Cristiano Malgioglio: «Rispetto il rap ma ascolto Tony Bennett. Quando non ci sarò più dimenticatemi»
Il cantante e paroliere si divide in televisione tra Rai e Mediaset: «Sono fortunato: lavorare con Carlo e con Maria mi dà una gioia immensa»
Le sue canzoni sono nella storia, ma a lui il passato ormai non interessa più. Meglio, molto meglio parlare di futuro. Cristiano Malgioglio è come siamo abituati a vederlo in tv: vulcanico, effervescente, da ogni sua parola sprizza colore, vitalità ed entusiasmo. E così mentre è impegnato nella giuria di “Tale e quale show”, il varietà di Carlo Conti che continua a mietere successi da 13 edizioni, sta già pensando alla prossima stagione di “Amici”, dove è stato fortissimamente rivoluto da Maria De Filippi.
Cantante, paroliere, opinionista, giurato. Quante vite ha la sua carriera?
«Ci sono tantissime altre fasi che vorrei toccare, ma mi bastano queste. Non mi piace fare l’opinionista di gossip, mentre lo divento quando parlo di musica. Essere chiamato da Maria è stata una gioia immensa: stare in mezzo a tutti quei ragazzi mi ha fatto ringiovanire di vent’anni. Sono contento per Angelina Mango, per Aaron. A questi ragazzi auguro un grande futuro».
E “Tale e quale show”?
«Con Carlo sono un opinionista completamente diverso. Sto vicino a personaggi già famosi. Se da Maria sono più scrupoloso perché quando do un parere voglio che i ragazzi apprendano il più possibile, da Conti do giudizi terribili, non sono un buonista. Non ce n’è per nessuno».
Chi è stato l’artefice della sua svolta televisiva?
«L’artefice è il mio talento, la sofferenza che ho patito per potermi affermare. Non è stato mica facile. E oggi ho due mamme: la Rai, dove sono nato, e Mediaset, che mi ha adottato. Quando non mi vuole una vado dall’altra: questa è una fortuna. Io non sono mai stato raccomandato da nessuno. Mi dicevo: questo lavoro non lo voglio fare, lo devo fare. La cosa che più mi emoziona è sentire l’affetto dei giovani. Mi fanno sentire Lady Gaga».
Dopo “Amici” ancora di più.
«Amo Maria da una vita, mi dà una carica straordinaria. Finito Amici le ho detto: dopo questa esperienza con te posso andare in pensione. Ma non ci vado, perché mi vuole ancora con lei».
I suoi miti da ragazzo?
«A casa mia ascoltavano la lirica e io mi mettevo a piangere. Non mi piaceva, poi da grande ho imparato ad apprezzarla. Crescendo ascoltavo i Jackson Five, Diana Ross, ma amavo soprattutto la musica latino-americana. A partire da Compay Segundo, che ho avuto la fortuna di conoscere a Cuba ed è diventato il mio secondo papà. E Celia Cruz, Caetano Veloso, Chico Buarque. E poi ho nel sangue la musica anglosassone: da Cliff Richard ai Rolling Stones, ad Anastacia. Tutti bravi, compreso il mio ultimo amico Sam Ryder».
I suoi primi incontri sono stati i grandi cantautori genovesi: Paoli, Tenco, De André.
«Gli incontri ci sono ma se poi non ti danno delle chance servono a poco. L’unico è stato Fabrizio De André, che aveva capito la mia sensibilità, il mio personaggio, che cinquant’anni fa era lo stesso di adesso».
De André la portò a Milano e lei “in cambio” gli presentò Dori Ghezzi. Andò davvero così?
«Se non fosse stato per me non si sarebbero conosciuti. Dori era la mia più grande amica, la mia sorellina».
È mai stato all’Agnata?
«Mai. Conosco la Sardegna, ma non quanto vorrei».
1974, primo Sanremo da autore: vince con Iva Zanicchi.
«Io ho un feeling meraviglioso con tutte le artiste con cui ho lavorato. Iva, ma anche Mina, Raffaella Carrà. Ho sempre avuto rapporti meravigliosi, perché erano amicizie sane. Più volte mi hanno chiesto di scrivere un libro per raccontare la mia carriera, ma io voglio fare cose che non appartengono al mio passato. Per sapere di me basta andare su Wikipedia, anche se la metà delle cose sono inventate. Le cose vere sono mie e più che pensare al passato preferisco domandarmi cosa può darmi il futuro».
Glielo chiedo anche io.
«Adesso mi godo “Tale e quale”. Lavorare con Carlo è una gioia immensa. Mi divertono i miei travestimenti: la gente vuole vedere come è vestito Malgioglio. Un giorno voglio essere Joan Collins, un altro Greta Garbo, un altro ancora Jennifer Lopez».
Nel 1979 cantava “Sbucciami”. Essere liberi e provocatori allora era difficile?
«A quei tempi c’erano i grandi talenti, oggi non è che non ci siano, ma non hanno la forza di ieri. Oggi c’è un tipo di musica diversa, come il rap, che rispetto e che mi fanno ascoltare i miei nipotini. I tempi cambiano, è giusto che ognuno abbia il proprio spazio. Non sono un nostalgico, ma io a casa ascolto Tony Bennett, sogno di cantare con lui. Se fosse stato ancora in vita il mio amico agente forse ci sarei riuscito: sarebbe stato incredibile».
Nel 2017 il successo di “Mi sono innamorato di tuo marito”.
«Con questo reggaeton ho dato l’input a tutti gli altri. Ma quello di adesso non lo ascolto, è fatto da bravi musicisti, ma non è latino. Come se dovessi incidere un disco di tango: se lo facessi a Buenos Aires sarebbe struggente, in Italia avrebbe il sapore di tango ma senza la passionalità di quello argentino».
E ora ha inciso “Vita porno” con Bungaro.
«Quando mi ha proposto il brano mi ha spiazzato, ma in realtà è un grido d’allarme al cui interno racchiude una dichiarazione d’amore. Parla della vita al contrario che viviamo: guerre, clima, baby gang».
Parliamo di Maria Schneider, la sua migliore amica?
«Mi avevano chiesto di scrivere un libro su di lei, ma mai lo farei. Maria, che adorava la Sardegna, era un’attrice meravigliosa, un personaggio incredibile. “Ultimo tango” l’ha distrutta. Eppure, a guardarla oggi, è una scena normale. Molto più scandalosa Sharon Stone in “Basic istinct”».
A Sanremo sempre come autore: ha mai pensato alla gara?
«Amadeus me lo aveva proposto, ma gli ho detto che avrei ceduto volentieri il posto a un giovane. Non ho mai avuto la frenesia di Sanremo, forse perché una volta, ai tempi di Ravera, alle 19.55 ero nella lista, alle 20 il mio posto finì a Mino Reitano».
Con “L’importante è finire” e “Ancora ancora ancora” fa parte della storia della musica.
«Quando non ci sarò più non voglio che la gente si ricordi di me. Ma sicuramente faranno un film sulla mia vita. Anche se l’attore che vorrei mi interpretasse - visto che voglio campare cento anni - sarà vecchio anche lui».
Chi sarebbe?
«Ovvio: Timothée Chalamet».