La Nuova Sardegna

Alberto Angela: «Il mio viaggio in Sardegna guidato dai cinque sensi»

Alessandro Pirina
Alberto Angela: «Il mio viaggio in Sardegna guidato dai cinque sensi»

Il divulgatore oggi 16 aprile su Rai 1 con una puntata di “Ulisse” dedicata all’isola

16 aprile 2022
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Saccargia e Santu Antine, l’Asinara e l’arcipelago della Maddalena, il Sulcis e Alghero in quello che è da sempre il tempio delle canzonissime, delle carrambate, dei balli con le stelle. La Sardegna conquista la prima serata del sabato di Rai 1. Merito di Alberto Angela, che condurrà i telespettatori in un viaggio nell’isola ai più sconosciuta, una Sardegna lontana da quella delle riviste patinate o delle brochure dei tour operator. “Sardegna: l’isola che c’è” è il titolo della seconda puntata di “Ulisse, il piacere della scoperta”, in onda domani alle 21.25. Dalle spiagge alle miniere, dai nuraghi alle vestigia romane, il viaggio di Alberto Angela attraverserà l’isola da nord a sud.

Quale Sardegna vedremo su Rai 1?

«La Sardegna è un luogo unico, ma per qualche motivo viene spesso esclusa dai grandi affreschi che si fanno anche in tv. Il nostro intento è quello di dedicare un’intera puntata alla Sardegna proprio per fare vedere che luogo straordinario è. Non sarà un percorso turistico, ma un viaggio in cui ci facciamo guidare dai profumi, dalle sensazioni, dal vento, dal cielo. Saranno i cinque sensi a guidare le telecamere. Quelle sensazioni che in Sardegna ti restano anche quando vai via».

Cosa l’ha colpita particolarmente di questo suo viaggio in Sardegna?

«Se vado in altre regioni d’Italia faccio un viaggio di tipo archeologico, culturale. In Sardegna è qualcosa di più. È un viaggio quasi antropologico, nel calore umano. La Sardegna riesce a parlarti anche senza monumenti, guardando negli occhi della gente. Si percepisce il grande orgoglio di sentirsi sardi, come se foste tutti una grande famiglia».

In un’intervista alla Nuova suo padre Piero parlò di una sola in vacanza nell’isola, alla Maddalena nel 1968, interrotta perché i sovietici invasero la Cecoslovacchia e fu richiamato al tg. Che ricordi ha?

«Ero molto piccolo. Ricordo questo viaggio con la famiglia in Sardegna, in posti che però mi sono rimasti nel cuore. Penso all’isola di Budelli, che allora poteva ancora essere visitata. Ma la cosa bella è che quelle sensazioni, quei colori li ho ritrovati adesso. L’altro pregio della Sardegna è che, malgrado gli alti e i bassi, rimane sempre uguale. Per chi viene da fuori ha sempre la stessa magia».

Il sabato sera è da sempre il regno del varietà. Con lei si è aperto alla cultura, alla divulgazione scientifica. Ha avuto qualche timore nell’affrontare questa sfida?

«In realtà “Ulisse” nasce più di vent’anni fa proprio di sabato sera, su Rai 3. Dunque, sono mari che già conosciamo. Poi qualche anno fa Mario Orfeo volle portare la cultura in prima serata su Rai 1 come controproposta a quello che era il palcoscenico solito, ovvero l’intrattenimento. È stata una decisione coraggiosa, che ha spiazzato ma ha anche ottenuto risultati incoraggianti: più di una volta abbiamo vinto la serata. Quello che comunque a me importa è andare in onda e fare cultura. Non capita in tutti i Paesi, ma la Rai se lo può permettere perché noi italiani da questo punto di vista siamo più sensibili. Viviamo fin da piccoli dentro la cultura: dai piatti in cui mangiamo alle piazze in cui incontriamo gli amici. Tutto questo è già cultura, storia».

