La Nuova Sardegna

1969-70. Lo scudetto del Cagliari di Gigi Riva. La Nuova: «Diciamo la verità, siamo impazziti di soddisfazione»

di Enrico Clemente ed Enrico Gaviano
Gigi Riva in azione nella partita contro il Bari del 12 aprile 1970 che assegnò lo scudetto al Cagliari
Gigi Riva in azione nella partita contro il Bari del 12 aprile 1970 che assegnò lo scudetto al Cagliari

I superpoteri del bomber e la squadra perfetta che stupì l'Italia. Arrica e Scopigno le menti dell'impresa bella e impossibile

20 novembre 2021
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Il 12 aprile 1970 il Cagliari batte 2-0 il Bari allo stadio Amsicora ed è matematicamente campione d’Italia. L'articolo di Enrico Clemente sulla Nuova del giorno dopo

È soltanto una vittoria nel calcio, ma è pur sempre un primato che gli altri non possono contestarci. La Sardegna di primati non ne ha mai conquistati molti, nei secoli dei secoli e così si spiega l’impazzare della folla. Anzi, diciamo la verità: siamo impazziti tutti di soddisfazione, siamo diventati improvvisamente mansueti, gentili e tolleranti verso il nostro prossimo, verso le decine di migliaia di estranei con i quali abbiamo dovuto lottare per uscire dalle strettoie dello stadio (...) Riva, il personaggio, per almeno mezzora si è trascinato da una sedia all’altra, fuggendo un dialogo con i giornalisti che in quel momento gli riusciva impossibile: «Fatemi dire tutto quello che volete, sarà tutto esatto, tutto vero». (...)

Scopigno, l’altro personaggio, non perdeva l’occasione per portare altra acqua al mulino della sua fama lasciandosi contegnosamente abbracciare, senza fare una piega e senza dire parola, da tutti quelli che gli stavano intorno. Walter Chiari, l’ospite d’onore, s’avvia velocemente al traguardo delle duecento battute di fila, senza copione. (...)

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È una vittoria che nella storia del calcio (e in quella del costume italiano di questi anni) verrà ricordata a lungo perché è la prima volta che una squadra del Mezzogiorno vince il campionato di serie A, perché il Cagliari ha vinto a suo modo scardinando molte convinzioni fasulle, prima fra tutte quella dei ritiri dei giocatori. Nei giorni scorsi Scopigno per una volta che ha rinunciato alla battuta, ha detto una cosa rivoluzionaria, per il suo ambiente: «Dimostreremo che i ritiri ed i controlli non servono, che i giocatori sono uomini come tutti gli altri». Sono riusciti a dimostrarlo. E anche questo aumenta il valore della vittoria.

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Enrico Gaviano rievoca quella stagione indimenticabile

Quando Gigi Riva fu acquistato nell’estate del 1963 le reazioni della tifoseria del Cagliari furono tiepide. Certo, a quei tempi non c’erano i social che adesso avrebbero fatto da cassa da risonanza alle reazioni rimaste allora solo un mugugno nei bar del quartiere della Marina e a Is Mirrionis: «Ma chi è questo?» o ancora «Dobbiamo andare in serie A, e il presidente compra dalla serie C un attaccante di 19 anni?». E invece... nel decennio in cui tutto è stato possibile, è successo che un giovanotto ossuto proveniente dal Legnano sia diventato il più grande attaccante italiano di tutti i tempi, trascinando addirittura il Cagliari a passare in sette anni dalla serie B allo scudetto. Su una storia che letta oggi sembra quasi una leggenda sono stati scritti decine di libri, sino alla “doppietta” del giornalista Luca Telese: «Cuori rossoblù» e «Cuori campioni».

Una squadra formidabile dove però l’eroe è stato sempre e comunque “Rombo di tuono” , come Gianni Brera ribattezzò Riva nel pomeriggio in cui il Cagliari vinse con lo scudetto sul petto 3-1 in casa dell’Inter nell’ottobre del 1970. Quel Cagliari sembrava destinato a dominare per il secondo anno consecutivo il campionato. Invece la favola sbocciata nel 1963 sarebbe finita una settimana dopo con l’infortunio del bomber della nazionale al Prater di Vienna. Basta guardare a quel che è successo prima e dopo quel giorno: prima il Cagliari vinse lo scudetto e la nazionale divenne nel 1968 campione d’Europa e nel 1970 vice campione del mondo, dopo il Cagliari non avrebbe più conquistato lo scudetto e la nazionale non avrebbe più vinto l’Europeo mentre per ritrovarla in finale ai mondiali si sarebbe dovuta aspettare una nuova generazione di campioni, quella del mundial spagnolo del 1982.

Riva però è restato nel cuore dei tifosi di calcio come un mito inarrivabile. Già subito dopo lo scudetto si verificò quella bellissima storia riportata dalla Nuova Sardegna di allora: Gigi operato alle tonsille e una tifosa che chiama l’ospedale e chiede ai medici di regalare a lei la preziosa reliquia asportata dal corpo del campione. Un mito che non è mai tramontato. Basti pensare a una frase scritta qualche tempo fa da Jacopo Cullin, attore e regista cagliaritano gran tifoso rossoblù, nato qualche anno dopo l’epopea del Cagliari dello scudetto: «Sono cresciuto credendo che Gigi Riva fosse un’entità, un mito, un supereroe. Un mix fra Babbo Natale, Superman e Sant’Efisio».

Ecco, per chi non lo ha visto dal vivo ma anche per chi lo ha visto, grazie alla distorsione del tempo che diluisce e amplifica tutti i ricordi belli, Riva è stato un essere dai superpoteri, Santo e superuomo, capace di condurre il Cagliari allo scudetto e segnare più di tutti in nazionale. Ma, come si sa, anche il campione più forte, non può vincere da solo. Come il Brasile di Pelè del 1970, la squadra più forte di tutti i tempi, o il Napoli di Maradona. Anche il Cagliari, con il solo Riva non avrebbe potuto fare molto. Ma negli anni ’60, quando tutto era possibile, ci fu un’insieme di coincidenze che fecero il miracolo: Arrica dirigente, Scopigno allenatore, e i campioni che tassello dopo tassello si aggiunsero nel mosaico in cui al centro c’era Gigi Riva: ecco Martiradonna e Riccio Greatti, ecco Nenè e Niccolai, e poi Zignoli e Tomasini, e quindi Albertosi e Brugnera, infine Domenghini, Gori e Poli.

Un gruppo incredibile che riuscì per un campionato, un solo campionato, a sovvertire tutte le gerarchie del calcio italiano: Juventus, Inter e Milan in fila dietro quel Cagliari in cui non c’era neanche un sardo ma batteva il cuore di un’intera isola. Una impresa così grande che ancora oggi viene ricordata come bella e impossibile.

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