La Nuova Sardegna

1937. Il fascismo teme Gramsci anche da morto

di Pier Giorgio Pinna
Antonio Gramsci in un disegno di Gef Sanna
Antonio Gramsci in un disegno di Gef Sanna

La cremazione sabotata per non farla coincidere con la Festa del lavoro. Le carte segrete dell'Ovra: il grande intellettuale sardo spiato fino all'ultimo respiro, alle 4.10 del 27 aprile

02 dicembre 2021
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«La polizia segreta di Mussolini ha continuato a spiare Gramsci sino alle ore che ne hanno preceduto la morte. E anche dopo, durante le esequie. Per il timore di disordini, sono stati dati ordini precisi. I controlli hanno riguardato addirittura le scritte sulle corone di fiori e il colore dei nastri. Non solo: per prevenire il formarsi di cortei il carro funebre, trainato da cavalli lungo le vie di Roma, ha proceduto non al passo ma al trotto. E c'è di più: per evitare che la cremazione della salma coincidesse col Primo maggio, la festa dei lavoratori, la polizia è arrivata a sabotare il fornello destinato allo scopo nelle sale del cimitero del Verano».

A rivelare per la prima volta questi dettagli, a 70 anni dalla scomparsa di Antonio Gramsci, è Aldo Giannuli, specialista in ricerche d'archivio. Lo studioso è riuscito a rintracciare i documenti che contengono le disposizioni di «ordine pubblico» scavando fra altri incartamenti top secret più recenti e d'altro genere. Il decesso del grande intellettuale di Ales avvenne il 27 aprile 1937. L'uomo che nel 1921 fu tra i fondatori del Pci assieme a Togliatti e che nel '24 diede vita all'«Unità» era da tempo gravemente ammalato: morbo di Pott, tubercolosi polmonare, ipertensione a 200, crisi anginoidi e di gotta. (...)

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Lo storico, che opera all'università di Bari, lavora come consulente di magistrati inquirenti in delicate inchieste penali. E appunto nel corso di una di queste indagini ha potuto fotocopiare i documenti dell' Ovra, la polizia segreta del regime. Dall'esame del fascicolo è possibile una ricostruzione in una nuova ottica degli ultimi giorni del leader comunista, morto all'età di 46 anni nella clinica Quisisana di Roma. Una ricostruzione inedita. E, a suo modo, straordinaria se si supera il ribrezzo per i metodi polizieschi: consente di capire meglio quanto i dirigenti fascisti temessero, persino alla fine della sua esistenza, questo piccolo grande sardo, ammalato e solo, negli ultimi tempi isolato da ampi settori dello stesso Pci. La celebre frase dei fascisti su Gramsci (Dobbiamo impedire a questo cervello di pensare per i prossimi vent'anni) era stata presa alla lettera. In quest'intervista si capisce sino a quanto. (...)

Si comincia dal marzo del '37, quando Gramsci è già in clinica. «È un periodo nel quale l'intellettuale comunista non esce più dagli ospedali. Ha scontato la pena, inizialmente di 20 anni e poi ridotta. Eppure sarà sottoposto a misure di restrizione di polizia amministrativa sino a due giorni prima della fine. In ogni caso, sebbene stia malissimo e non sia più trasportabile, l' Ovra continua a tenerlo costantemente sotto controllo». Che cosa ci dicono i documenti? «Riferito al 26 aprile, il giorno prima del decesso, c'è un fonogramma di un addetto alla sorveglianza. E un poliziotto del commissariato Flaminio. L'agente informa il suo Comando che “ Gramsci Antonio è stato colpito da una paralisi celebrale facciale e laterale” e che le sue condizioni sono gravi». E nelle ore successive? «La morte avviene, come si sa, il 27 (...) alle 4,10 del mattino».

Dopo che succede? «Alle 9, in effetti, arriva il fratello Carlo per vedere la salma. (...) Ma il problema che ci si pone subito è come gestire i funerali. All'epoca esistevano disposizioni di polizia per casi del genere. E infatti vengono subito richiamate». Quali, precisamente? «Con un fono la questura di Roma ordina agli agenti dei commissariati Flaminio e San Lorenzo di predisporre servizi di vigilanza “per evitare manifestazioni contrarie al sentimento della nazione”. Particolare attenzione dovrà essere data alle scritte e ai colori dei nastri delle corone. Gli agenti dovranno poi “impedire qualsiasi incidente”».

Che cosa accade ai funerali stando ai rapporti di polizia? «Il carro è seguito soltanto dal fratello Carlo e da una giovane donna, indicata come una sorella. È un errore: dovrebbe trattarsi della cognata, Tatiana. Se questo sfugge, un poliziotto non manca invece di sottolineare che i garofani di un mazzo fatto pervenire per la cerimonia sono di colore rosso. Ovviamente, alle esequie non accade niente: i potenziali agitatori esistono soltanto nella mente dell' Ovra». E poi? « Gramsci ha lasciato scritto che dopo la morte vuol essere cremato. Bisogna quindi avere le autorizzazioni di tutti gli altri fratelli, in quel momento sparsi in diverse parti del mondo. Per ottenerle si attivano delegazioni diplomatiche all'estero. Sono faccende di cui si occupa, come amico di famiglia, l'avvocato Osvaldo Pavignano. Il legale si preoccupa anche di trovare uno scultore che faccia un calco del volto al defunto.

Ma va fatta un'altra considerazione. All'epoca in Italia la cremazione era questione piuttosto complicata. In generale incontrava l'opposizione delle autorità ecclesiastiche. Ma trattandosi di Gramsci, le cui ceneri per di più avrebbero dovuto venire inumate nel cimitero degli acattolici, queste difficoltà non si sono di fatto presentate. Tuttavia il tempo è passato. E così l'intera operazione ha rischiato di coincidere con la festa del lavoro». Da qui il sabotaggio? «Esatto, sempre per il potenziale rischio di manifestazioni. In un altro fono è descritta la simulazione del guasto al fornello e l'asportazione di una sua parte, che verrà ricostruita solo in seguito. Del sabotaggio si occupa durante la notte una squadra del commissariato di San Lorenzo. Alla fine, la cremazione avverrà diversi giorni più tardi. E anche in questo caso saranno prese le stesse misure di vigilanza adottate per le esequie, sia durante la cremazione sia nel trasporto delle ceneri al cimitero inglese vicino alla Piramide».

Dall’articolo pubblicato sulla Nuova Sardegna del 25 aprile 2007

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