La Nuova Sardegna

Gino Marielli: «Scrivere una canzone è come fare la corte: dai il meglio in 3 minuti»

di Giovanni Dessole
Gino Marielli
Gino Marielli

Il chitarrista dei Tazenda in cattedra all’università di Sassari: «La musica è terapeutica: fa compagnia e dà emozioni»

15 aprile 2022
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«Scrivere una canzone e offrirla al mondo non è diverso dal corteggiare una donna: offrire il meglio di sé in pochi minuti con sincerità, entusiasmo e amore, senza trascurare la fragilità e il lato oscuro che spesso è portatore di fascino e di mistero». Parole di Gino Marielli, professore “ad honorem” per merito e passione. La sua chitarra ha contribuito a scrivere la storia dei Tazenda. Carismatico. Empatico. Sassarese. Ha calcato alcuni dei palchi più importanti della musica italiana. Ha una storia da raccontare a chi ha la fortuna e il piacere di ascoltarlo, suonare e parlare. L’Università di Sassari - Dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della Formazione - Corso di laurea in Comunicazione, ha affidato a lui la gestione del seminario “Your Song” come costruire una pop song.

Come è stato “salire in cattedra?

«La prima cosa che ho fatto è stata scendere dalla cattedra, fisicamente e metaforicamente. Il pericolo dell’ego nel sentirsi importante è una minaccia alla purezza della creatività, che prevede invece una totale apertura a tutti i sentimenti, comprese debolezza insicurezza. Questo i ragazzi lo hanno capito subito. Ci siamo ritrovati alla stessa altezza: a terra, senza scranni più alti tra di noi».

Come si è stabilito il contatto fra Ateneo e musica?

«Ci sono persone che sembrano messe lì apposta per stabilire connessioni e realizzare sogni. Marco Rizzi, amico musicista e segretario all’Università di Sassari, è stato determinante quando con i Tazenda ci siamo esibiti in aula magna nel 2020. Da quel momento con le menti illuminate del rettore Gavino Mariotti, della prorettora Maria Antonietta Mazzette e della preside del Corso di laurea in Comunicazione Romina Deriu, è iniziato un rapporto di collaborazione e di grande apertura: Tazenda e Uniss, ovvero musica pop e cultura».

Era la prima volta da prof?

«Ho già condotto la mia masterclass Your Song in diversi contesti, ma l’emozione di salire le scale del tempio della cultura ha un sapore trionfale per uno che viene dalla saletta e bello per chi ha ancora voglia e stimoli per migliorare e divulgare questa infinita passione che è la musica. Ho rotto il ghiaccio, ancor prima di salutare, mettendo a tutto volume un pezzo vecchissimo dei Lobo: I’d love you to want me. Mi serviva per introdurre lo schema strofa\strofa\inciso\strofa\inciso\special\inciso. Poi mi sono presentato, raccontando qualcosa di me».

La musica ha dignità per essere materia di studio accademica?

«L’importanza di questo miracolo emozionale che è la canzone non è stata ancora studiata a fondo dalla scienza. La gente di tutto il mondo ama, memorizza e canta piccole opere d’arte da 3’40’. Non si può fare a meno di tributare alle pop song un valore terapeutico: compagnia, passatempo, funzione di àncora emozionale per i ricordi e di trasmutatore alchemico di emozioni. Quando dal piombo della noia o della tristezza arriva all’improvviso l’oro della tua canzone, ecco che tutto il mondo intorno cambia, diventa di un altro colore».

Come nasce una pop song?

«Costruire questi pochi minuti da offrire agli altri è talmente facile che risulta difficilissimo da spiegare. La spontaneità della creazione sarebbe un processo facile se, da piccoli, ci venisse insegnato come muoverci nel labirinto delle emozioni e dei pensieri da sublimare in parole e note. Questo è il mio metodo. Cerco di capire da dove vengono le idee e suggerisco suggestioni astratte, ma anche tecniche, per invogliare gli altri a percorrere le stesse regioni della psiche in cerca di mettere in ordine la canzone. Che è già dentro di loro, ma non vuole uscire».

Cosa resta dell’esperienza?

«Non tutti erano musicisti, ho dovuto adattare e rendere universale il processo di ispirazione, elaborazione e costruzione in modo che fosse applicabile ad altri contesti come uno spot. Insomma, uno strumento di comunicazione che vale per qualsiasi interazione umana».

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