La Nuova Sardegna

Paola Minaccioni: «A teatro e in tv con le mie donne tragicomiche»

di Alessandro Pirina
Paola Minaccioni, 50 anni
Paola Minaccioni, 50 anni

L’attrice arriva a Sassari e Cagliari con “L’attesa”. E dal 13 aprile su Disney+ con “Le fate ignoranti”

02 aprile 2022
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La popolarità è arrivata grazie al ruolo di Teresa, la cameriera di casa Cantone in “Mine vaganti”. Nel mezzo decine di film e serie, radio e tv. E tanto, tanto teatro, con cui adesso Paola Minaccioni sbarca in Sardegna sotto le insegne Cedac per portare “L’attesa”, diretta da Michela Cescon, in coppia con Anna Foglietta. Appuntamento martedì 5 aprile al Comunale di Sassari, dal 6 al 10 al Massimo di Cagliari. Rosa e Cornelia, serva la prima, nobildonna la seconda, accomunate dall’attesa di un figlio indesiderato nella Venezia del Settecento.

Minaccioni, il pubblico è abituato a vederla in ruoli comici e brillanti. Cosa deve aspettarsi questa volta?

«Una bella storia, ben scritta da un grande autore poco conosciuto, Remo Binosi. Io interpreto Rosa, una serva veneta, siamo nel Settecento. Una persona di una tragicomica umanità. Il lavoro che abbiamo fatto con la regista, Michela Cescon, non è indirizzato alla risata. Ma abbiamo lavorato sul personaggio, sulle trame, sul plot e abbiamo scoperto che anche Rosa è portatrice di una certa comicità. È un personaggio che si dipana e diventa una maschera del teatro tragico greco».

Che donna è Rosa?

«Una serva nata in povertà, una figlia di nessuno. La cultura dell’epoca prevedeva che per questo tipo di persone non ci fosse destino. Serva e puttana. Una donna pronta a tutto per sopravvivere, che non pensa mai al domani. Il suo pensiero è legato sempre e solo al presente».

L’attesa trascorsa insieme abbatterà le distanze sociali e unirà queste due donne: parliamo di solidarietà femminile?

«Ogni volta che sento l’aggettivo femminile vedo una involontaria ghettizzazione delle donne. “L’attesa” è la storia di due persone che si incontrano. E queste persone sono due donne. A entrambe è negata la possibilità di essere padrone del proprio destino ed entrambe hanno peccato. Il discorso poetico di Binosi va oltre la solidarietà femminile. È una indagine che riguarda due esseri umani che, grazie alla profondità e alla leggerezza con cui viene affrontata, tocca anche temi cosiddetti femministi, ma si parla anche di libertà, amicizia, apertura mentale, sessualità. È un testo molto rivoluzionario».

Con Anna Foglietta siete molto amiche anche nella vita: come è stato lavorare insieme?

«Un grande regalo. Sono molto contenta di condividere il palcoscenico e le giornate con questa donna illuminata. Anna è una che fa la differenza».

Rosa è una cameriera, come lo era anche Teresa di “Mine vaganti”: fu il ruolo della sua svolta professionale.

«Ho interpretato anche avvocate ed estetiste, ma è vero che questi due incontri della mia vita rappresentano due punti di svolta. Due progetti che ho scelto e che amo profondamente».

Ferzan Ozpetek è stato il suo pigmalione: come è avvenuto il vostro incontro?

«Lui è venuto una prima volta a vedermi a teatro, una seconda per chiedermi di interpretare “Mine vaganti”. Incrociarlo è stata una grande fortuna. Durante le riprese abbiamo avuto un rapporto intenso. Io ero in piena ansia da prestazione. A un certo punto abbiamo cominciato a improvvisare. Alcune scene sono nate così. Quando Ilaria Occhini mi dice “quanto sei brutta” in realtà era uno scherzo che mi aveva voluto fare Ferzan. Io però ho risposto: “ti voglio bene anche io, signora”. Da quel momento abbiamo capito che eravamo abbastanza pazzi».

Dal 13 aprile sarà anche nella nuova serie di Ozpetek, “Le fate ignoranti” su Disney+. Ci può anticipare qualcosa?

«Faccio un altro di quei ruoli irrinunciabili. Luisella è un personaggio tragicomico, una fruttivendola romana convinta di somigliare a Brigitte Bardot. E la imita sia nel look che nello stile di vita».

L’altro incontro fondamentale della sua carriera è stato quello con i fratelli Vanzina. In “Lockdown all’italiana” ha collaborato anche alla sceneggiatura.

«Enrico mi ah chiesto di partecipare alla scrittura delle mie scene. L’ho fatto anche per amore di Carlo, con cui ho avuto la fortuna di lavorare tanto. Carlo era un grande uomo, un signore, un professionista. Lui ha sempre amato i suoi attori. Una volta che ti sceglieva ti lasciava carta bianca».

In mezzo a tanto cinema e teatro c’è anche spazio per la radio. Quanto si diverte?

«Moltissimo. Lavorare a Rai Radio 2 è come stare in un box di bambini. Dentro quello studio siamo tutti amici che ci conosciamo da anni. Le regole del gioco sono sempre le stesse ma noi continuiamo a sorprenderci. Il varietà con questa leggerezza si può fare solo in radio e con un gruppo così affiatato».

Ha mai pensato a un personaggio sardo?

«Non mi è mai venuto in mente, ma ora che ci penso mi piacerebbe molto. Però dovrei stare di più in Sardegna. In questa pièce teatrale recito per due ore in veneto. Il mio prossimo obiettivo è uno spettacolo tutto in sardo».

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