La nuova collezione di Marras:«Abiti ispirati a Grazia Deledda La sua lezione è irripetibile»
Patrizia Sardo rivela alcune anticipazioni in vista della fashion week milanese
È iniziato ancora una volta il countdown su una settimana che per Milano è vita, identità, orgoglio: il 21 febbraio si aprono, infatti, ufficialmente i battenti della FashionWeek FW 2023/2024 che già si annuncia con promesse di miriadi di eventi, di sfilate in presenza e digitali.
Tra i momenti più attesi c’è la sfilata del nostro Antonio Marras che ci ha abituato a raccontare le sue creazioni con una dedica e un racconto. La Maison è unica: è arte e famiglia. Da decenni sperimenta e si evolve riuscendo a non tradire la solidità delle proprie radici, dei propri valori, dei propri sogni. È nata da un’alchimia tra Antonio e Patrizia Sardo Marras; artisti diversi e complementari, sono sole e luna. Non è possibile capire a fondo il sortilegio delle creazioni Marras senza provare a conoscere la lungimiranza, la sensibilità di Patrizia Sardo che con i sui occhi profondi e la sua grazia ci accoglie in anteprima nel loro spazio milanese per raccontarsi e raccontare un po’ dei segreti che rendono le trame (e la trama) degli abiti Marras così fortemente connotati e così “narranti” per milioni di cittadini del mondo che vivono diverse in culture, vicine e lontane.
Patrizia Sardo Marras, cosa significa per lei “fare moda” e come è iniziato questo lungo viaggio Alghero-Mondo con Antonio Marras?
«Abbiamo iniziato nel 1987, sono oltre 30 anni di storia della moda. Essere in due ci ha reso molto forti. Abbiamo bioritmi sfalsati: quando io sono up lui è down, e viceversa. Sebbene io sia più di buon carattere e i momenti down di Antonio siano praticamente la maggior parte del tempo».
A cosa serve, quando si fa moda, essere così insieme?
«Serve anche a tenere i piedi per terra. Questo è un lavoro che ti dà la possibilità di fare esperienze che potrebbero portarti a pensare che tutto quello che dici sia legge. Il fatto invece di rimanere in una dimensione familiare, il fatto di rimanere in Sardegna, di restare legati alle nostre origini hanno contribuito a farci rimanere con i piedi per terra e a sentire la moda come un lavoro».
Perché quando si parla di moda quasi mai si parla di lavoro?
«Nella percezione della gente non sempre arriva questo concetto. Sembra qualcosa di frivolo e di contorno. Recentemente vedo che finalmente si utilizza la moda per raccontare qualche cosa, per esprimere delle idee. Mi sembra una cosa positiva perché la moda - come tutte le altre espressioni - è un rapportarsi con la realtà, con la società con cui si ha a che fare e che ti influenza. Del resto vestirsi stesso è un atto sociale. Come diceva Umberto Eco, quando uno la mattina si mette una cravatta, già sa che quest’atto implica qualche cosa».
Cosa unisce la narrazione e la Storia, agli abiti Marras?
«Noi sardi abbiamo una tradizione tessile che ci contraddistingue, che ci aiuta. Abbiamo il famoso “su Connottu” è una cosa molto importante. Così come abbiamo questo senso del racconto».
Ci offrirebbe un’anteprima della dedica a cui si ispira il racconto di questa sfilata?
«Sono una fan accanita di Grazia Deledda; non le abbiamo mai dedicato un lavoro perché è difficile approcciare un mostro sacro come il nostro premio Nobel. Questa volta abbiamo detto “è arrivato il momento”. Questa signora ha computo 150 anni ed è importante celebrarla, dirle grazie per essere ancora un grande esempio sia dal punto di vista narrativo che come modello di donna.
A quale modello di donna si riferisce?
«È riuscita a perseguire il suo obiettivo, è stata una rivoluzionaria. Penso al rapporto modernissimo che aveva con il marito: il fatto che lui si sia licenziato e sia divenuto il suo impresario e il suo segretario, è una cosa immensa. Luigi Pirandello ironizzava su questo e lo chiamava Grazio Deleddo».
Cosa è un abito per lei?
«L’abito è portatore di valori».
Quali sono i valori che porta un vostro abito?
«L’importanza della memoria, delle tradizioni e delle innovazioni, dell’ospitalità, dell’accoglienza. Noi sardi, noi algheresi, enclave catalana, siamo aperti verso il diverso, siamo accoglienti e sempre pronti a ad avvicinarci ad altre culture. Queste sono caratteristiche che vengono dal fatto di essere nati e cresciuti con determinati valori».