Goran Bregovic: «La musica non ferma le guerre ma può essere il motore del cambiamento»
Il musicista e compositore bosniaco in tour in Sardegna con The Wedding and Funeral Band
Ieri a Neoneli per Dromos, oggi a Sant’Antioco per FestArtes, Sulky jazz e narrazioni. Doppia tappa sarda per Goran Bregovic, il più influente compositore e musicista emerso dalla scena balcanica, sul palco sempre insieme al suo gruppo, The Wedding & Funeral Band. Un appuntamento tra i più attesi della stagione.
Bregovic, partiamo da questo tour: cosa deve aspettarsi il suo pubblico?
«Questo è il tour estivo ed è giusto che la scaletta che sarà preparata per questo periodo sia all’insegna del divertimento: il pubblico vuole quello e, attenzione, anche io ed i miei musicisti vogliamo quello. Sarà una scaletta che viaggerà tra vecchi e nuovi pezzi della mia produzione musicale, in un continuo, costante, dialogo con il pubblico che diventerà attore principale, anche se sul palco ci saremo noi. Sono storicamente molto legato alla Sardegna, all’Italia, anche dopo tutti questi anni di passaggi per concerti è sempre come quel primo viaggio dalla mia terra ai colori di Napoli, ho sempre in mente quell’immagine. Saranno dei momenti in cui tutti diventeremo un po’ pazzi, presi dalla trance del ballo legato alla musica, sarà una trance collettiva, perché chi non diventa un po’ pazzo non è normale.
In Sardegna è già stato altre volte: che ricordi ha di quelle esperienze?
«Io vengo da una cultura invisibile e immaginare che un giorno avrei avuto un seguito e la possibilità di esibirmi e confrontarmi con altre culture, importanti, come quella della vostra isola, era per me inimmaginabile. Il mio ricordo è bellissimo e credo che continueremo a scrivere dei ricordi indelebili anche ora. Sono stato con voi in preparazione del film ed ho avuto modo di conoscere meglio il vostro bellissimo canto (a tenore), un patrimonio culturale immenso che avete saggiamente preservato e vi accomuna a tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo, ognuna con delle variabili che lo rendono preziosissimo culturalmente».
Il suo nome è legato anche al cinema: pensiamo ai film di Emir Kusturica o La Regina Margot. Ha qualche nuovo progetto per il grande schermo?
«Durante il Covid ho “firmato” due film, sono un po’ entrato in panico che non avevo poi molto da fare e avevo paura che questa situazione durasse troppo. Ho firmato due film che dovrebbero essere ultimati in autunno, uno americano e uno serbo. Sono dei progetti lontani dal mainstream cinematografico ma a cui tengo in particolare modo».
Trent’anni fa la sua città, Sarajevo, fu teatro di una sanguinosissima guerra. Cosa prova nel vedere il mondo alle prese con altre guerre cruente, per di più molto vicine a noi?
«Purtroppo l’essenza della guerra, passa il tempo, ma non cambia! La guerra in primis fa soffrire tutti coloro che non meriterebbero di soffrire, allora come oggi, questa è una tristissima realtà e questo è l’unico vero dato che si dovrebbe davvero tenere in strettissima considerazione».
Che ruolo può avere la musica di fronte a queste guerre?
«La musica non può fermare le armi. La musica però è l’unico linguaggio universale, l’unico linguaggio che unisce i popoli. Mi piace pensare, e ne sono fermamente convinto quindi, che la musica possa davvero creare connessioni tra le persone, e sia conseguentemente un motore del cambiamento, come spesso, nella storia, è avvenuto».