La Nuova Sardegna

L'intervista

Serena Grandi: «A inizio carriera mi sono tolta due anni, ora sono pronta per il ruolo di nonna»

di Alessandro Pirina
Serena Grandi: «A inizio carriera mi sono tolta due anni, ora sono pronta per il ruolo di nonna»

L'attrice musa di Tinto Brass parla del suo nuovo romanzo "L'uomo venuto dal Po"

28 gennaio 2023
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Quando il suo nome si impose sul grande schermo tutti i giornali dell’epoca titolarono: il ritorno delle maggiorate. Perché quando nella storia del cinema si parla di donne e curve il riferimento inevitabile è alla Lollo e alla Loren, ma per chi è nato trent’anni più tardi a quell’identikit corrisponde un solo nome: Serena Grandi. Erano gli anni Ottanta e l’attrice bolognese, musa di Tinto Brass, era una star. Da allora sono passati un po’ di anni, tanti film, fiction, grandi fratelli. E libri. Perché, tra un set e un reality, l’attrice ha coltivato la passione per la scrittura. E ora, edito da Giraldi, è uscito il nuovo romanzo, scritto a quattro mani con Carloalberto Biazzi, “L’uomo venuto dal Po”. Un thriller avvincente, ricco di colpi di scena, personaggi oscuri, ambientato durante la Resistenza.

Terzo libro, secondo romanzo: quando scopre la passione per la scrittura?

«È una cosa che io ho sempre avuto, tanto che nei miei vari traslochi ho trovato vecchi diari in cui scrivevo cose meravigliose. A scuola in italiano avevo 10. Poi è arrivato il primo romanzo, “L’amante del federale”, che ora diventerà anche una serie, “Pensione Eden”. Due anni fa poi ho scritto “Serena a tutti i costi”. E infine questo romanzo».

Come nasce “L’uomo venuto dal Po”?

«Due anni fa con Carloalberto avevamo girato un corto, “Al di là del mare”. Con lui è scattata una empatia immediata. E così l’estate scorsa abbiamo deciso di chiuderci in campagna, dove io vivo, e di scrivere. Sono appassionata di cold case, di delitti irrisolti. Lui è un giallista e io sono molto brava nelle storie d’amore. Mi piaceva l’idea di scrivere un giallo che parlasse di Resistenza. Mio padre era partigiano, per tutta la mia infanzia si è parlato di questa ferita alla gamba. È tornato tutto fuori e dopo tre mesi di fatiche - e tanto caldo soprattutto - ecco il romanzo. È stata una esperienza bellissima, non abbiamo mai litigato. Ora stiamo progettando la serie e già pensiamo al prossimo libro».

Il Po, la Pianura padana, la provincia: un’ambientazione per lei molto familiare.

«Le rive del Po sono il luogo in cui sono cresciuta ma anche in cui ho girato “Miranda”».

Come è stata la sua infanzia?

«Ero una bambina intelligente, dolce, curiosa ma anche forte. Quello che sono oggi. Io sono un’artista e gli artisti hanno tutti vizi, debolezze, momenti di grande tristezza e malinconie. E così ero anche da piccola».

Il suo sogno è sempre stato il cinema: ha faticato molto per raggiungere l’obiettivo?

«Sono stata fortunata. Dopo tre mesi a Roma avevo già fatto il primo servizio fotografico, trovato l’agente e dopo due mesi avrei girato il primo film. Non avevo nessuna esperienza, ma il talento c’era. Ho avuto per sei anni una grande insegnante come Fulvia Mammi. E poi il cinema mi cercava, avevo il sacro fuoco dentro di me».

Oggi tante attrici raccontano di avere subito violenze o molestie. A lei è capitato?

«Io non capisco il MeToo, non voglio unirmi al coro e dire che è vero. Io non ho mai avuto alcuna violenza, mai alcun tipo di fastidio. Quando feci il provino con Tinto sapevo che avrei dovuto spogliarmi, fare scene d’amore. Tinto mi scelse al Motor show di Bologna dove facevo il “Serena Grandi show” in cui cantavo e ballavo. Mi disse: “te la senti di fare un film come Miranda?”. Io senza alcun dubbio: “sì, Maestro”. Sapevo che sarebbe stato l’inizio di un bel percorso».

Negli anni Ottanta era una star: film, tv, copertine. Come fu gestire il successo?

«Avevo una famiglia a Rimini, ma volli subito avere una famiglia anche a Roma, un marito e un figlio. Volevo una luce accesa quando tornavo a casa. Una casa in cui non ero Serena Grandi ma Serena Faggioli. Avevo bisogno di stabilità. Perché il successo è molto bello ma bisogna essere pronti a gestire anche l’insuccesso. E io avevo paura».

Ci sono stati momenti no nella sua carriera?

«A un certo punto volevano farmi fare solo le parti di madre. Avevo 35 anni e facevo la mamma di Lorella Cuccarini, di Carol Alt. Allora ho aperto un negozio di antiquariato in piazza Navona. Più avanti un ristorante. Questo mi ha aiutato a non sconvolgere i miei algoritmi, perché il telefono non suonava spesso o mi proponevano ruoli solo per avere il mio nome in cartellone».

Eleonora Giorgi ha detto alla Nuova: basta ruoli di nonne e zie, noi 60enni vogliamo essere protagoniste.

«Ma magari mi chiamassero per fare una nonna o una zia. Bisogna accettare il nostro momento. Vedo Loretta Goggi, star in tv, che però al cinema accetta il capello bianco. Anche io in passato per Pupi Avanti ho fatto sia una 70enne grossa e affaticata che una anziana in carrozzella».

Cosa è per lei Pupi Avati?

«È stata la mia famiglia, con lui ho fatto tre film. Mi manca molto, ho voglia di sentirlo».

La scena simbolo della Grande bellezza di Paolo Sorrentino è lei che esce dalla torta mentre tutti ballano la Carrà.

«Mai avrei immaginato che avrebbe avuto quel successo. Girai le mie scene, poi andai a Rimini per aprire un ristorante. Lo avevo rimosso, quando la notte degli Oscar mi misi davanti alla tv e il primo trailer fu quello con me che uscivo dalla torta. Il mio era un personaggio triste, una showgirl fallita. Non fu facile accettare il ruolo, sembrava mi avesse chiamato per quello. Ma io sono un ariete e ho detto sì».

Nel 2019 fu vicina alla candidatura con la Lega.

«L’idea mi divertiva, mi sarebbe piaciuto occuparmi di violenza sulle donne, cinema. Alla fine però volevano solo il mio nome. Ma la politica mi piace eccome».

Giorgia Meloni?

«Mi è sempre piaciuta. Vediamo se è in grado di fare quanto ha detto in questi anni. Certo, l’Italia è ingovernabile...».

C’è un set che la aspetta?

«Per adesso no, solo sceneggiature all’acqua di rose. Preferisco scrivere una bella cosa piuttosto che fare una parte giusto per andare sul set».

Lei ha sempre detto di essere nata nel 1958, ma adesso su Wikipedia c’è scritto 1956.

«Anna Magnani era una grandissima attrice, ma quando spuntava la sua carta d’identità ci gettava sopra una tazza di tè. Ai miei tempi a inizio carriera si usava cambiare nome e togliersi qualche anno. Oggi con partite Iva e internet è impossibile. Ma a questo punto ormai che cosa conta? Ebbene sì, sono del ’56».
 

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