Filippo Graziani in concerto in Sardegna: «C’è un filo invisibile che mi riporta sempre nell’isola»
Stasera al Teatro Massimo di Cagliari il concerto “Ottanta. Buon compleanno Ivan” celebra l’eredità artistica del papà
Quando Filippo Graziani sale sul palco e imbraccia la chitarra, non lo fa mai da solo. Con lui ci sono i suoni che hanno riempito la casa in cui è cresciuto, le voci dei musicisti che passavano a trovare suo padre Ivan, le risate e gli accordi che da bambino imparava a riconoscere.
Dopo più di dieci anni di tour e concerti dedicati alla musica del padre, Filippo continua a trasformare quel legame in uno spettacolo vivo, che cresce e cambia con lui. Stasera alle 21 Teatro Massimo di Cagliari presenta “Ottanta. Buon Compleanno Ivan”, un concerto che celebra gli ottant’anni dalla nascita del cantautore abruzzese, con un repertorio che attraversa l’intera discografia e si arricchisce di nuove suggestioni visive e sonore.
Filippo, cosa significa per lei portare avanti l’eredità musicale di suo padre Ivan?
«È un piacere personale prima di tutto, perché vivo il repertorio di papà in maniera molto serena. È un’eredità importante, certo, ma anche un privilegio: mi piace farlo perché ha scritto delle cose incredibili. È tra l’altro un periodo in cui la musica di mio padre sta rivivendo una seconda giovinezza, viene scoperto anche dai più ragazzi».
Nel tour “Ottanta. Buon compleanno Ivan” propone anche brani meno conosciuti. Come sceglie quali canzoni inserire in scaletta?
«È stato un lavoro impegnativo. La scaletta la costruisco sempre in base al tipo di spettacolo che ho in mente — un concerto estivo, all’aperto, ha un ritmo diverso rispetto a uno teatrale. Quest’anno ho voluto includere pezzi particolari, pescando da tutti i dischi di papà. Dipende molto anche dall’incipit, dal messaggio che voglio dare quella sera: ogni concerto ha una sua identità».
Parliamo della collaborazione con Marco Lodola: come è nata l’idea di integrare un’installazione artistica nello spettacolo?
«Con Marco c’è un sodalizio che dura da tempo, da prima ancora di questa tournée. È stato lui a realizzare la statua di papà che oggi si trova in centro a Teramo. Da lì è nata un’amicizia e un rispetto reciproco».
Ci sono stati momenti particolarmente difficili nel reinterpretare il repertorio di suo padre?
«Sì, perché ogni canzone nasconde una difficoltà diversa. Il repertorio di papà è pieno di sfumature: è impegnativo sia da cantare che da suonare. Ma sono anche le stesse difficoltà che mi stimolano, che mi fanno crescere come musicista. Ogni brano è una scoperta nuova e suonandolo e risuondandolo scopro ogni volta nuove sfumature».
Qual è il primo ricordo legato alla musica?
«Faccio un po’ fatica perché la musica mi accompagna e mi compone da sempre. Sono nato circondato da suoni, dai musicisti che passavano a casa. La musica per me è sempre stata una compagna che sentivo fuori ma che avevo anche dentro. Farei meno fatica a pensare ad un ricordo non legato alla musica».
Guardando al futuro, pensa di continuare a concentrarsi sul repertorio di suo padre o ha progetti di musica originale?
«Dopo il tour, la prima cosa che vorrei fare è dormire (ride ndr). Scherzi a parte, mi prenderò un momento di pausa per stare con la famiglia e lavorare su alcune cose nuove. Sto scrivendo musica mia, ma sarà un percorso che andrà a braccetto con quello di papà: due strade parallele che si toccano spesso».
Qual è la canzone di suo padre a cui è più legato?
«Non so rispondere sinceramente, perché cambia in base ai momenti della mia vita. Cambiano i gusti a seconda di cosa ti succede nella vita. Se vai a vedere il mio Spotify ti viene il mal di testa. Cambio ascolti anche in base alla stagione. Poi ci sono gruppi come i Beatles che rimangono la mia spina dorsale artistica ma ho un modo di ascoltare la musica che è abbastanza particolare: se mi piace una canzone la ascolto fino alla nausea».
Il rapporto di suo padre con Alghero era speciale. Il suo?
«Il mio rapporto con la Sardegna deriva dal rapporto che ha avuto papà. Ho ricordi meravigliosi legati a lui, alle estati da bambino, ai parenti che ancora vivono lì. Anche se oggi frequento meno Alghero, torno sempre almeno due volte l’anno, c’è sempre qualcosa che mi porta qui. È un’isola che porto dentro, e qui ho le mie radici. Il mio metro di giudizio del mare parte proprio da Alghero».
