La Nuova Sardegna

«Grazia Deledda una nuova voce tra due mondi»

di Luciano Piras
«Grazia Deledda una nuova voce tra due mondi»

I convegni nel 150° dalla nascita dell’autrice Dino Manca propone un approccio innovativo

07 dicembre 2021
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Dino Manca assicura che «qualcosa si muove». Dice che «dal 2018, ad esempio, hanno cominciato a tradurre l’opera di Grazia Deledda in Corea del sud e in Cina. Altre nuove traduzioni ci sono state in catalano, in portoghese brasiliano e spagnolo del Messico. Tuttavia c’è ancora tanto da fare per riaggiornare molte traduzioni oramai datate». Una pennellata veloce per inquadrare subito la proiezione internazionale della scrittrice nuorese. Le traduzioni all’estero dei romanzi e dei racconti del Premio Nobel per la Letteratura 1926 a che punto sono? Sono ancora ferme ai primi del secolo scorso o ci sono novità in questo settore? «Si parlerà anche di questo in due ricche sessioni nel convegno di Nuoro» annuncia Manca, professore di Linguistica e filologia italiana e di Letteratura e filologia della Sardegna all’Università di Sassari, nonché coordinatore scientifico della Consulta Isre, l’Istituto superiore regionale etnografico che in occasione del 150° anniversario dell’autrice di “Canne al vento” ha messo in piedi un ricco calendario di Convegni internazionali di studi deleddiani.

Dopo gli appuntamenti di Cagliari e Sassari, stavolta è il turno di Nuoro, dal 9 all’11 dicembre. Titolo cumulativo dei tre giorni: «“Sento tutta la modernità della vita”. Attualità di Grazia Deledda a 150 anni dalla nascita». Uno slogan davvero coraggioso. Ecco: qual è l’attualità della scrittrice barbaricina?

«L’opera della Deledda tende a collocarsi su un piano di eternità per aver contribuito a costituire, come solo i grandi hanno saputo fare, il fondamento di un’idea di letteratura con finalità essenzialmente etiche» sottolinea Manca.

Nuorese anche lui, del rione Corte ’e susu, a pochi passi dalla casa natale di Grazia Deledda, della cui opera letteraria è diventato uno dei massimi conoscitori. È lui che ha dato un contributo fondamentale per lo studio della “materia deleddiana” all’università. Manca ha curato (tra le altre cose) le prime edizioni critiche delle opere di Grazia Deledda (“Il ritorno del figlio”, “L’edera”, “Cosima”, “Elias Portolu” e “Annalena Bilsini”). È componente della Commissione per l’Edizione nazionale dell’Opera omnia di Grazia Deledda.

«È moderna – spiega il professor Manca parlando della scrittrice Premio Nobel – perché sa parlare al cuore delle donne e degli uomini di ogni tempo. Lo è dinanzi a quegli scrittori di superficie, senza profondità ontologiche. Lo è a dispetto di una certa critica che non capendola l’ha esclusa dal canone letterario. Peraltro la vita e l’opera stanno lì a dimostrare la sua attualità. In poche righe scritte al De Gubernatis, che danno il titolo ai convegni, come una sorta di distillato condensa un vero e proprio programma esistenziale, letterario e artistico, attualissimo: c’è l’ambizione della fanciulla, la caparbietà dell’autodidatta, l’ostinato desiderio di riuscire a realizzare i suoi sogni anche a costo di entrare in conflitto col suo mondo di appartenenza; ma c’è anche l’anelito ardente di futuro, la predisposizione ad accogliere “tutta la modernità della vita e del mondo”, la ferma volontà di autodeterminarsi ed emanciparsi, di costruirsi da sé (si pensi, ad esempio, alla sua capacità di capire il mercato editoriale) e di scrivere da sola il proprio destino».

Ma i giovani sardi e italiani in genere, conoscono l’opera di Grazia Deledda? Cosa sanno di Grazia Deledda?

«Ancora poco, perché l’opera della Deledda non si studia nelle scuole. Questo è il nodo. Bisogna modificare il paradigma culturale sul quale si sono fondate le nostre storie e antologie letterarie fondamentalmente toscanocentriche».

Che senso ha oggi celebrarla con i convegni. A cosa sono serviti i primi due appuntamenti, a cosa servirà questo terzo appuntamento?

«Il modo migliore per celebrare la Deledda è riempire di nuovi contenuti le giornate in suo onore. Il senso sta qui».

Tre giorni pieni zeppi di appuntamenti negli spazi dell’auditorium “Giovanni Lilliu”, in via Mereu 56 a Nuoro.

«Siamo partiti da Cagliari, abbiamo continuato a Sassari e chiuderemo il trittico deleddiano a Nuoro: nove giorni, 16 sessioni, 95 relazioni, tanti temi affrontati. Convegni che hanno gettato una nuova luce sulla personalità e l’opera del nostro Premio Nobel. Per percorrere al meglio questi sentieri che lei stessa ci ha indicato, oltre al ruolo di donna e scrittrice, abbiamo tenuto conto di altri due importanti aspetti della sua identità intellettuale e umana: i suoi mondi (il sardo e l’italiano), fulcro tematico delle giornate nuoresi, e gli ambiti di attività diretta e indiretta, di pensiero e di azione: la letteratura, la filologia e la linguistica (il testo, la sua circolazione e ricezione), le tradizioni popolari (il sostrato culturale del segno letterario), i linguaggi dell’arte, il cinema e il teatro (le sue storie sono state tra le più sfruttate dal mondo della celluloide)».

Un secolo e mezzo: 1871-2021. Il 150° anniversario della nascita sembra un elogio continuo, a senso unico quasi, di Grazia Deledda e dei suoi libri. Possibile che dopo tanti anni di ostracismo, la “critica” sia cambiata così drasticamente?

«Sì, molto è cambiato da quando si veniva, anche in ambito accademico, guardati con sospetto. Tuttavia la critica deve fare ancora molto. Dobbiamo uscire da un certo biografismo aneddotico e da una certa superficialità interpretativa che ha svilito la stratificata intelligenza della complessità, rappresentativa e umana, tramandata dalle sue opere. Bisogna ritornare alla centralità del testo e farlo con metodo. Con un certo orgoglio – chiude il professor Manca – devo dire che, anche da questo punto di vista, questi convegni stanno dando un grande contributo».



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