa venire meno il timore che possa stabilirsi una dittatura incontrollata di partiti, non meno dannosa di quella d’un solo uomo. Perciò noi sosteniamo che lo Stato non può consistere né in un partito né in una coalizione di partiti: ritorni ad essere invece l’insieme delle tendenze, delle necessità e delle volontà di tutti i cittadini, intesi come individui e non come esponenti di un’interesse di parte e di classe. Ciascuno sarà ugualmente libero di seguire particolari dottrine o tendenze o simpatie politiche, ma non si potrà pretendere che tutta la vita nazionale debba a tali dottrine uniformarsi. Il concetto di democrazia ha origine nel senso di autonomia dell’individuo; nella consapevolezza che esso rappresenta l’elemento base della formazione dello Stato, a condizione che non ne venga soppressa od oscurata la singola espressione e manifestazione. Abbiamo esposto, con la chiarezza e precisione che si richiedono, quale dovrà essere la nostra linea di condotta ed il nostro atteggiamento. Del resto preferiamo ed attendiamo che i lettori ci giudichino alla prova dei fatti.

* * *

Segue, con il titolo “1926: il commiato”, il testo della lettera-circolare che La Nuova Sardegna «indirizzò ai fedeli abbonati ed amici nel 25 gennaio 1926»

In Primo Piano
Turismo

In Sardegna un tesoretto di 25 milioni dall’imposta di soggiorno: in testa c’è Olbia

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative