Alessandro Benvenuti: «Il cinema italiano vive bene anche senza di me. Preferisco cercare nuovi linguaggi per il teatro»
L'attore e regista toscano a Sinnai con "Certi di esistere": «I Giancattivi non sono il mio passato ma la mia storia»
Il suo nome è legato alla tv di una volta, quella fatta di contenuti e professionalità con i Giancattivi, ma anche a pagine importanti della commedia italiana spalmate tra cinema e teatro. In questi anni Alessandro Benvenuti si è tenuto lontano dalla macchina da presa, ma non sta affatto fermo e continua a scrivere. Ora arriva in Sardegna con il suo spettacolo, “Certi di esistere”, da lui scritto e diretto, che sabato e domenica terrà a battesimo la stagione Emisfero Destro al Teatro Civico di Sinnai. “Certi di esistere” è la storia di cinque attori salvati e vissuti da sempre all’ombra di un autore padre padrone che gli ha dato la linfa affinché i destini nati sotto cattive stelle di ognuno di loro si ammantassero delle vesti dorate del successo, grazie al suo protettivo talento. Imprevedibilmente, tutto questo sembra non avere più senso. Sul palco Mario Focardi, Maddalena Rizzi, Maria Cristina Fioretti, Matteo Micheli, Bruno Governale e Roberto Zorzut.
Benvenuti, in questo spettacolo c’è qualcosa della sua vita?
«Sì, certo. È un omaggio a quella che è stata la mia famiglia teatrale, ovvero l’Arca Azzurra Teatro che ha chiuso i battenti quest’anno. Lo spettacolo non è stato fatto da loro, ma è un omaggio alla loro fatica, alla loro tenacia, alla loro passione, alla loro storia. Un omaggio a compagni di vita che viene messo in scena dalla compagnia di attori di Tor Bella Monaca, di cui sono direttore artistico da 13 anni. A ispirarmi è stato il direttore organizzativo Filippo D’Alessio, ho preso in prestito i suoi attori. Insomma, è nato per rendere omaggio a una mia famiglia e messo in scena dall’altra».
I personaggi si trovano a fare un bilancio della propria carriera: a lei capita mai?
«E come fai a non farlo? Chi fa il nostro mestiere vive passato, presente e futuro. Il nostro è un viaggio temporale. È ovvio che tutto quello che è vissuto e quello che è sogno coincidono con quello che è presente. Vivo questo tempo allargato come se fossi sospeso su una nuvola e osservo il mondo».
Cosa prova quando ripensa all’epoca dei Giancattivi con Francesco Nuti e Athina Cenci?
«Ho imparato tutto dai Giancattivi, sono stati la mia scuola. Io sono un autodidatta e ho avuto la grandissima fortuna di iniziare subito a lavorare. Come diceva Eduardo “ogni sera è un diverso esame da superare”. Ed era davvero così, imparavano da sera a sera. E avevamo la fortuna di avere una grande musa, Athina Cenci. I Giancattivi non sono il mio passato, ma sono stati la mia scuola».
Avete fatto la storia della comicità. Oggi chi la fa ridere?
«Ogni epoca ha la sua comicità. Oggi ci sono un sacco di bravi professionisti. I mezzi sono diversi, i linguaggi si aggiornano. E come sempre c’è chi è banale e chi è geniale. Se vai su Youtube trovi roba eccezionale ma anche roba totalmente inutile. Ogni epoca ha i suoi geniacci».
Chi sono i geniacci di oggi?
«Vorrei non citare nessuno... dico sicuramente Antonio Rezza. Oppure quello che le interviste mute a Propaganda (Alessio Marzilli, ndr) o Fabio Celenza. Sono dei veri geni».
Si sente uno dei capostipiti della comicità toscana?
«Prima di noi c’era un grande come Paolo Poli, ma in qualche modo con Benigni siamo stati un po’ i capostipiti di quella ondata. Con le dovute differenze tra noi e Roberto abbiamo aperto la strada al filone toscano. I Giancattivi sono rimasti in quella terra di nessuno che è l’umorismo surreale. Abbiamo fatto cose che oggi non sarebbero possibili. Penso al mio “Ad Ovest di Paperino”, dove Athina prende a cazzotti un neonato. E comunque facendo cinema ho tenuto a battesimo anche parecchi nipotini. Non è che tutti mi facciano impazzire, ma provo grande affetto per tutti».
Tempo fa ha detto che non fa più film perché non ha più niente da dire, lo pensa ancora?
«Assolutamente sì. Dico tante cose in teatro che non ho bisogno di dirlo al cinema. Il cinema italiano vive benissimo senza di me. Se avessi un capolavoro tra le mani cercherei di farlo, ma oggi preferisco concentrarmi su nuovi linguaggi comici che il teatro consente e il cinema no. Questo mi tiene vivo, scrivere queste cose mi eccita».
Ha lavorato con artisti più diversi tra loro, da Carlo Verdone alle Kessler, da Antonio Ricci a Eva Robin’s. C’è qualcuno con cui avrebbe voluto lavorare ma non è andata in porto?
«No, ho sempre fatto quello di cui avevo bisogno, e ho lavorato con le persone con cui volevo lavorare. Magari ho avuto qualche delusione, ma non ho rimpianti di quella natura».
