La Nuova Sardegna

L’intervista

Gianfelice Imparato: «Le commedie affondano le unghie nella società: per questo sono eterne»

di Alessandro Pirina
Gianfelice Imparato: «Le commedie affondano le unghie nella società: per questo sono eterne»

L’attore napoletano in tour nell’isola con “Il malloppo” insieme a Marina Massironi e Valerio Santoro

26 febbraio 2024
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Arriva in Sardegna, “Il malloppo”, una delle commedie classiche dell’umorismo britannico. Uno spettacolo con un cast stellare capitanato da Gianfelice Imparato, con al suo fianco Marina Massironi e Valerio Santoro, per la regia di Francesco Saponaro. La divertente e dissacrante “black comedy” di Joe Orton - che racconta di un furto in una banca e del tentativo di nascondere il denaro che s’intreccia con i preparativi per un funerale - sarà in scena domani alle 21 al Comunale di Sassari e da mercoledì fino a domenica al Massimo di Cagliari sotto le insegne del Cedac.

Imparato, “Il malloppo” è un classico black comedy. Cosa l’ha colpita di questo testo?

«L’umorismo irriverente di Oston. Ed è un umorismo irriverente rispetto alla borghesia, all’ipocrisia della chiesa. C’è qualcosa che magari può sfuggire al pubblico italiano ma non a quello anglosassone, come le battute su cattolici e protestanti, ma per il resto sono argomenti in cui tutti ci possiamo rispecchiare. C’è un ritmo incalzante, ogni battuta ha un suo senso e scaturisce sempre da un paradosso».

La commedia è stata portata in scena da tanti attori, da Mario Scaccia ad Alec Baldwin. Ha rivisto qualcuna delle precedenti messe in scena prima di calarsi nei panni di Truscott?

«Non mi è mai capitato, ma non sarei mai andato a cercarle prima di farlo io. Ora che lo porto in giro da anni avrei invece la curiosità di vedere una delle edizioni passate. Ma prima io non li guardo mai, preferisco non essere influenzato da modelli già percorsi».

“Il malloppo” è una commedia degli anni ‘60 ma non appare datata. Qual è il segreto di certi testi evergreen?

«Durano nel tempo perché affondano le unghie nella società ed è la società che perpetrando i suoi vizi dà lunga vita alla commedia. Così come i grandi classici scandagliano i sentimenti dell’animo umano. Passano i secoli, ma i sentimenti sempre quelli restano».

Nel 2026 sono 50 anni di teatro: il palcoscenico era il suo destino?

«Ci sono arrivato con una forza oscura che mi ha trascinato. Studiavo Legge, facevo già pratica in uno studio legale. A un certo punto ebbi non so se un intuito - o forse sono stato colpito da questa che io chiamo maledizione - e pensai che il teatro potesse essere salvifico. Mi presentai a un provino per “Assunta Spina” di Salvatore Di Giacomo e fui preso per una particina. Da lì non mi sono più fermato».

All’inizio gira pochi film, ma sono tutti diretti da big: Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Mario Monicelli, Ettore Scola. Un caso o una scelta?

«Allora ero giovanissimo, mica potevo scegliere io. Mi sceglievano loro e io ero ben felice di farlo. È stata una grande gioia poter lavorare con quei maestri. E poi ho proseguito con nuovi autori, nuovi registi».

Il 2008 è l’anno di Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, “Gomorra” e “Il divo”. Cosa accomuna i due più grandi registi di questa epoca?

«Hanno due stili assolutamente diversi. Non ci può essere nulla che li accomuni se non la grande passione per il cinema e il fatto che sono tutte e due di grandissimo livello».

Con Mario Martone ha fatto “Qui rido io”. Racconta l’epopea di Eduardo Scarpetta. Cosa differenzia un attore napoletano dagli altri?

«Non so se abbia una marcia in più, ma sicuramente c’è qualcosa di teatrale insito nell’animo napoletano. Nel bene e nel male. A Napoli pure la delinquenza è più teatrale. C’era un autore che diceva: se le pistole non facessero rumore a Napoli non si sparerebbe. C’è una teatralità anche in quello. La camorra si mette sempre in mostra, anche nelle sue manifestazioni più pacchiane, addirittura volgari. La delinquenza calabrese agisce invece quasi sott’acqua, senza mostrarsi. Lo so, sembra una cosa paradossale ma persino quel settore lì è contaminato dalla voglia di apparire».

Cosa c’è nel suo 2024?

«L’estate scorsa ho girato il film dei Manetti Bros, registi sublimi. E la seconda stagione di “Bad Guy”, ancora una coppia di registi geniale e innovativa, Stasi e Fontana. Il livello è alto, più vicino al cinema che alla tv».

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