Paolo Angeli: «“Lema” è il mio album autobiografico»
L’artista di Palau ha pubblicato un disco che si fonda su tre temi: «Vita, morte e rinascita»
Questa volta il Mediterraneo di Paolo Angeli non guarda la profondità del mare ma le striature della pietra. «Sentivo che questo album dovesse sapere più di terra che di mare – ne parla così lui – e in effetti entrambe le foto di copertina (scattate da Nanni Angeli ed Emanuela Porceddu, ndr) sono rocce sull’acqua, il granito di Palau e la roccia lavica di San Pietro, ma la visuale è girata. Non si vede il mare». Sembra niente, invece è racchiuso qui tutto il mutamento, l'ennesimo, «in maniera lenta», della musica del musicista e artista palaese.
Il suo disco "Lema" (AnMa productions) è uscito da qualche giorno. Otto tracce, come da consuetudine «pensate come un'unica suite». Il polistrumentista sardo, che vive a Valencia ed è reduce da un tour americano, questa volta alle ricerche sonore dal flamenco all'avanguardia ha aggiunto uno sguardo su se stesso. «È un album autobiografico», conferma. “Lema” nasce dal dolore per la scomparsa della madre. La genesi di questo progetto è stata intensa e rapida, Angeli ha passato le giornate da ottobre a gennaio a comporre, e in un giorno ha registrato, senza sovraincisioni, tutti i brani. «L’album segue un suo sviluppo sui temi di vita, morte e rinascita. In questa terra di transizione tra la cultura dei vivi e il culto di chi non c'è più. Il mondo occidentale ha sempre vissuto in modo traumatico questo passaggio, ma per tante culture millenarie è una trasformazione». Le parole cantate in mezzo alle note della sua chitarra sarda preparata sono estrapolate da poesie galluresi di secoli fa e del secolo scorso, e non solo.
E lo strumento, dopo trent'anni di carriera, è rinnovato. Corde in più, martelletti nuovi, aggiunte che amplificano e aumentano la potenzialità di una chitarra-orchestra. L’osservazione del mondo arabo qui è più profonda rispetto al passato, sono presenti elementi di musica che guarda a oriente praticamente in tutti i brani. Anche in “Ramadura”, che richiama il rito di Sant’Efisio. «Ma io credo – riflette Angeli – che il canto e le melodie siano sempre le stesse, da un luogo all’altro del Mediterraneo cambiano solo gli strumenti per accompagnare».