Lei dice: il cognome lo avevo, dovevo farmi il nome. Quando ha capito che nell’immaginario collettivo non era più solo il figlio di Piero Angela?

«Non mi sono mai posto il problema, anzi non me ne sono proprio accorto. Ho sempre lavorato con umiltà e grande qualità, cercando di dare il massimo per farmi “perdonare” il cognome che portavo. Ma non c’è mai stato un momento in cui ho brigato per riuscire. Ho sempre pensato che fosse meglio puntare sulla qualità, sul contenuto».

L’8 aprile ha compiuto 60 anni: che effetto fa?

«Non me li sento, infatti dico che ho due volte trent’anni. Gli anni sono come la targa di un’auto: non ti dice niente sul motore e su chi la guida».

Cosa prova per la sua grande popolarità? A ogni incontro pubblico c’è la ressa.

«Sorrido ma tendo a concentrarmi sul mio lavoro. Continuo a ripetere: il contenuto è più importante della scatola, ma posso anche dire che cerco di avere un rapporto aperto con chi mi ascolta, mi segue e di aprire con loro un canale, che è quello della comunicazione diretta».

Il viaggio è il comune denominatore della sua vita: cosa rappresenta per lei viaggiare?

«Il viaggio è la scoperta. Noi nasciamo che non conosciamo nulla e dobbiamo imparare tutto. La vita è un lungo viaggio con tante tappe, in cui si apprendono cose nuove che si chiamano esperienze. Oggi noi i viaggi riusciamo a farli meglio delle passate generazioni. Prima per venire qui a Parigi, dove mi trovo ora, ci volevano settimane, adesso bastano due ore d’aereo. È straordinario come di colpo il mondo sia diventato più piccolo, ma le opportunità più grandi. Io poi sono uno curioso per natura. Per me un viaggio è come sedersi a tavola e nutrirsi di cultura ed esperienza».

Pandemia, guerra in Ucraina: come cambierà il modo di viaggiare?

«È già cambiato. La pandemia ci ha fermati per due anni. Anche per noi che lavoriamo in programmi come “Ulisse” o “Meraviglie” è stato estremamente difficile spostarsi. Con la pandemia prima e con la guerra poi è cambiato il modo di concepire il mondo. Vediamo cosa succederà nelle prossime settimane, ma è fuori di dubbio che abbiamo lasciato alle spalle un modo di vedere il mondo che non sarà più lo stesso. Dopo la caduta del muro di Berlino per chi voleva viaggiare il mondo era aperto come non mai. Abbiamo fatto riprese in luoghi che oggi sarebbero vietatissime. Questo è durato fino alle Twin towers. Poi è arrivata la pandemia che ha cambiato di nuovo tutto. Si vive, insomma, di semafori verdi e semafori rossi».

Ha girato il mondo: ha un luogo del cuore?

«Banalmente direi l’Italia. Uno viaggia tanto ma poi si accorge che l’Italia non esiste altrove. Prendiamo per esempio la Sardegna. Non è semplice fare un ritratto di famiglia non facendone parte, ma noi cercheremo di proporre a chi è a casa lo spirito della Sardegna. Cercheremo di fare passare attraverso lo schermo i profumi, i colori. Una Sardegna percepita non solo come luogo di vacanza».

Nel suo infinito diario di viaggio c’è qualche meta ancora sconosciuta?

«Ci sono molti Paesi in cui non sono mai stato, soprattutto in Asia, ma in questo periodo è meglio evitarli. Perché alla fine uno deve andare nei luoghi in cui sta bene. Il viaggio in sé non è importante, più della meta contano la compagnia, l’atmosfera amichevole».

Dopo Piero e Alberto ci sarà un terzo Angela che porterà gli italiani alla scoperta del mondo e della storia?

«Ai posteri l’ardua sentenza. Ma posso assicurare che all’età dei miei figli non pensavo minimamente di fare televisione».

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